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 2015  marzo 05 Giovedì calendario

I voli di stato come taxi, ma di segreto. Il regolamento imporrebbe trasparenza e l’uso per chi subisce minaccia. In realtà le informazioni filtrano a fatica. E chi controlla Renzi è lo stesso Renzi

Un dato sensibile, come se fosse nascosto da segreto di Stato. A poco sono servite le interrogazioni parlamentari, le richieste di chiarimento, gli appelli alla cosiddetta trasparenza: i taxi con le ali restano coperti da un grande segreto. E non si capisce quali siano i motivi di sicurezza, visto che per quello che riguarda alcuni ministri, successivamente, l’ufficio voli provvede a pubblicare l’elenco. Ma solo per alcuni di loro. Poco si può sapere, anche a volo avvenuto, su dove, quando e perché si sia recato il presidente del Consiglio dei ministri o quello della Repubblica. Questione di sicurezza. E di interpretazione del regolamento. Il Fatto Quotidiano, attraverso l’Icsa, fondazione guidata dall’ex capo di stato maggiore dell’Aeronautica, il generale Leonardo Tricarico, è riuscito comunque a ricostruire, dal 2010 a oggi, quante ore hanno volato gli aerei di Stato gestiti dal 31 esimo stormo. Così scopriamo che nel 2010, l’allora presidente del consiglio Silvio Berlusconi, ben aiutato da uno staff di ministri, ha volato 10.640 ore.
L’anno successivo, in piena decadenza politica e con le foto che fecero il giro d’Europa di lui che arrivava a Olbia con l’Airbus accompagnato da ragazze e cantanti di corte, scese a 8.540. Ma ormai era la fine di quello che è considerato un benefit e, come ha detto Tricarico al Fatto, poco ha a che vedere con la sicurezza. E per volare, nonostante i tagli, le leggi sugli esodati, la spending review, la sobrietà in loden, le 6.069 ore di volo le fece anche il governo guidato dal senatore a vita Mario Monti. Il presidente del Consiglio preferiva il treno, i suoi ministri no. L’unico che ne ha fatto un uso parsimonioso è stato Enrico Letta, nella sua breve parentesi (1.877 ore di volo in un anno). Poi è arrivato Matteo Renzi e le ore di volo sono tornate ai livelli dei governi Berlusconi: il 2014 si è chiuso con 6.141 ore di volo, in questo caso moltissime sue, poco lasciato ai ministri e con un 2015 che è iniziato ben oltre la media. C’è qualche viaggio a lungo raggio del ministro della Sanità Beatrice Lorenzin prima di scoprire di essere in dolce attesa di due gemelli e pochi altri. Vola soprattutto lui, l’ex sindaco di Firenze. E vola ovunque: va in vacanza, si fa accompagnare a casa a Firenze in elicottero, lo vanno a riprendere, va a sciare e, come accaduto per le elezioni europee, anche a fare comizi in giro per l’Italia. Lui non se ne cura. Dice che il protocollo di sicurezza va rispettato. E, in passato, erano avanzate proposte di riduzione della flotta, ma è rimasta una promessa: gli aerei sono tutti negli hangar. E costano milioni di euro. 53 milioni nel 2010, 42 milioni e 700 mila euro l’anno successivo, 31 milioni nel 2012, 19 milioni e 300 mila euro nel 2013 per tornare ai 40 milioni nel corso del 2014.
Anche il protocollo di sicurezza in realtà non esiste. Lo dicono i servizi segreti, ogni sei mesi, cosa è opportuno fare. Mentre Berlusconi volava in Sardegna, il suo rivale storico, Romano Prodi, preferiva spostarsi in treno tra Bologna e Roma. Tutte le settimane. Il treno, spesso e volentieri, lo usava per le sue visite anche il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Cosa che invece non ha fatto il suo successore, Giorgio Napolitano. Eppure, a essere fiscali, il regolamento parla molto chiaro. “Il trasporto aereo di Stato”, si legge nella direttiva del 23 settembre 2011, “concorre alla protezione di soggetti sottoposti a minaccia”. Inoltre è sottolineato come l’uso del volo blu sia alternativo, e soprattutto “non è ammessa la concessione del trasporto aereo di Stato per le tratte sulle quali sia presente il trasporto ferroviario”.
Ma chi controlla sull’applicazione della direttiva? La presidenza del consiglio. Dunque è Renzi che controlla se stesso. Deve chiedersi l’autorizzazione. È un paradosso, ma funziona così. Così sale chiunque abbia un incarico di governo, anche l’ultimo dei sottosegretari. Quando nel 1984 a Padova morì Enrico Berlinguer, l’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini volle riportare a casa la bara con l’aereo di Stato. Ma nel Pci ci fu un ampio dibattito, la segreteria era contraria. Pertini la spuntò quando disse “lo riporto a casa come un amico fraterno, come un figlio”. Altri tempi. Diverse epoche.