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 2015  marzo 06 Venerdì calendario

Ecco perché se salgono i prezzi la crescita aumenta. Domande e risposte per capire meglio di cosa parliamo quando parliamo di Quantitative easing

Dicono che da lunedì prossimo la Banca centrale europea comincerà a stampare moneta in quantità enormi. È vero?
Sì. Non si tratterà di banconote tangibili, ma gli effetti di questa moneta elettronica creata dal nulla saranno gli stessi. Sarà impiegata nell’acquisto di titoli emessi dagli Stati dell’area euro: 60 miliardi in più al mese non sono pochi, considerando che tutte le banconote euro in circolazione valgono 950 miliardi.
Fino a ieri ci avevano detto che stampando troppa moneta si ottiene solo di far salire i prezzi!
È vero. La Bce agisce così proprio per far salire i prezzi. Di questi tempi i prezzi tendono a stare fermi o addirittura a diminuire. Lo scopo è che tornino ad aumentare al ritmo desiderato, che nelle regole della Bce è sotto il 2% all’anno, ma poco sotto.
Che il costo della vita scenda parrebbe una buona notizia, dato che gli stipendi restano fermi.
L’economia non marcia bene se si insedia l’aspettativa che i prezzi scendano. Le imprese non sono invogliate a lavorare perché temono di perdere vendendo ai prezzi di domani ciò che hanno prodotto ai costi di oggi. Le famiglie rinviano gli acquisti sperando di spendere meno domani. Il circolo vizioso aggrava ancora la recessione.
Ma i banchieri centrali come Draghi non hanno predicato per anni contro l’inflazione?
Quando il pericolo era che i prezzi salissero troppo in fretta non facevano altro. Le banche centrali erano state rese autonome dai governi (in Italia dal 1981) proprio perché nell’esperienza si era visto che i governi tendevano a far loro creare troppa moneta. Già duecento anni fa Goethe nel «Faust» aveva raffigurato il diavolo che suggerisce all’imperatore di stampare banconote, cosa che sul momento fa i sudditi contenti, poi però li danneggia provocando un aumento dei prezzi.
Perché le banche centrali comprano titoli di Stato?
Perché non esiste altro da comprare in quantità sufficienti. In teoria potrebbero «mettersi per strada e distribuire banconote», come ha detto una volta il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco. Più semplicemente, si potrebbe inviare un assegno a ogni famiglia: l’economia si rimetterebbe in moto subito. Ma non si può, per una quantità di motivi politici. Così le banche centrali adoperano gli strumenti che hanno a disposizione.

Ovvero danno altri soldi a chi li ha già, ai banchieri, agli investitori, ai risparmiatori che possiedono titoli di Stato da vendere.
Purtroppo sì. Ma così le banche avranno più soldi da prestare alle imprese. I tassi di interesse, già bassi, lo resteranno a lungo. E le imprese si affretteranno a chiedere soldi in prestito, perché con una prospettiva di prezzi che tornano a crescere e costo del denaro basso avranno più voglia di produrre. L’attesa di un po’ più di inflazione ha inoltre fatto scendere il cambio dell’euro: sarà più facile esportare.
Con i tassi di interesse bassi si scoraggia il risparmio?
Vero anche questo. È un problema sentito in Germania, dove le famiglie hanno soprattutto risparmi finanziari, invece della casa di proprietà come da noi. Ma nei momenti di crisi occorre appunto spingere chi ha i soldi a spenderli; ad esempio stipulando un mutuo per comprare la casa.
C’è qualcosa di assurdo in tassi di interesse sotto zero. A comprare buoni del Tesoro tedeschi si perde, invece di incassare cedole.
È l’assurdità di questa crisi: ci sono tantissimi soldi in giro per il mondo, non vengono usati per dare lavoro. Il «Quantitative easing» è un tentativo di spingerli dalla parte giusta.