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 2015  marzo 30 Lunedì calendario

Il trionfo dell’Ump di Sarkozy e la disfatta del partito socialista. Hollande ha perso il dipartimento di Corrèze, quello che simboleggiava il feudo della «Francia profonda». Intanto Marine Le Pen non sfonda ma avanza. Il premier Valls: «Il risultato comunque troppo elevato del Front National rappresenta uno sconvolgimento durevole del nostro paesaggio politico»

Il risultato della sinistra al governo stavolta non è affatto «onorevole» (definizione del premier Valls una settimana fa, per il primo turno). È piuttosto una disfatta, perché il partito socialista perde più o meno la metà dei dipartimenti che aveva a favore dell’opposizione di destra (Ump) e centro (Udi), che alleata – e sotto la guida di un rivitalizzato Nicolas Sarkozy – consolida il suo trionfo. Due terzi dei dipartimenti vanno al centrodestra. 
«Mai la nostra famiglia politica ne aveva conquistato tanti», ha ricordato Sarkozy nella sede dell’Ump, continuamente interrotto dagli applausi dei militanti in festa (le prime stime indicano tra 66 e 71 dipartimenti, ndr ). Il predecessore di François Hollande all’Eliseo, al quale è legato da una rivalità e un’inimicizia feroci, si è tolto la soddisfazione di interpretare il voto come «una sconfessione senza appello» del presidente. «Mai una politica aveva incarnato il fallimento fino a questo punto. La menzogna e l’impotenza sono state punite», ha aggiunto, visibilmente felice di poter affondare il colpo. 
La dimensione dell’elezione sarebbe locale ma tutti i leader ne avevano fatto da settimane un voto importante a livello nazionale, un modo per misurarsi in vista del bersaglio grosso, le Presidenziali del 2017. E quindi adesso è difficile, per la sinistra, relegare la portata del risultato semplicemente a una questione di cantoni e consiglieri provinciali. Anche perché ci sono risultati simbolicamente molto significativi: il dipartimento della Corrèze, quello che François Hollande ha scelto come suo feudo elettorale e simbolo della fantomatica «Francia profonda», passa alla destra. Uno schiaffo per un presidente che si era tenuto prudentemente lontano da questa elezione, preferendo lasciare al primo ministro Manuel Valls l’onere di esporsi. 
Il premier ha assolto al compito con coraggio, percorrendo tutta la Francia per parlare in comizi dove non ha smesso di mettere in guardia contro «la minaccia del Front National». Il suo impegno è stato in parte premiato, per il gioco del sistema elettorale il partito di Marine Le Pen probabilmente non arriverà a conquistare neanche un dipartimento. Il temuto sfondamento del Fn non c’è stato, ma i lepenisti continuano ad avanzare perché raccolgono comunque più voti che alle Europee del 2014 (e stavolta a Parigi e Lione non si votava), e cominciano a dotarsi di quella struttura territoriale credibile che finora era sempre mancata loro. 
«Il risultato comunque troppo elevato del Front National rappresenta uno sconvolgimento durevole del nostro paesaggio politico», ha riconosciuto Valls. La sinistra si ferma a 28-35 dipartimenti. «Il nostro governo raddoppierà l’energia – ha promesso il premier – avendo come priorità l’occupazione, l’occupazione, l’occupazione». Una frase che i francesi hanno già sentito molte volte da quando Valls è primo ministro: un anno domani, anniversario poco felice.