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 2015  marzo 06 Venerdì calendario

Il sindaco di Milano Giuliano Pisapia sembra aver deciso di non ricandidarsi per la poltrona di primo cittadino nel 2016. Sempre più svariati i motivi. L’ultimo in ordine di tempo: l’enorme fatica di reggere una città metropolitana che già in avvio è pronta a inabissarsi a causa dei buchi di bilancio

«Ho le idee molto chiare sul mio futuro, ma lo dirò al momento opportuno». È la litania che il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, va ripetendo da settimane a chiunque gli domandi se si ricandiderà o meno alla poltrona di primo cittadino nel 2016. Non proprio a chiunque. Perché in un paio di occasioni il penalista vicino a Sel si è lasciato sfuggire quali sarebbero le sue vere intenzioni. La prima volta a Roma, durante un colloquio avvenuto circa due mesi fa con il vicesegretario del Pd e plenipotenziario lombardo, Lorenzo Guerini. La dichiarazione sarebbe stata secca: «Non mi ricandido». La stessa frase l’avrebbe ripetuta in tempi più vicini a un altro paio di interlocutori di peso.
Sono sempre più insistenti le voci che danno per scontato il passo indietro di Pisapia. E sempre più svariati i motivi che lo determinerebbero. L’ultimo in ordine di tempo: l’enorme fatica di reggere una città metropolitana che già in avvio è pronta a inabissarsi a causa dei buchi di bilancio. Ma su un punto Pisapia è fermo come un macigno: non devono essere i partiti o i giornali a determinare modi e tempi del suo annuncio. Qualunque esso sia. Il sindaco ha mantenuto fede all’impegno: se prima di Natale aveva detto ai suoi assessori che non li avrebbe tenuti a lungo sulle spine, quando i suoi «dubbi» hanno fatto capolino tra le pagine dei giornali e nelle discussioni all’interno del Pd, Pisapia ha rilanciato la palla nell’altra metà campo, ha posticipato l’annuncio alla vigilia di Expo e ha rimesso in discussione anche la decisione iniziale di non ricandidarsi.
I segnali sembrano però convergere tutti su un punto. Pisapia nel 2016 non ci sarà. Come leggere altrimenti, quello che lo stesso sindaco ha detto ai microfoni di Radio 24 tracciando i confini entro cui dovrà essere individuato un nuovo candidato? Due paletti: primarie e stesso perimetro dell’alleanza (senza però Rifondazione). Insomma, il modello arancione che ha portato Pisapia alla vittoria del 2011. Aggiungendo non senza una punta di malignità: «Qualora non mi candidassi, mi batterei affinché si facciano le primarie. E alle primarie non sempre il Pd vince». Parole che non hanno fatto felice il partito di Renzi che alle ultime europee a Milano ha raggiunto il 45% e non sembra disposto a investire su un papa straniero. Tanto che la macchina elettorale del partito di maggioranza relativo si è già messa in moto anche se non c’è l’ufficialità del passo indietro. Sta scaldando i motori una conoscenza della politica di Palazzo Marino, Emanuele Fiano, già capogruppo dei Ds in Comune e attualmente parlamentare. Fiano, membro della segreteria nazionale del Pd, responsabile delle Riforme e della sicurezza, relatore della riforma costituzionale, è una figura molto apprezzata dal premier Renzi e soprattutto non troppo schiacciato su una delle tante correnti che caratterizzano i democratici. Ma dentro il Pd, se arriverà il liberi tutti di Pisapia, scatenerà sicuramente la corsa alle primarie. Ecco che allora ai blocchi di partenza ci potrebbe essere anche un assessore dell’attuale giunta: Pierfrancesco Majorino, titolare del Welfare, uomo della sinistra Pd che avrebbe le caratteristiche per tenere insieme l’alleanza con Sel, auspicata da Pisapia. Se dovesse arrivare la benedizione del sindaco, Majorino potrebbe giocare la sua partita. Ma il «delfino» potrebbe uscire invece da Sel o da quel variegato civismo che ha caratterizzato la vittoria arancione. E qui si fanno due nomi. Uno è quello di Umberto Ambrosoli, figlio di Giorgio, l’eroe borghese assassinato l’11 luglio 1979 da un killer pagato dal bancarottiere Michele Sindona. Ambrosoli, fortemente corteggiato da Pisapia perché si candidasse alle Regionali della Lombardia, è uscito sconfitto dalla sfida con Maroni, ma ha portato a casa la vittoria a Milano. La formula sarebbe quella già conosciuta della lista civica. A giocare la stessa partita ci potrebbe essere però anche l’attuale assessore al Lavoro, Cristina Tajani, pupilla del sindaco e targata Sel. Ma di sicuro, questa volta, il Pd vorrà giocare la partita fino in fondo.