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 2015  marzo 04 Mercoledì calendario

«L’accordo con l’Iran porterà la bomba atomica». Questa l’affermazione di Benjamin Netanyahu, che però, nel suo discorso al Congresso Usa, non ha rivelato segreti, ma calato mazzate tra citazioni di Mosè e scenari catastrofici. Per la Casa Bianca è «solo retorica, non ha offerto nessuna alternativa concreta»

Benjamin «Bibi» Netanyahu si è liberato dei convenevoli ringraziando Obama per quanto ha fatto in favore di Israele, poi ha caricato a testa bassa denunciando la possibile intesa sul nucleare iraniano. Lo ha definito «un cattivo accordo» che porterà i mullah alla bomba. Il premier israeliano, nel controverso discorso al Congresso Usa, non ha rivelato segreti, però ha calato mazzate tra citazioni di Mosè e scenari catastrofici. Che non sono piaciuti alla Casa Bianca: solo retorica, nessuna alternativa concreta, è stato il commento che segnala il dissidio profondo, quasi storico. Nulla di nuovo, ha aggiunto Obama davanti alla telecamere, dopo aver rimarcato (e ostentato) di non aver visto l’intervento in quanto era impegnato in colloqui con gli alleati. 
L’ingresso di Netanyahu è stato trionfale, forse neppure alla Knesset lo hanno accolto in questo modo. Tre minuti di applausi dei congressisti e di molti ospiti, compreso il Nobel Elie Wiesel seduto accanto alla moglie del premier, Sara. Entusiasti i repubblicani, meno i democratici, tanto è vero che alcune decine hanno disertato il discorso e quelli che erano in platea raramente si sono alzati per le standing ovation. Non poteva essere diverso davanti a un’apparizione considerata uno spot elettorale legato all’imminente voto in Israele. 
Per Netanyahu un accordo è pericoloso in quanto, oltre a rappresentare una minaccia, contiene elementi inaccettabili. Primo: lascia intatto l’apparato nucleare iraniano, nessun sito sarà smantellato. Secondo: le restrizioni e i controlli internazionali non sono sufficienti a fermare i mullah pronti a truccare le carte. E su questo punto il premier ha citato l’esempio della Corea del Nord oggi armata di ordigni nucleari. Terzo i dieci anni di congelamento del programma chiesti dagli Usa sono un periodo troppo breve, come un «battito di ciglia». Quarto: l’Iran continuerà a sviluppare missili intercontinentali, non inseriti in alcuna intesa. Quinto: ci sarà una corsa al nucleare in tutto il Medio Oriente. 
Il capo del governo israeliano ha poi messo in guardia sulla collaborazione con Teheran nella lotta all’Isis: «Sono la stessa cosa, sono in lotta per decidere chi comanda. Uno usa i coltelli e YouTube, l’altro i missili...Il nemico del mio nemico è il mio nemico». Netanyahu ha negato che l’alternativa al mancato accordo sia la guerra, se gli «iraniani minacciano di lasciare il tavolo, lasciateli andare perché è un bluff, ciò capita spesso nel bazar persiano». Quindi le sue condizioni: «Se Teheran vuole essere trattato da Paese normale si comporti in modo normale» finendola con minacce e supporto al terrorismo. 
Netanyahu ha ripetuto che è un suo dovere proteggere Israele e lo farà anche da solo, anche se è certo che l’America sarà sempre al fianco dello Stato ebraico. Ma per ora le posizioni sono lontanissime, come non mai, con il riemergere del contrasto personale tra Obama e il premier. Una situazione senza precedenti con un presidente Usa che rimprovera il capo del governo israeliano in diretta tv. Irritazione ancora più forte perché l’entrata a piedi uniti di Bibi è arrivata mentre è in corso il negoziato con l’Iran. 
Per questo Obama ha invitato ad aspettare l’accordo prima di giudicarlo e ha assicurato che non firmerà mai un’intesa che possa essere pericolosa. Una posizione condivisa anche da figure importanti democratiche e dagli alleati. Nancy Pelosi ha definito il discorso un «insulto» all’intelligenza del presidente. La responsabile della politica estera Ue, Federica Mogherini, ha sostenuto che «usare la paura» in questi momenti «non è appropriato». 
Il leader israeliano, dunque, torna a casa con un busto di Churchill, gli onori del Congresso e il sostegno di parte dell’establishment politico Usa. Un pacchetto che potrà aiutarlo nella prossima sfida elettorale ma pagato, cinicamente, con la nuova crisi nel rapporto con il presidente americano. I fatti diranno se ne è valsa la pena.