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 2015  marzo 04 Mercoledì calendario

La guerra in Ucraina ci è costata cara. Le perdite dell’export per l’Italia nel settore alimentare ammontano a circa 20 milioni di euro, nel settore dell’abbigliamento a 66 milioni, la chimica ne perde 37, la lavorazione di prodotti derivati da minerali non metalliferi 19, il settore del mobile 29. Poi l’industria calzaturiera, le bevande, i saponi e i detergenti perdono il 36,1%. E l’import non va meglio

   Gli ultimi dati disponibili sulle attività commerciali e produttive tra l’Italia e l’Ucraina elaborati dall’Istituto nazionale per il commercio estero (Ice, ndr) su fonti Istat, rilevano un crollo del 35% delle esportazioni confrontando l’andamento del 2013 con il 2014. Le importazioni naturalmente non vanno meglio con un prevedibile –100% nell’acquisto di prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio e un non classificato per l’importazione di gas ed energia elettrica. Lieve crescita (8,2%) dei prodotti metallurgici che importiamo arrivando a spendere poco più di 1 miliardo di euro l’anno.
   I rapporti commerciali tra i due paesi risalgono ad almeno vent’anni fa quando le prime aziende italiane partivano alla conquista di un mercato che aveva bisogno di molto ma era anche capace di esprimere eccellenze nell’alta tecnologia e nel settore della missilistica aerospaziale con aziende che ancora oggi sono tra i principali player a livello mondiale.
   Le perdite dell’export per l’Italia nel settore alimentare ammontano a circa 20 milioni di euro (-28,5%), nel settore dell’abbigliamento a 66 milioni di euro (- 31,8%), la chimica perde 37 milioni di euro (-29,5), la lavorazione di prodotti derivati da minerali non metalliferi –41,6% con una perdita di 19 milioni di euro, il settore del mobile lascia per strada 29 milioni di euro. Poi l’industria calzaturiera, le bevande, i saponi e i detergenti che perdono il 36,1%.
   L’unica voce in controtendenza è “altri mezzi di trasporto” che registra un incremento positivo di ben 328 punti percentuale. Tra aprile e novembre 2014 abbiamo venduto agli ucraini un bene per quasi 26 milioni di euro.
   IL DIRETTORE dell’agenzia Ice a Kiev, Alessandro Gerbino, sostiene che “non c’è settore che non sia stato penalizzato”, in quanto “l’Italia ha rapporti commerciali con l’Ucraina molto diversificati suddivisi tra beni strumentali e beni di consumo”.
   Gli ultimi mesi del 2014 hanno registrato un ulteriore rallentamento dovuto anche alla difficile situazione economica del paese sempre a rischio default. Questo ha costretto la Bce a mettere in atto una serie di misure restrittive che non hanno aiutato gli scambi internazionali.
   C’è stata inoltre una scarsissima disponibilità di valuta pregiata sul mercato a disposizione degli operatori economici i quali, anche se in possesso di abbondanti riserve di moneta locale la gryvnia, dovevano attendere tempi lunghi per procurarsi euro o dollari oltre a essere condizionati dalle forti e imprevedibili oscillazioni del cambio. Alessandro Gerbino è convinto che “la presenza italiana, ma anche internazionale, in Ucraina è molto sottodimensionata rispetto alla capacità del paese di relazionarsi con l’estero”.
   L’incontro di oggi a Kiev tra il primo ministro Renzi e il presidente Poroschenko è visto dagli operatori economici come una possibilità di progredire nel superamento della crisi in atto. È del tutto evidente che solo una convincente stabilità politica potrà attrarre gli investitori stranieri, dare nuovo impulso ai flussi commerciali e garantire quella fiducia che è mancata negli ultimi mesi e che ha impedito non solo la crescita economica, ma anche lo sviluppo di strategie a breve e medio termine. L’Europa, così come l’Italia, non può fare a meno dell’Ucraina e i rischi che potrebbero derivare da un’esclusione o un isolamento sono assai più alti rispetto a quelli di una complessa e faticosa integrazione.