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 2015  febbraio 27 Venerdì calendario

Se il titolo di Stato diventa una tassa. Gli interessi dei Btp a 5 anni scendono a 0,56%, quelli del Bot a sei mesi a 0,09%, il Bund tedesco è già negativo: siamo al paradosso di rimetterci per mantenere i debiti pubblici

Signore e signori benvenuti nel mondo del tasso zero o addirittura negativo. Un mondo nel quale il creditore (il mercato dei risparmiatori) oltre a prestare i soldi al debitore (lo Stato) dovrà anche pagarlo per il disturbo che si è preso accettando i capitali. Questo è il mondo rovesciato dei Btp che per dieci anni daranno rendimenti ridicoli o dei Bot a rendimenti negativi per chi li acquista.
Non c’è dubbio: quella di ieri rappresenta una giornata storica per il Tesoro che mai era riuscito a collocare tanti titoli a medio-lungo termine a un costo così contenuto. Si tratta di 2,5 miliardi di Btp a 5 anni offerti con un interesse di appena lo 0,56% e 4,5 miliardi di decennali all’1,36%. Detraendo l’aliquota fiscale del 12,5% e la patriamonalina del 2 per mille siamo sul bilico del rendimento negativo. Un traguardo sempre più vicino considerando che dalla settimana prossima partirà il programma di acquisti forzati da parte della Bce (sessanta miliardi al mese).
C’è da aspettarsi che il fiume di liquidità pompato da Francoforte porti i tassi sotto il livello zero anche in Italia. Già qualche segno c’è stato: due giorni fa il Tesoro ha collocato sette miliardi di Bot a sei mesi allo 0,09%. Al netto della ritenuta fiscale il rendimento è negativo per lo 0,078%. E poi c’è sempre la patrimonialina. Insomma lo Stato ci guadagna due volte: con le tasse (sempre in volo) e con i tassi (che vanno sottoterra).
Lo spread tra Btp e Bund è sceso a quota 104 punti toccando i minimi da metà maggio del 2010. Ma è tutto l’obbligazionario dell’Eurozona a correre, con gli investitori a caccia di bond. Non a caso i titoli decennali già in circolazione continuano ad aggiornare i minimi storici.
Tutto bene dunque? Sì, ma un nuvolone c’è: «Il timore resta quello della rottura dell’euro e quando si genera questa preoccupazione i paesi periferici come l’Italia, che ha un grande debito pubblico, ne risentono» dichiara Maria Cannata, responsabile della direzione del Debito pubblico del ministero dell’Economia, durante un’audizione in commissione Finanze alla Camera, in merito alla situazione della Grecia.
Dopo l’accordo raggiunto all’inizio della settimana le paure per l’euro, però sono state rinviate almeno di quattro mesi. Per il mondo della finanza si tratta di un tempo infinito. Che cosa fare in questo frattempo dei propri soldi? Non c’è dubbio: visto che le obbligazioni non rendono più niente non restano che le azioni. Infatti Milano sale dell’1,04% e dall’inizio dell’anno è la più bella Borsa d’Europa (+17%). E fra le azioni spicca l’interesse per quelle che rendono di più. Vuol dire ricchi dividendi e prezzi non altissimi. Intorno al 6% ci sono Eni e Unipolsai. Un gradino sotto, Terna, Iren e anche Ei Towers prima del volo di questi ultimi giorni. Intermonte ha calcolato che, agli attuali livelli di prezzo, Piazza Affari offre, in termini di dividendo, un rendimento che oscilla fra il 2,5 e il 3%. Rispetto allo zero proposto delle obbligazioni si tratta di una ricchezza.
Va tutto bene allora? Per un po’ sicuramente è così. A tassi tanto bassi il Tesoro risparmierà una manciata di miliardi di interessi solo per quest’anno. All’orizzonte c’è però un mostro che si chiama deflazione. Il peggiore di tutti. Un bel narcotizzante perchè per un po’ colora tutto di rosa. Poi però diventa il mostro più feroce del videogame. Se l’inflazione cade diventa impossibile rimborsare il debito. Un po’ come un’azienda cui cade il fatturato. Per quanto basso sia il debito e irrisori i tassi non riuscirà mai a rimborsare perchè gli verranno a mancare i soldi. Figuriamoci le difficoltà dell’Italia con il suo gigantesco debito.