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 2015  marzo 06 Venerdì calendario

La sinfonia degli abiti. Dall’Otello disegnato da Giorgio De Chirico al Lohengrin nato dal pennello di Cambellotti, fino alla Tosca di Hohenstein tornata in scena in questi giorni al Costanzi: sono sessantamila i costumi conservati dal Teatro dell’Opera. Protagonisti insieme, con le scenografie di Savinio e Guttuso, di un progetto sulla memoria storica del lirico romano

L’Aladino disegnato da Guttuso, in tunica verde e anelli d’acciaio, si è sistemato accanto al coloratissimo Don Chisciotte nato dai pennelli di Ugo Nespolo. Dalla loro postazione in prima fila fanno a gara con il Don Carlos di Visconti, impellicciato fino ai piedi, e l’Otello di De Chirico, rosso sangue. Un po’ in disparte, in beige desertico, lo sterminato coro di Moïse et Pharaon: marcia sul regale Lohengrin di Cambellotti che con paillettes in metallo dorato troneggia su un manichino tutto suo. In stampella ci sono i protagonisti del Ballo in maschera, di Cenerentola e del Pipistrello, insieme con tutù, gorgiere, parrucche, baffi. Stirati e impomatati quasi dovessero tornare in scena da un momento all’altro, come è successo a Tosca che, nonostante i suoi cento e passa anni, canta in questi giorni sul palco del Costanzi, tutta pizzi, nastri e fiorellini: così la vide Puccini al suo debutto e così la volle Adolf Hohenstein che la disegnò dalla testa ai piedi.
SPETTACOLO DAL VIVO
Elegantissima, un po’ stile impero, un po’ vezzi dell’epoca, diventa portavoce, senza giochi di parole, di un’operazione sul recupero del patrimonio dei laboratori del teatro dell’Opera che porterà alla luce della ribalta molti dei sessantamila abiti e delle migliaia di scenografie d’autore ancora conservate. «Questi spettacoli entreranno a far parte del repertorio e verranno riproposti negli anni futuri, affinché la storia di questo stabile dialoghi costantemente con il presente – spiega il sovrintendente Carlo Fuortes – L’opera lirica continua ad affascinare spettatori di ogni età giovani compresi proprio perché mette in corto circuito la tradizione secolare con le suggestioni culturali e di costume del contemporaneo. In uno spettacolo dal vivo, ogni sera diverso. Un progetto work in progress che vede coinvolti non soltanto gli artisti, ma anche i laboratori che stagione dopo stagione recuperano e arricchiscono i nostri preziosi archivi».
Il patrimonio è infatti costantemente in aumento, grazie alla squadra di falegnami, disegnatori, stilisti, sarte, magazzinieri, coloristi che produce, trasformando e reinterpretando, gonne, corpetti, mantelle e giacconi, fondali e mobili, lampadari e tappeti di tutti gli spettacoli in cartellone. Per il ritorno di Tosca sono stati ridisegnate tutte le scene, lavorando sui bozzetti conservati da Ricordi: tele di 20 metri per dodici stese lungo il pavimento del Salone di pittura, progettato da Busiri Vici. In via dei Cerchi nel cuore di una Roma da cartolina, il palazzo-laboratorio non custodisce soltanto scaffali e memorie, ma la tecnologia che rende possibile operazioni simili, dalla coloreria che produce tinte in mille sfumature da far invidia al photoshop, fino a particolari chiodi (le brocchette) per tendoni e fondali che se la battono con qualsiasi effetto digitale.
L’ILLUSIONE
«Dobbiamo difendere il nostro tesoro – spiega Maurizio Varamo, responsabile del reparto scenografico – l’illusione e la poesia della pittura di scena all’italiana che nasce proprio dal teatro all’italiana, esportato e riprodotto in tutto il mondo. Qui da noi Savinio, Turcato, Guttuso, De Chirico hanno creato spettacoli immortali». Che torneranno in palcoscenico.
I VEZZI
«Lavorare con l’antico – spiega la responsabile del reparto costumi Anna Biagiotti – è molto più complicato. Anche perché va interpretato il bozzetto, tenendo conto della moda dell’epoca in cui è nasce il progetto. Basti pensare ai film sull’antica Roma: le dive indossavano reggiseni a punta, un cult negli anni Sessanta, sotto il peplo! Hohenstein, per esempio, aveva pensato Tosca con un abito stile impero, vita alta, scivolata. Ma la cantante Hariclea Darclée che ci teneva a essere à la page pretese un bustino stretto e una linea più a clessidra che metteva in risalto le sue forme. Era la prima Tosca della storia, doveva sedurre il mondo».