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 2015  marzo 06 Venerdì calendario

I tre decenni di crescita a doppia cifra per la Cina sono un ricordo. Ora l’obiettivo di Pechino per il 2015 non è superiore al 7%. Il premier rassicura che il governo sta gestendo il rallentamento per creare una «società moderatamente prospera»

I tre decenni di crescita a doppia cifra per la Cina sono un ricordo. Il picco del 14,2% nel 2007 fa parte della storia dell’economia, il presente, la «nuova normalità» come la chiama il governo di Pechino, non permette un obiettivo superiore al 7% per il 2015. Il premier Li Keqiang, dopo che nel 2014 la previsione di crescita al 7,5% non era stata raggiunta (anche se sfiorata con il 7,4 per cento) ieri ha annunciato che lo sforzo quest’anno è di attestarsi «intorno al 7%» di espansione. Nel discorso di 38 pagine letto ieri ai 2.964 deputati del Congresso nazionale del popolo (ne mancavano 39 arrestati per corruzione), il premier ha sostenuto che il governo gestisce il rallentamento per creare una «società moderatamente prospera». Dietro gli slogan, Li Keqiang ha ammesso che ci sono problemi sistemici, strutturali, istituzionali e li ha paragonati a «tigri nelle nostre strade, capaci di sbarrare la strada allo sviluppo». Per questo servono le riforme. La crescita accelerata spinta da investimenti, debito, industria pesante ed esportazioni non regge più. La Cina cerca di creare un vero mercato interno di consumatori e di sostituire le catene di montaggio a basso costo con società di servizi. Abbassare l’obiettivo della crescita in questo senso è confortante, perché significa che la Cina non vuole ricorrere a un nuovo pacchetto di stimolo per gonfiare il Pil: il deficit di bilancio è fissato al 2,3%.
Governare il rallentamento della seconda economia del mondo, in un Paese autoritario come la Cina, presenta rischi ulteriori. Il partito comunista ha stretto una sorta di patto non scritto con i cinesi: aumento del benessere, lavoro per tutti i cittadini in cambio di un potere senza controllo per il gruppo dirigente. Un punto in meno di Pil può costare un milione di posti di lavoro in Cina. Li Keqiang ha promesso che la nuova normalità del 7% consentirà di creare anche quest’anno 10 milioni di posti nelle città, tenendo la disoccupazione al 4,5% e garantendo la stabilità.