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 2015  febbraio 27 Venerdì calendario

Così la Rete difende l’italiano dai neologismi cretini e dall’abuso di termini stranieri. Una pagina Facebook denuncia le brutture linguistiche e i calchi dell’inglese. Perché l’ironia è la migliore arma per battere l’orrore

Uno dei grandi meriti, e dei grandi demeriti, di internet è permettere il contatto immediato e facile fra gruppi di persone che altrimenti farebbero molta fatica a trovarsi. Il caso peggiore è quello dei pedofili, ma ci sono anche casi splendidi, nel loro piccolo. Esemplare il «Movimento di resistenza contro gli “apericena” ed altre espressioni odiose». Lo trovate su Facebook, con tutti i suoi 9.522 membri.
Vi ricordate l’orribile espressione «aperitivo mangiato» – o «cenato» – che andava tanto di moda qualche anno fa? Fateci caso, è quasi scomparso, ma non ucciso dalla propria ripugnante bruttezza, bensì da una parola che è sembrata più dinamica, senza quei participi in «ato» che ricordano la mamma: l’apericena. Che in sé è un neologismo, neanche tanto sgraziato, per dire «Si beve, e si mangia anche qualcosa in piedi, così risparmiate sul ristorante». Però accade alle nuove parole di successo quel che accade ai divi del cinema: vengono imitati, declinati, scimmiottati in ogni possibile salsa, fino alla caricatura involontaria, all’obbrobrio estetico e concettuale.
Così ecco nascere il Movimento di resistenza, che si fa carico di segnalare al ludibrio pubblico i casi più clamorosi. La pagina del gruppo contiene ormai migliaia e migliaia di manifesti e inviti – tutti illustrati – che formano un’esilarante galleria della fantasia nazionale applicata all’ingozzo in piedi. Ecco dunque, solo per citare le ultime apparizioni, l’Aperipasseggino, per dire che si presterà particolare cura alle mamme e ai neonati; si passa per Apericiclo, Apericenone, Aperivigilia, AperiChina, Aperigriglia, AperiCral, Aperifish, Aperimarketing per terminare con un clamoroso Aperimessa (eucaristia permettendo), inventato da un sacerdote per «invogliare i fedeli a partecipare ai riti religiosi favorendo la crescita di una comunità creativa, aperta e gioiosa».
Implacabile, il gruppo si batte anche contro la fantasia malata, modesta o troppo furba di esercenti che aprono locali con nomi e insegne da raccapriccio. Il fenomeno non è nuovo, ricordo che Cuore, indisse una gara per l’insegna più stupida, e vinse un negozio milanese – credo ci sia ancora, in viale Abruzzi – fiero di chiamarsi Occhialhouse. (Perché non Casaglass?) Se ci eravamo ormai abituati – ai precursori si perdona volentieri – alla paninoteche, non vi viene voglia di infrangere le vetrine di birroteche, stuzzecheriteche, tartufoteche, aperiteche, e soprattutto di quell’unica – per ora – Fingerfoodoteca?
Beninteso, il Movimento di resistenza intende, per «espressioni odiose», anche l’uso spropositato – fino al ridicolo – dell’inglese. E per fortuna non è solo. Pochi giorno fa Massimo Gramellini ha esordito così, nel suo Buongiorno quotidiano: «Se anche voi non sopportate chi in ufficio si dà la mission di proporre uno step che esalti il brand e individui una location dove briffare i competitor. (…) Se anche voi pensate che quando qualcuno non sa cosa dire lo dice in inglese, specie se non sa neppure l’inglese...». Non si tratta di essere anglofobi, una commistione fra lingue – con inevitabile vittoria della più forte – è fatale. Bisogna semplicemente limitarsi all’insostituibile: a nessuno verrebbe in mente di usare un’altra parola per sport, ma io non do riscontro a chi mi chiede un feedback.
L’articolo di Gramellini era un appello a firmare la petizione all’Accademia della Crusca lanciata su Internazionale da Anna Maria Testa e rintracciabile su www.Charge.org e #dilloinitaliano. Firmatela, servirà a poco, ma non farà male. Di mio preferisco questo gruppo spontaneo e iroso, sardonico e ilare, che fra le espressioni odiose mette anche le disdicevoli devianze o abusi dell’italiano. Ormai declinante l’ossessivo «attimino», ecco gli «ma anche no», «fa riderissimo», «vado a studio», «ma di cosa stiamo parlando», «te l’appoggio», «grande» (detto anche di una foglia che cade). Dateci un’occhiata, entrate nel gruppo, ma attenti a sfidare l’ira dei fondatori e amministratori: i quali, come è giusto che sia in una pagina di Facebook – che a suo modo è un giornale – dichiarano in apertura: «La democrazia non dimora in questo Gruppo: è inutile protestare per i provvedimenti presi dagli Admin(s), che sono infallibili, per definizione e promanazione del Padre Fondatore e – lo ribadiamo – non si curano quindi del vociare dissenziente del popolo al quale però possono anche reagire, se ne hanno voglia (quindi imprevedibilmente), con atti illiberali e di rappresaglia cieca». Il bel parlare chiaro, oltre che italiano.