Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  marzo 03 Martedì calendario

Telecom, spunta l’interesse francese. Recchi smentisce il ceo Orange, ma sullo sfondo ci sarebbe un piano che coinvolge Vivendi e Bolloré

Conta di più l’appeal speculativo che la minaccia di una rottamazione forzata del rame, peraltro smentita nel fine settimana dal vice-ministro per le Comunicazioni Antonello Giacomelli. Così il titolo Telecom ha iniziato col piede giusto la seduta in Borsa per chiudere a 1,08 euro(+1,31%), toccando nel corso delle contrattazioni il massimo degli ultimi quattro anni a quota 1,11 euro. A dar fiato al titolo, le dichiarazioni rilasciate nel week-end dal ceo di Orange (nuovo nome di France Telecom), Stephane Richard, che in un’intervista al «Journal de Dimanche» ha parlato di «scambi di punti di vista» tra i manager delle due compagnie per una possibile alleanza. Successivamente, dal Mobile World Congress in corso a Barcellona, Richard ha parzialmente corretto il tiro, precisando che si tratta di una «pura discussione interna», ma ribadendo che una combinazione tra le due compagnie telefoniche «sarebbe un’operazione interessante» e che Orange «ci sta pensando». Telecom però frena. «Non abbiamo mai incontrato il ceo di Orange, nè fatto riflessioni interne su Orange», ha dichiarato, sempre da Barcellona, il presidente di Telecom Italia Giuseppe Recchi. «Esiste una dimensione del mercato e una dimensione delle prerogative pubbliche nel settore tlc: siamo attenti a esercitare fino in fondo le nostre prerogative senza travalicare i limiti», ha commentato da parte sua Giacomelli. Secondo indiscrezioni attendibili, però, l’ipotesi sulla quale i francesi stavano ragionando ruota intorno a Vivendi, prossima a rilevare da Telefonica una quota dell’8,3% che ne farebbe il primo azionista di Telecom. Con due varianti: l’una l’acquisto della quota da Vivendi, l’altra un affiancamento della compagnia francese per costituire con la media company presieduta da Vincent Bolloré un nocciolo duro, comunque sotto la soglia dell’Opa. Ma appunto nessuna Opa in vista, nè una fusione che avrebbe l’effetto di diluire il 26,94% che lo Stato francese detiene in Orange.
Sullo sfondo restano le mosse governative per sostenere lo sviluppo della banda ultralarga in Italia. Recchi ha osservato che «gli obiettivi di Telecom sono gli stessi del Governo: far tornare il nostro Paese all’avanguardia recuperando competitività» (e ha smentito ipotesi di polo delle torri con Ei towers e Rai Way). Per analisti e operatori di Piazza Affari i contenuti della bozza di decreto che fissava le tappe di una rottamazione della rete in rame di Telecom erano «troppo negativi per essere veri» (infatti l’ipotesi sembra tramontata). Per esempio, stabilire di spegnere metà della rete in rame nel 2020 significherebbe per Telecom azzerare la metà dell’avviamento di 11 miliardi sulla rete d’accesso, portando in bilancio, solo per questo, nell’arco di 5-6 anni, rettifiche di valore negative di circa 1 miliardo l’anno, a decurtazione dell’utile. Un piano di rottamazione forzata sarebbe «di difficile implementazione», secondo Intermonte
L’Asati, l’associazione dei piccoli azionisti/dipendenti che conta tra gli aderenti diversi ingegneri del gruppo, fa presente che le regole europee no prevedono la scelta di una predeterminata architettura di rete (nello specifico l’Ftth, la fibra ottica fino all’abitazione), «giacchè viene riconosciuta all’operatore piena libertà nel programmare i propri investimenti in base al principio, ormai consolidato, della neutralità tecnologica e cioè il diritto dell’operatore di scegliere l’architettura di rete ritenuta più efficiente». Nello specifico Telecom, come anche Fastweb in Italia e gli altri incumbent europei, sta puntando all’Fttc (fiber to the cabinet), cioè la fibra ottica fino alla “centralina” sui marciapiedi che ha una distanza media di 250 metri dagli edifici, distanza coperta col doppino in rame che, grazie alle nuove tecnologie, può assicurare velocità superiori ai 30 mega (ma in alcune condizioni anche a 100 mega) con un costo pari a un quarto dell’allacciamento del cliente con la formula Ftth. Stessi concetti sono ripresi in una nota di Equita Sim, che osserva come «l’obiettivo del Governo debba essere la performance della rete consegnata ai cittadini e non già la tecnologia sottostante, che evolve e muta nel tempo, e crediamo che alla fine l’interesse del Governo alla banda larga sarà una opportunità».
Nella lettera rivolta al cda e alle istituzioni, Asati ha denunciato i tentativi di «illegittimo esproprio di un’infrastruttura di un soggetto privato e quotato in Borsa, senza peraltro prevedere un indennizzo», paventando nel caso «conseguenze economiche pesantissime» per Telecom e chiedendo perchè piuttosto Cdp «non intervenga direttamente nel capitale di Telecom, con regole di governance che impegnino la società al rispetto di piani di investimento condivisi». Comunque, sottolinea sempre la lettera dell’associazione, con il piano aziendale 2015-2017 Telecom raggiungerà a fine periodo una copertura pari al 75% della popolazione con fibra ottica (con Ftth però una quarantina di città) e oltre il 95% con la rete mobile di quarta generazione.