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 2015  marzo 04 Mercoledì calendario

Nobel, l’ex premier norvegese Thorbjørn Jagland è stato defenestrato dalla carica di presidente del comitato. Tra critiche, polemiche e conflitti d’interesse, una decisione politica che spezza un’antica tradizione di non ingerenza

Il comitato del Nobel per la Pace non è più quella fortezza intoccabile, rimasta protetta, almeno nelle apparenze, per oltre un secolo. Da ieri, la battaglia politica norvegese è entrata di prepotenza dentro al salotto buono dove ogni anno si conferisce la massima onorificenza umanitaria del mondo, un premio capace di trasformare un nome in un’icona, una speranza, un messaggio universale. L’ex premier norvegese Thorbjørn Jagland è stato defenestrato dalla carica di presidente del comitato che ha l’onore e l’onere di scegliere tra centinaia di candidature. Jagland, dirigente del partito laburista, è stato costretto a dimissioni forzate dalla nuova maggioranza nel quintetto di giurati norvegesi, passata a destra dopo le ultime elezioni. Al suo posto arriva un esponente del partito conservatore al governo, Kaci Kullmann Five.
Una decisione politica che spezza un’antica tradizione di non ingerenza. Anche se i giurati sono formalmente nominati dallo Storting, il Parlamento, dentro alla fondazione che si riunisce a due passi dal palazzo reale di Oslo è sempre stata difesa una neutralità politica in nome di supremi valori e principi. Almeno così è stato per 114 anni, da quando è stato aperto il famoso testamento di Alfred Nobel, l’inventore della dinamite che decise che sarebbe stata la Norvegia a decidere il premio per la Pace, mentre gli altri laureati sono tutti scelti dall’Accademia di Stoccolma.
Jagland è un avversario politico dell’attuale maggioranza di governo ed è anche stato criticato per le scelte degli ultimi sei anni. A molti esponenti conservatori non è andata giù il convinto appoggio di Jagland a Barack Obama come laureato nel 2009, appena un anno dopo la sua elezione. Il leader laburista è stato attaccato anche per l’assegnazione del premio all’Unione europea nel 2012. Molti norvegesi sottolinearono un suo possibile conflitto di interessi: Jagland è infatti anche segretario generale del Consiglio d’Europa. Infine, la cacciata suona anche come un pentimento postumo del controverso Nobel all’oppositore Liu Xiaobo nel 2010 che creò un incidente diplomatico con Pechino. Il nuovo presidente del comitato, Kullmann Five, ha subito smentito: «Ho appoggiato con tutto il cuore il premio a Liu Xiaobo», ha detto, anche se il premier in carica Erna Solberg, del partito conservatore, non ha voluto incontrare il Dalai Lama.
L’impeccabile neutralità dell’istituzione norvegese traballa. La rimozione forzata al posto del normale avvicendamento fotografa uno scontro politico più forte e duro nel paese, nel quale cresce l’estrema destra. Per l’edizione di quest’anno sono già state accettate 276 candidature, tra persone e organizzazioni. Jagland continuerà a far parte del quintetto che deciderà in autunno il laureato, ma sarà in minoranza: tre dei cinque membri rappresentano la destra norvegese. Di sicuro, le prossime riunioni nella fondazione Nobel di Oslo saranno un po’ meno pacifiche.