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 2015  marzo 26 Giovedì calendario

Armi, atomo e diplomazia: così Putin sfonda in Medioriente. Mosca realizzerà le centrali nucleari per la Giordania (alleato degli Usa): un affare da 10 miliardi di euro. Dopo gli accordi con Egitto e Iran

Mentre l’Isis impazza in Siria, Iraq e Libia, Vladimir Putin fa incetta di alleati in Medio Oriente. Le vicende dello Stato Islamico stanno condizionando lo scacchiere delle alleanze nel mondo arabo. È infatti dell’altro ieri la notizia della firma di un accordo da 10 miliardi di euro tra Russia e Giordania sul nucleare.
Si tratta del più grande contratto mai realizzato tra Mosca e Amman ed è stato siglato tra la compagnia di stato russa Rosatom e il Governo giordano, in vista di un potenziamento delle riserve energetiche del Paese che al momento è costretto ad importare il 96% della propria energia elettrica. Un dato destinato a ridursi sensibilmente dal 2022, grazie alla centrale nucleare che, come previsto dall’accordo coi russi, sarà realizzato nel nord del Paese e disporrà di due reattori dalla potenza di 1000 megawatt ciascuno.
La scelta del Governo di Amman è stata dettata proprio dal pericolo incipiente delle situazioni di guerra ai propri confini, sia sul versante della penisola del Sinai sia in Iraq, che rischiano di tagliare la Giordania fuori dalle più vicine fonti di approvvigionamento, come ha sottolineato durante la firma del contratto anche il responsabile della Commissione energetica giordana Khalid Toukan.
Proprio la Giordania è stato uno dei Paesi intervenuti in maniera più dura nei raid contro il califfato dell’Isis (le foto di re Abdullah in veste di pilota da caccia hanno fatto il giro del mondo), così come l’Egitto, altra «pedina» delle alleanze arabe di Mosca. Anche l’Egitto infatti è reduce dalla firma di un memorandum tra Putin e il presidente del Cairo Al Sisi per la costruzione di una grande centrale nucleare a Daaba, sulla costa mediterranea. È palese che tali accordi da parte di Putin mirino, oltre che a semplici contratti commerciali, allo stabilire relazioni diplomatiche importanti con governi un tempo solidamente vicini agli Stati Uniti. Che però, dal canto loro, stanno provando a «ricambiare il favore», facendo la corte all’Iran, storico alleato di Mosca e, più in generale a tutto il mondo islamico sciita. Per lo meno questa è l’intenzione dell’Amministrazione Obama, emersa anche da un rapporto del 17 marzo scorso redatto dall’intelligence di Washington, che ha ritenuto di depennare il gruppo paramilitare libanese Hezbollah e l’Iran dalla lista delle potenziali minacce terroristiche.
Secondo i principali analisti, tale mossa non rappresenta che una via preliminare a un accordo tra la Casa Bianca e Teheran sul nucleare iraniano. Una questione quanto mai spinosa nel merito dei rapporti di forza in Medioriente tra Washington e Mosca. L’Iran ed Hezbollah sono infatti, come la Siria dell’altro sciita Bashar Al Assad, tutte entità vicine alla Russia e che gli Stati Uniti vorrebbero invece più neutrali.
Ma la mossa di Obama appare rischiosa poiché, a fronte di un risultato incerto (l’Iran ha una storia di accordi di cooperazione militare con Mosca che datano al 1990, l’ultimo dei quali, anche di una certa entità, è stato firmato a gennaio di quest’anno) sta portando a un raffreddamento sempre più evidente delle relazioni con alleati storici come Israele, dove la recente conferma elettorale di Benjamin Nethanyahu ha spento le speranze dei democratici americani, preoccupati dalla linea aggressiva del premier israeliano nei confronti di Palestina e Iran, e il mondo arabo sunnita. L’Arabia Saudita ha infatti espresso a più riprese la propria contrarietà a un accordo sul nucleare iraniano, preoccupazione condivisa da altri Paesi del Golfo. «Molti di questi Paesi», ha recentemente dichiarato al Wall Street Journal il commentatore politico degli Emirati Mishaal al-Gergawi, «si sentono come travolti da un bus.
Gli Stati del Golfo pensavano di essere in una relazione monogama con l’Occidente, mentre ora si stanno rendendo conto che per gli Stati Uniti si è trattava semplicemente di una relazione “aperta”». In questo scenario si inserisce anche il fronte dello Yemen, con gli sciiti filo iraniani arrivati nelle ultime ore a bombardare il palazzo presidenziale di Aden. Quella del mondo arabo è insomma una partita a scacchi che al momento, tra i due litiganti Putin e Obama, vede lo «zar» in vantaggio.