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 2015  febbraio 26 Giovedì calendario

Dai libri alle banche, la strategia Fininvest dimostra che Berlusconi non ha nessuna intenzione di smobilitare il suo impero, anzi

Quale smobilitazione, la galassia Berlusconi è più combattiva che mai. Nell’Italia distratta e in saldo, con i tassi d’interesse a zero, se ne inventa una al giorno. Fatta eccezione per il Milan che certo merita una riflessione a parte, la Fininvest non vende le sue ammiraglie, a pezzi o in toto come pure qualcuno scriveva solo poche settimane fa, pronosticando la conclusione della parabola imprenditoriale del fondatore dell’impero tuttologo, dalla tv al cinema, dai libri alla banca. La Fininvest è «compratore» come si dice in finanza e dunque detta l’agenda dentro e fuori Piazza Affari. Con un passo e colpi di scena, come lo sono le offerte di Mediaset per Rai Way e di Mondadori per Rcs Libri, da far spendere nelle sale operative battute come «Silvio is back», Silvio è tornato. Sarebbe un errore però sottovalutare ruolo e peso crescenti della presidente della Fininvest e della Mondadori, la primogenita Marina, alla quale si deve la regia dell’offerta non vincolante sui libri Rizzoli, controllata del gruppo che edita il «Corriere».
Le munizioni non mancano alla holding che ha appena incassato 377 milioni dalla vendita del 7,79% di Mediaset, una dismissione che lascia saldo il controllo (al 34%) e consente «diversificazioni» negli investimenti mobiliari sulle quali non è stato alzato il velo. Per il momento è chiaro che i progetti delle controllate, qualora si concretizzassero, viaggerebbero autonomamente, finanziati a debito. In particolare per l’acquisto delle torri Rai è già pronta la copertura di JPMorgan. Dal bilancio 2013 (ultimo disponibile) zavorrato dal rosso di 428 milioni dovuto quasi per intero all’assegno versato a Carlo De Benedetti per il lodo Mondadori, il quadro è andato migliorando in Fininvest, dove tra l’altro i soci (le quattro finanziarie di Berlusconi, più le altre tre, una ciascuna i due figli maggiori, una per i figli di Veronica, Eleonora, Barbara e Luigi) hanno lasciato i dividendi in cassa.
Nel consiglio della holding è tornato nel giugno scorso il vicepresidente operativo di Mediaset, Pier Silvio, dopo la conquista dei diritti Champions League e delle prime otto squadre di serie A e in vista della partita delle alleanze nella pay tv che potrebbe portare a breve nel capitale di Mediaset Premium, neocostituita spa, accanto agli spagnoli di Telefonica, i francesi di Canal Plus e la Vivendi di Vincent Bolloré. Quest’ultimo, socio forte di Mediobanca, si appresta a diventare anche primo azionista di Telecom.
Berlusconi non molla la presa nemmeno sul fronte bancario, la Mediolanum di Ennio Doris, della quale è socio da sempre. Alle richieste della Banca d’Italia di ridimensionare la quota al 9,9% per il venir meno dei requisiti di onorabilità in seguito alla condanna per frode fiscale, l’ex premier ha reagito con un ricorso sul quale il Tar del Lazio si esprimerà il prossimo 4 aprile.
Infine, il Milan. Qui sì che il piano è inclinato. La Fininvest smentisce la vendita tout court del team cogestito non proprio in sintonia da Barbara Berlusconi e Adriano Galliani. Ma quanto a lungo potranno essere sostenibili 60-70 milioni di perdite all’anno?