Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  marzo 04 Mercoledì calendario

La Grecia non arriva a fine mese. Nelle prossime settimane si troverà a corto di liquidità e con poche speranze di aiuto finanziario dai partner dell’euro zona. Come farà a pagare i 6,5 miliardi di euro che scadono a marzo?

Il Governo greco deve fronteggiare una crisi di liquidità nelle prossime settimane con poche speranze di aiuto finanziario dai partner dell’euro zona, un duro colpo per la fragile economia del Paese nonostante le voci, riprese lunedì, anche dal vice presidente della Commissione europea,Valdis Dombrovskis, di un possibile terzo salvataggio da 30-50 miliardi di euro.
A marzo scadono 6,15 miliardi di euro di crediti, di cui 1,53 miliardi con l’Fmi, e 4,43 miliardi di di T-bills, i bond a tre mesi, spesso riacquistati dalle quattro maggiori banche greche. Per fronteggiare la situazione il governo avrebbe preso prestiti, a breve, dalle riserve dei fondi pensione o altre entità pubbliche.
Non a caso il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, ha deciso di aprire alla possibilità di sborsare in anticipo una parte della quota restante dell’ultima tranche da 7,2 miliardi di euro, prima della fine di marzo. In risposta a questa ipotesi il ministro delle Finanze greco, Yanis Varoufakis, ha annunciato che nel prossimo eurogruppo di lunedì, presenterà la lista di riforme tra cui le misure umanitarie, le rateazioni per pagare le imposte e la riforma fiscale.
Il governo Tsipras si è assicurato finora solo l’estensione di quattro mesi, fino a giugno, del programma di salvataggio, ma questo non dà ad Atene ancora accesso ai fondi necessari ad affrontare i creditori. Per sbloccare quei soldi, si dovrà concordare un programma riveduto nelle misure di austerità e nel surplus primario, con i suoi creditori almeno entro aprile, e poi approvarlo in Parlamento entro giugno. Una richiesta di Atene, di versamento di 1,9 miliardi di euro di profitti sui bond greci acquistati dalla Bce, è stata respinta in attesa dell’accordo finale. Anche la richiesta di aumentare il limite annuale di 15 miliardi di bond a tre mesi è stata bloccata dalla Troika.
Il problema è che il processo per dare contenuti al prossimo accordo è un percorso ad ostacoli, mentre la Grecia ha fretta.
L’impegno è complicato non solo dal calo del gettito fiscale (del 40% rispetto agli obiettivi, a causa degli annunci sconsiderati del nuovo governo tra i quali l’aumento della soglia di esenzione fiscale da 5mila a 12mila euro o della possibilità di diluire in 100 rate il pagamento delle imposte), ma anche dall’impossibilità di rivolgersi al mercato. In questa atmosfera surriscaldata si rincorrono le voci più disparate, al punto che il ministero delle Finanze greco ha dovuto smentire l’ipotesi secondo le quali l’esecutivo avrebbe utilizzato le riserve di liquidità di 40 municipalità per far fronte alle scadenze di marzo. Altre voci parlano di congelamento dei pagamenti dello Stato ai fornitori.
In queste circostanze, trovare un rapido accordo con i creditori è sempre più impellente pur di ridare fiato alle casse dello Stato. Il problema è che la partita è difficile perché tra i partner si è logorata la fiducia. Tsipras ha accusato Spagna e Portogallo di aver tentato di boicottare gli accordi per motivi di politica interna e i due paesi, in risposta, hanno scritto una lettera di protesta alla Commissione europea. L’accusa di Tsipras è di voler «strangolare finanziariamente» Atene.
Nel frattempo il quadro macro-economico è peggiorato: nell’ultimo trimestre 2014, l’economia greca è tornata in territorio negativo. Il deficit commerciale è aumentato a 1,8 miliardi di euro, dai 756 milioni dello stesso periodo del 2013. La fuga dai depositi bancari ha subìto un’accelerazione. Nei conti correnti greci c’erano in gennaio 148 miliardi di euro, tanti quanti nell’agosto 2005, anche se dopo l’accordo con l’Eurogruppo la situazione è migliorata.
Una notizia positiva giunge da Londra, dove la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers) ha comunicato che comincerà ad investire in Grecia rispondendo alla richiesta del governo ellenico. Gli azionisti Bers hanno votato a favore della scelta di investire in Grecia «fino a fine 2020». Obiettivo attrarre investimenti esteri e greci rafforzando il settore privato con attenzione alle Pmi.