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 2015  febbraio 19 Giovedì calendario

I ciarlatani di Stamina. Politica e media sotto accusa. Dura relazione in Senato contro chi ha permesso di praticare una cura «priva di ogni requisito scientifico». Parlamento, ministri e giudici non hanno fermato Vannoni & Co.

Punto e a capo: “Stamina è morta”. L’ha riconosciuto in una lettera anche Marino Andolina, braccio destro di Davide Vannoni, il creatore del “metodo”. I due, sotto processo a Torino per associazione a delinquere e truffa, hanno richiesto il patteggiamento della pena. Ma intanto l’imbroglio è finito, e si possono iniziare a tirare le somme. Il Parlamento italiano lo ha fatto ieri.
Il corto circuito tra le istituzioni
La commissione Igiene e Sanità del Senato, guidata da Elena Cattaneo, ha approvato il documento che chiude un lavoro di indagine su Stamina durato quasi un anno. 122 pagine di analisi, passo dopo passo, di una vicenda inquietante. E un giudizio di condanna. Non soltanto verso i “ciarlatani” che hanno tentato di spacciare come cura miracolosa un trattamento sconosciuto, privo dei requisiti minimi di rigore e attendibilità scientifica. Ma anche, soprattutto, nei confronti di chi non li ha fermati. È stato – si legge nelle conclusioni della relazione – un “corto circuito istituzionale e mediatico”: “Nella vicenda in esame si è giunti a disporre con legge una sperimentazione clinica (quella che ha convertito il cosiddetto decreto Balduzzi, in epoca del governo Monti, ndr), sull’ondata emotiva creata da una sconsiderata campagna di alcuni mezzi d’informazione. Il governo e il Parlamento non hanno purtroppo saputo tener ferma una posizione da subito espressa dagli organismi tecnici e di vigilanza preposti alla sicurezza dei farmaci e dei trattamenti sanitari, cioè Aifa e il Nas”. Una sconfitta di sistema, quindi. Che investe una parte dell’informazione, la politica nel complesso e non risparmia nemmeno la magistratura.
Il ruolo dei giornalisti e il clima di speranza
“Se vostro figlio fosse affetto da una malattia straziante, che porta a una morte lenta e inesorabile, voi che fareste?”. Questo è l’incipit del primo servizio dedicato a Stamina da Le Iene, la trasmissione di Italia 1. I mezzi d’informazione hanno contribuito in modo decisivo a creare il “corto circuito” descritto dal documento del Senato. Specie all’inizio, la narrazione su Sta-mina è stata enfatica, giornalisticamente e scientificamente inconsistente. Diversi personaggi famosi si sono esposti a favore del “metodo” (tra di loro Adriano Celentano, Fiorello, Gina Lollobrigida, Red Ronnie) e i media – soprattutto televisivi – hanno approfondito la vicenda solo per metterne in risalto gli aspetti più sensibili dal punto di vista emotivo, con particolare riguardo al dolore straziante delle famiglie dei malati.
Balduzzi e il Parlamento piegato
In questo clima, la politica ha rinunciato a una risposta razionale. L’audizione dell’ex ministro della Sanità Renato Balduzzi aiuta a far luce sulla confusione, l’imperizia e la mancanza di coraggio di governo e Parlamento nel periodo più intenso della vicenda Stamina. Balduzzi interviene con un decreto d’urgenza il 25 marzo 2013. È già passato quasi un anno da quando l’Aifa ha ordinato agli Spedali di Brescia di interrompere la somministrazione di Stamina per le evidenti lacune del “metodo” e il mancato rispetto dei requisiti delle strutture. Ma la polemica politico-mediatica infuria e il governo si piega: chi ha iniziato le “cure” di Vannoni, grazie al decreto, avrà diritto a continuarle. In Parlamento, poi, il testo sarà modificato in modo da introdurre anche la sperimentazione di Stamina (che si mostrerà fallimentare). In audizione, l’ex ministro di Monti si giustifica così: dovevamo “rispondere ad alcune esigenze”. Quali? “È superfluo ricordare che alcuni di questi pazienti presentavano caratteristiche molto particolari; si trattava cioè di pazienti in tenerissima età”. Una ragione quindi emotiva, mediatica, di consenso. “Dall’altro, bisognava evitare che si potesse determinare un contrasto tra le scelte del legislatore e le decisioni già assunte dall’ordine giudiziario su casi concreti”. Gli elementi per valutare la mancanza di credibilità scientifica di Stamina c’erano già, ma il governo li ha ignorati. “Il clima – conclude Balducci – era difficile”. Il documento del Senato commenta gelido: “Rimane non del tutto chiaro perché avrebbe avuto senso (terapeutico e morale) permettere di proseguire ‘qualcosa’ che sia stato dimostrato essere privo di fondamento scientifico, rischioso per i pazienti, inefficace (al rischio oggettivo si somma la speranza mal riposta)”.
La sponda dei Tribunali e le leggi ignorate
Nella vicenda Stamina le corti dei Tribunali sono state in centinaia di casi una sponda positiva per i ricorsi d’urgenza di chi chiedeva l’accesso al trattamento. Come si legge nel documento del Senato, “il caso si svolge quando è in vigore, da tempo una normativa comunitaria e nazionale (...) che prevede condizioni rigorose a difesa dei pazienti, in riferimento alla somministrazione di medicinali per terapie cellulari somatiche”. Anche in questo caso, quindi, c’era già un quadro di leggi che avrebbe dovuto squalificare Stamina in maniera inappellabile, ma i giudici, in molti casi, l’hanno ignorato. Come si legge ancora nella relazione, c’è “la caratteristica singolare della situazione italiana (...) costituita oltre che dalla rilevante enfatizzazione, a opera di una parte della stampa e della tv, dei metodi di cura alternativi a quelli propri della scienza medica, anche dall’intervento (del tutto inesistente in altri paesi) della magistratura del lavoro nella somministrazione da parte del sistema sanitario nazionale di farmaci di non provata efficacia”. Su 522 ricorsi d’urgenza dei pazienti di Stamina, in questi anni, 182 hanno ottenuto la somministrazione del “metodo”, mentre altri 49 hanno dato esito positivo, ma almeno hanno vincolato l’accesso alla “cura” alla produzione in cell factories, laboratori specializzati.