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 2015  marzo 04 Mercoledì calendario

L’antitrust vuole vederci chiaro: «Mediaset dica perché vuole il 66 per cento di Rai Way» quando la legge dice che il 51% deve restare in mano pubblica. Secondo l’authority le informazioni fornite dal Biscione sono «gravemente incomplete». Ora il gruppo televisivo ha cinque giorni per rispondere

L’Antitrust vuole vederci più chiaro nell’offerta lanciata da Ei Towers, controllata da Mediaset, su Rai Way e tesa a creare il campione nazionale delle torri di trasmissione del segnale tv. L’authority guidata da Giovanni Pitruzzella ha inviato una lettera all’offerente (che avrà 5 giorni per rispondere) per chiedere ulteriori informazioni «ritenendo che quelle fornite in sede di comunicazione preventiva» fossero «gravemente incomplete» e comunque «non idonee a consentire una compiuta valutazione dell’operazione».
Gli argomenti principali sarebbero principalmente due. Il primo è capire perché la società del Biscione abbia lanciato l’offerta su almeno il 66,67% quando il governo attraverso un Dpcm abbia stabilito che la soglia minima del 51% debba restare in capo alla Rai e quindi pubblica. Inoltre vuole avere tutti i dati che riguardano i mercati a valle delle torri, ovvero quello della copertura televisiva e del mercato pubblicitario sottostante.
Facile intuire che alla prima domanda, quella sull’ambizione proibita ad arrivare alla maggioranza, Ei Towers risponderà come ha risposto due giorni fa alla Rai, e cioè che il decreto è stato adottato «nel contesto della quotazione in borsa di Rai Way». Dunque, ritengono nel gruppo che fa capo a Berlusconi, la quota pubblica di partecipazione non è scolpita nella pietra e può essere modificata, come avvenuto di recente con la decisione di Padoan di scendere nel capitale di Enel dal 31% al 25,5%. Se nel gruppo le bocche restano ben cucite, nessuno si è però scomposto di fronte a domande dell’authority che vengono giudicate quasi rituali e comunque del tutto consuete in operazioni di questo genere, tanto più quando a tirare la giacchetta si è messa la commissione di Vigilanza sulla Rai: logico che l’authority chieda il massimo delle informazioni.
Lo stesso film si era già visto ai tempi della fusione tra Elettronica Industriale e Dmt, che sotto Ei Towers unì gli unici due operatori ai tempi sul mercato (Rai Way era ancora una divisione di Viale Mazzini). Anche allora furono esaminati i mercati a valle e dall’Antitrust uscì tutta una serie di impegni assai severi (un trattamento da monopolista, nei fatti) per Ei Towers: aprire il servizio a tutti, garantire a tutti lo stesso livello di servizio e adottare un prezzo regolamentato. Adottati tali impegni, il Biscione anche ora, sebbene l’offerta non lo espliciti, è disposto ad accettare eventuali nuovi vincoli che dovessero derivare dal nuovo esame dell’authority e pure a modificare in corsa la rotta.
Il gruppo è pronto a far valere la clausola contenuta nella stessa offerta con cui può «rinunciare a una o più delle condizioni di efficacia dell’offerta ovvero a modificarle». Questo vale anche per la quota minima del 66,67% che non sarebbe un punto fermo irrinunciabile. Se proprio fosse impossibile portare a termine l’operazione come inizialmente immaginata, l’idea resta quella di sondare possibili alternative, quale quella dell’operatore terzo (sia Rai che Mediaset dovrebbero avere una quota ben inferiore al 30%) o anche a maggioranza pubblica (con la regia di Cdp). L’importante – è il ragionamento – è che si faccia qualcosa per esprimere il valore delle due imprese e si crei un operatore unico con un forte senso industriale e con un azionariato italiano. Ed escludere così che i tralicci tv facciano il percorso di quelli telefonici di Wind, finiti agli spagnoli di Abertis.