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 2015  marzo 06 Venerdì calendario

Qe, da lunedì parte il piano da 60 miliardi al mese. Il solo annuncio del bazooka di Draghi da oltre 1.100 miliardi sta contribuendo a consolidare la ripresa. E il Pil europeo non crescerà dell’1% ma dell’1,5% quest’anno, continuerà ad accelerare a 1,9% nel 2016 e raggiungerà il 2,1% nel 2017

Prima di svelare che il «quantitative easing», il maxi piano di acquisti di titoli pubblici e privati da 60 miliardi di euro al mese, partirà lunedì prossimo, Mario Draghi ha esplicitato ieri quello che i mercati e gli economisti sanno da un pezzo. Il solo annuncio del bazooka della Bce da oltre 1.100 miliardi, sta già contribuendo a consolidare la ripresa. «Abbiamo già osservato un numero significativo di effetti positivi scaturiti dalle decisioni di politica monetaria», ha detto durante la conferenza stampa nel Centro congressi di Nicosia. Il recupero delle economie dell’euro, peraltro, anche in futuro «accelererà e si rafforzerà gradualmente».
Le nuove stime di crescita sono state riviste generosamente al rialzo: il Pil non crescerà dell’1% ma dell’1,5% quest’anno, continuerà ad accelerare a 1,9% nel 2016 e raggiungerà il 2,1% nel 2017. È essenziale, però, che i governi facciano la loro parte e completino le riforme strutturali, sopratutto che «non si compiacciano» del recupero in atto. Altrimenti le misure della Bce «avranno un effetto minore». Per citare l’analista di Royal Bank of Scotland, Richard Barwell: «grazie all’euro debole, ai prezzi energetici più bassi, alle condizioni del credito più convenienti, alle politiche monetarie molto accomodanti, ad un effetto piuttosto limitato degli aggiustamenti fiscali e, forse, ad una svolta nel commercio internazionale, lo scenario per un recupero della crescita è solido». Metà dei punti citati da Barwell che stanno favorendo il recupero, dipendono dalle mosse di Draghi.
L’andamento dei prezzi
Più complesso il discorso che riguarda l’inflazione. Se il debole prezzo del petrolio sta aiutando la ripresa, ha avuto invece un effetto negativo sull’inflazione. L’andamento dei prezzi al consumo non sarà dunque dello 0,7%, come previsto, ma zero, quest’anno. L’anno prossimo la situazione dovrebbe migliorare: 1,5 invece di 1,3% e nel 2017 dovrebbe raggiungere l’1,8%. Una revisione che non solo allontana lo spettro della deflazione: alcuni analisti come Barwell scommettono sul fatto che se l’andamento dei prezzi al consumo dovesse continuare a migliorare, la Bce potrebbe decidere di interrompere il quantitative easing prima di settembre del 2016. Ieri Draghi ha precisato che andrà avanti finché l’orizzonte sarà quello di un ritorno all’obiettivo del 2%: ma è un target che potrebbe essere in vista alla fine del 2017.
Il nodo della Grecia
Durante il consiglio direttivo, i banchieri centrali hanno anche affrontato il tema della Grecia. Ed è confermato che la Bce ha deciso di ridurre al minimo i canali di finanziamento ad Atene, in questi quattro mesi di limbo negoziale che dovrebbero condurre ad un nuovo piano di aiuti della vecchia trojka (Bce, Ue, Fmi). L’unica boccata di ossigeno restano i fondi emergenziali per le banche Ela, aumentati di mezzo miliardo, a 68,8 miliardi. Non senza una punta di polemica verso i loquacissimi Tsipras e Varoufakis, Draghi ha messo in guardia che anche quelli saranno garantiti solo finché le banche greche saranno solvibili. E la solvibilità è messa a dura prova da errori di comunicazione: «Mette a rischio e distrugge i collaterali», ha detto. Già ufficialmente escluso, invece, che la Grecia entri nel quantitative easing o che che le banche greche siano riammesse ai rifinanziamenti usando come collaterale i bond governativi valutati «spazzatura» dalle agenzie di rating. È un’eccezione garantita solo ai Paesi sotto programma: Atene non lo è, al momento. Ma Draghi ha ricordato che negli ultimi due mesi i prestiti della Bce ad Atene sono raddoppiati a 100 miliardi, l’equivalente del 68% del Pil: «L’ultima cosa che si possa dire è che la Bce non abbia aiutato la Grecia».
C’era attesa, infine, sul tetto dei 15 miliardi di euro per l’emissione di bond a breve: i falchi dell’Eurotower sono assolutamente contrari a concedere altri margini. E Draghi ha sostanzialmente chiuso ogni porta ad un aumento, citando il divieto per la Bce, stabilito dai Trattati, di fare finanziamento diretto dei Paesi.