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 2015  marzo 03 Martedì calendario

Oggi il consiglio dei ministri discute di un oggetto misterioso che si chiama “Piano Ring”. Misterioso, ma, a quello che abbiamo capito, importantissimo

Oggi il consiglio dei ministri discute di un oggetto misterioso che si chiama “Piano Ring”. Misterioso, ma, a quello che abbiamo capito, importantissimo.

Riforma della boxe? È effettivamente un settore abbastanza in crisi…
Non faccia lo spiritoso, sa benissimo che qui è vietato parlare di sport. “Ring” è un acronimo – un bell’acronimo – che significa «Rete Italiana di Nuova Generazione”. Ha presente quando suona il telefono in un fumetto? Il disegnatore fa vedere l’apparecchio in primo piano, e poi scrive, in alto: “Ring Ring…”. Il “Piano Ring” del governo riguarda i telefoni, cioè la rete telefonica.  

La rete di fili su cui corrono le nostre voci quando telefoniamo da un fisso, suppongo.
Esatto. Questa rete appartiene alla Telecom, che è una società privata, la quale però svolge un servizio pubblico, perché la rete telefonica, facendo circolare masse impressionanti di dati e di conversazioni telefoniche, svolge un servizio pubblico essenziale e persino con importanti risvolti di sicurezza. Uno dei problemi, che non sarà affrontato oggi dal consiglio dei ministri, riguarda proprio la sicurezza perché, grazie al nostro maledetto sistema di scatole cinesi, a controllare la società è una compagnia straniera, la spagnola Telefónica. E con quattro soldi: col 66 per cento delle azioni è socio di maggioranza assoluta in Telco, che a sua volta, possedendo il 22% di Telecom, è azionista di maggioranza relativa, ma indiscutibile, della compagnia telefonica. Il resto delle azioni, a parte un 5% di Findim, e un 2% cinese, sta in Borsa. Ora questa nostra compagnia telefonica, essendo privata, deve badare al profitto. E il profitto dice che smontare l’attuale rete telefonica per farne partire un’altra non è un buon affare: si perderà, con un’operazione simile, un miliardo l’anno.  

Come può il governo intervenire nelle questioni che, in definitiva, riguardano un privato? Glielo chiedo, capendo bene che in ogni caso questo privato svolge un servizio pubblico.
Il fatto è che l’Unione Europea pretende una forte modernizzazione della connettività italiana, tale da farci recuperare posizioni nella classifica di questo settore. Non ho bisogno di dirle che, come al solito, siamo, in questa classifica, agli ultimi posti, dietro Grecia, Turchia e Paesi balcanici, ventottesimi tra i paesi Ocse, con una velocità di connessione media imbarazzante, cioè 9,18 megabit al secondo. Nel “Piano Ring” si programma di portare entro il 2020 la velocità di connessione per tutti i cittadini a 30 megabit al secondo, e per metà della popolazione a 100 mega. Chiariamoci che non si tratta di velocità stratosferiche: 30 megabit al secondo è già oggi la media delle connessioni europee. Nel Regno si viaggia a cento mega…  

Si può ottenere un risultato simile con il doppino di rame?
No, e il Piano Ring dovrebbe prevedere la morte del doppino di rame entro il 2030. Ma le resistenze all’abbattimento di queste migliaia di «ultime miglia» fatte in rame sono fortissime. Per ragioni economiche, ma anche per ragioni politiche. Chi governerà e come la nuova rete? Le nostre Autorità hanno già dimostrato che Telecom non è stato un gestore imparziale della sua rete, ma ha operato in modo da rendere complicata la vita dei concorrenti. Quindi, forse, ci vorrebbe un gestore pubblico, cioè bisognerebbe che lo Stato sostituisse Telecom. Oppure basterebbe un gestore misto pubblico-privato, con regole ferree che garantiscano il rispetto dei concorrenti. La rete telefonica, come la rete ferroviaria, è un cosiddetto monopolio naturale, e anche qui abbiamo una distorsione, perché a posar cavi sono oggi in due, cioè Telecom e Fastweb, spesso duplicandosi (cioè mettono i cavi negli stessi posti, che sono guardacaso quelli più redditizi…) Oggi probabilmente il governo guadagnerà tempo limitandosi ad analizzare un piano di incentivi da sei miliardi per la banda larga. Piano molto importante, peraltro.  

C’è un qualche nesso tra questa vicenda e quella delle torri Rai su cui ha messo gli occhi Mediaset?
Forse c’è. L’idea di Berlusconi continua a sembrare assurda, perché vuole il 100 per cento di Raiway e la legge impedisce alla Rai di scendere sotto al 51%, e nonostante questo ci sono già le date (offerta dal 20 aprile al 2 giugno). Un’interpretazione possibile è che quelli di Mediaset – i quali hanno anche dichiarato di essere aperti ad altre soluzioni – vogliano soprattutto sedersi al tavolo dove il destino delle reti di telecomunicazioni sarà deciso, dato che con le reti di telecomunicazioni, tra l’altro, si guadagna bene. Potremmo immaginare il progetto di una società mista pubblico privato, che abbia sotto di sé l’ex sistema Raiway, l’ex sistema Ei Tower (quello di Berlusconi), la nuova o seminuova rete telefonica. Un tutt’uno per andare tutti più veloci. Ogni dieci punti in più di penetrazione della banda larga porta un punto e mezzo di crescita del Pil.