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 2015  marzo 06 Venerdì calendario

Laura Boldrini non può dettar legge sulla Rai, dice Renzi: «È uscita dal suo perimetro istituzionale». E ora che il premier ha rinunciato al decreto cominciano a sbocciare le proposte di legge: niente più pratiche burocratiche chilometriche e reti con un’identità

Che quell’uscita della Boldrini sull’inopportunità di procedere per decreto sulla Rai non fosse piaciuta al premier non v’erano dubbi, specie quella chiosa sulla mancanza dei requisiti di urgenza che dovrebbe avere un provvedimento del genere. Renzi aveva già espresso il suo pensiero in proposito, ma l’affondo consegnato all’Espresso in edicola oggi sulla Boldrini «uscita dal suo perimetro istituzionale», contrappuntato dalla constatazione che lei e Landini si comportano già come due nuovi leader della sinistra, è un modo di inquadrare quello stop in un preciso disegno politico. 
Fare le cose di sinistra
Posto che il premier non ha paura dell’antico motto di non farsi mai nemici a sinistra, son proprio «cose di sinistra» che annuncia, tanto per sfidare i contendenti sullo stesso terreno: una «determinazione sulle unioni civili pari a quella sulla legge elettorale», una «riforma del Pd per ritornare a un partito in cui essere iscritti, avere la tessera in tasca, significhi contare nelle scelte. Serve una strada nuova rispetto al vecchio modello di partito ormai superato, ma anche rispetto al partito all’americana che era il mio sogno iniziale». Insomma un’ammissione di essersi sbagliato che piacerà assai a Bersani e compagni. 
Si svegliano i partiti
Sulla Rai, ora che il premier assicura che «non ci sarà un decreto», si svegliano i partiti, dopo mesi di silenzio cominciano a sbocciare le proposte di legge. «Faremo un provvedimento per consentire al capo dell’azienda di non dover più sottostare a procedure burocratiche chilometriche. E mi piacerebbe che ogni rete avesse la sua identità», dice Renzi: «Rai uno generalista, su Raidue l’innovazione, su Raitre la cultura».
Il Pd per la prima volta si riunisce e trainato dal renziano Michele Anzaldi, lo stato maggiore della Vigilanza e delle commissioni Trasporti e Tlc di Camera e Senato si chiude in una stanza al Nazareno e fissa le prossime mosse: trattare con tutti ma a partire da quelli che hanno già sfornato nero su bianco le loro proposte, guarda caso i Cinque Stelle e i vendoliani di Sel. Con i grillini il primo round del dialogo benedetto dai leader ci sarà martedì: il capogruppo in Vigilanza, Vinicio Peluffo vedrà il pentastellato Fico per provare a stendere una proposta di legge condivisa. Primi annusamenti sul terreno comune di una Rai libera dai partiti, anche se fissato il principio le tesi poi vanno fatte coincidere. La Rai deve essere una spa, una fondazione o che altro? Insomma, l’obiettivo del premier è di avere una nuova legge sulla governance entro luglio in tempo per cambiare i consiglieri senza ricorrere più alla legge Gasparri: ecco perché ormai tutti si sono messi in moto, perfino i centristi di Per l’Italia oggi sforneranno una loro proposta. 
Iter veloce solo con l’intesa
Tradotto, nessuno vuole restare fuori dalla partita e anche gli azzurri cominciano ad allarmarsi che la macchina sia partita. Ma il premier ci va con i piedi di piombo e non intende stringere un accordo solo con una parte per scoprirsi il fianco su altri terreni parlamentari. Quindi, l’iter prevede che dopo la consultazione con i grillini il Pd presenterà una sua proposta di legge ufficiale nelle commissioni Tlc di Camera e Senato. E poi verificherà se sia possibile procedere spediti con un’intesa, evitando al premier la tentazione del decreto che non sarebbe ben visto neanche al Colle. «Se si va in aula con un accordo politico forte, si potrà verificare la disponibilità dei partiti a fare sul serio», fa notare il “mattarelliano” doc Francesco Garofani, influente membro della Vigilanza.