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 2015  marzo 04 Mercoledì calendario

Zaia gongola in silenzio, Tosi tace in attesa che lo caccino dal partito e Salvini lo ammonisce («Chiunque esce dalla Lega poi non va da nessuna parte. Ma spero che farà grandi cose con noi»). Ma anche se Bossi e Maroni lo appoggiano, il centro-destra Veneto si spacca

E adesso? Nel day after dell’attacco atomico, cioè l’aut aut al dissidente Flavio Tosi (o il partito o il suo movimento), alla Lega contano i morti e i feriti. Chi non ha perso tempo è stato Roberto Calderoli, stavolta non in veste di padre costituente ma di responsabile organizzativo. Ha subito spedito a tutte le sedi leghiste un estratto del verbale del Consiglio federale di lunedì che ha almeno il pregio della chiarezza: «la Fondazione e/o associazione “Ricostruiamo il Paese” ha natura politica», ergo è in contrasto con l’appartenenza alla Lega, ergo «con decorrenza lunedì 9 marzo, l’iscrizione o l’adesione alla Fondazione è incompatibile con la qualifica di socio ordinario militante della Lega Nord».
Parlano gli atti e tacciono i protagonisti. Tace Luca Zaia, che si gode la candidatura alla sua successione e si limita a dire che va avanti «pancia a terra». Tace Tosi. Ovviamente non tace Matteo Salvini, che però dedica la sparata quotidiana alla Ue, «peggio di Mussolini e del fascismo, perché non ha la camicia nera o l’olio di ricino ma lo spread e la finanza». Per Tosi, un po’ di carota («Spero che farà grandi cose insieme a noi») e un po’ di bastone («Chiunque esce dalla Lega poi non va da nessuna parte»).
Invece proseguono le grandi manovre e, se non parlano i protagonisti della faida, lo fanno i loro tifosi. Off the record, ma lo fanno. E così par di capire che in campo tosiano la strategia sia quella di non scegliere, di sottrarsi all’ultimatum, di far arrivare lunedì e aspettare che sia il nemico ad assumersi la responsabilità dell’espulsione. «Non c’è nulla da fare, se non far valere le proprie ragioni al Consiglio nazionale di giovedì (nazionale, in gergo leghista, sta per regionale, insomma il Consiglio è quello della Liga veneta, ndr) e aspettare che buttino fuori Flavio». Il tutto condito di sarcasmi anche divertenti sul decisionismo secondo Matteo, tipo «Ecco quel che succede a frequentare la Corea del Nord» oppure «Nemmeno a Renzi è mai venuto in mente di chiedere a D’Alema di scegliere fra il Pd e la sua fondazione».
I fedelissimi
Sul profilo Facebook della fondazione contestata parte l’hashtag di sostegno al fondatore: #siamocontosi. Un tosiano che ci mette la faccia è Leonardo Muraro, presidente della Provincia di Treviso e vicesegretario della Liga, che fa sapere che il sindaco di Verona «è molto sereno, perché non ha nessuna ragione di fare il mea culpa. Il suo operato è sempre stato molto lineare e corretto. Ed è per questo che l’ingerenza di Milano fa ancora più male».
Insomma, saremmo alla consueta rissa lombardo-veneta. Da Milano, i due ex segretari, Bossi e Maroni, dicono di approvare la linea del loro successore. Ma anche la parte veneta non è compatta dietro il suo segretario. «Da mesi, Tosi è sistematicamente contro Salvini e questa situazione da separati in casa non poteva continuare – spiega un alto dirigente veneto ma di osservanza salviniana -. Credo che Tosi uscirà, i suoi gli consigliano di farlo. Al Consiglio di domani non si deciderà nulla su liste e alleanze. Servirà solo per contarsi. E Tosi scoprirà che non ha più la maggioranza o, se l’ha ancora, è molto risicata». Già, le alleanze. Quel che resta di Forza Italia in Veneto dopo che il suo leader Galan è finito ai domiciliari è dispostissima a correre con Zaia e Zaia, ma questo lo dicono i tosiani, è dispostissimo ad allearcisi, anzi avrebbe già fatto l’accordo. Allora, se alla fine una lista la farà per dar fastidio a Zaia, Tosi imbarcherà l’Ncd, sul quale pesa il veto di Salvini. E il centro-destra veneto andrà alle urne in perfetto disaccordo.