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 2015  febbraio 02 Lunedì calendario

Con la vittoria agli Australian Open Novak Djokovic ha confermato di essere il numero 1 del tennis mondiale: troppo vecchio Federer, convalescente Nadal, ancor verdi i newcomers. Ora può puntare al Grande Slam

Novak Djokovic ha vinto l’Australian Open, confermandosi il primo del mondo, davanti al finalista Murray, e agli sconfitti del torneo, troppo vecchio Federer, convalescente Nadal, ancor verdi i newcomers. Novak, detto Nole, ha battuto 6-0 al 4° set Andy Murray, in 3 ore e 39 minuti e, nell’ammirarlo in tv, mi sono chiesto come mai, anche nella semifinale, avesse finito per battere un altro dei primi, Stan Wawrinka, per 6-0 al 5°. Mi sono risposto, con l’abituale insicurezza che, dopo le tre ore di un gioco ormai simile a un videogame per esseri umani, finisce col prevalere il miglior atleta, non sempre il miglior esecutore gestuale, anche se Nole non è certo inferiore al suo avversario della finale, Andy Murray, mentre non è certo superiore al Wawrinka delle due ore iniziali.
Nel corso della mie esplorazioni televisive, durante le quali avevo abbandonato Sky per passare in Gran Bretagna, e infine collegarmi con i meno verbosi cugini elvetici, mi è accaduto, vecchio spettatore di teatro, di soffermarmi sui primi piani dei due tennisti. Il viso di Murray era spesso simile ad un individuo sofferente, direi torturato dalla realtà, un viso drammatico che un regista dello Old Vic avrebbe vivamente criticato per overacting, che tradurrei eccesso di recitazione. Per contro, le espressioni di Nole mostravano spesso comprensibile e sorridente soddisfazione per i colpi ben riusciti, delusione per qualche colpevole errore, ma anche viva oggettività per quanto stava accadendo.
Tra i due attori, fossi stato regista, avrei immediatamente privilegiato e assunto Djokovic. Non ritengo che sia più possibile una autentica cronaca giornalistica, in tempi di super inondazione informatica. Accenno soltanto ad una mini sintesi, per chi abbia trascorso la prima parte della giornata domenicale altrimenti che alla tv. Da un vantaggio per Djoko di 4-1, Murray è risorto 4-3, ribrekkato per il 5-3, di nuovo risalito seguendo le battute a 4-5, mentre Nole scivolava con l’ultima falange del pollice destro sul fondo in cemento, e aveva la peggio. Come sempre ammirabile nelle piccole sfortune, il serbo avrebbe egualmente ghermito il tiebreak per 7 punti a 5. Nel secondo set, partiva con un parziale negativo di 2 punti a 8, ma si ritrovava in vantaggio per 4 games a 2, con un altro efficace parziale di 16 a 4. Mi è difficile alludere a mutamenti tattici, in un gioco simile ad un protratto videogame, così come, senza un aspetto diverso da una mutata regolarità, un ottimo Murray riusciva addirittura una rimonta a 5-4, per approdare infine al tiebreak e aggiudicarselo dopo palleggi infiniti, tra i quali, nelle mie malferme qualità statistiche, conteggiavo due scambi di 27 tiri. Per simili due set si erano rese necessarie due ore e mezzo, e mi domandavo se il tennis non fosse ormai diventato simile a una super maratona, che in fondo si limita a 42 km. Nel 3° set, spesso determinante in una partita simile a un assedio medievale, Nole si sarebbe staccato da 3 pari con un parziale di 13 a 5, senza che una trovata tattica – se non qualche smorzata – giungesse a illuminare simile esibizione di mirevoli rimbalzi.
Ed eccoci dunque all’ultimo giro dello stadio, ultimati 41 km, con un Djoko che sembrava appena partito, e un Murray che già era stecchito. Felice esecutore, come da sempre mi ritrovo, dei vecchi schemi Tommasi, ormai imitati all over the world, non facevo altro che annotare lo scarto di 25 punti in favore del maratoneta sorridente, contro i 13 dell’asfitticco perdente, il povero Murray. Che non sembra aver trovato nella mamma Mauresmo la sostituta del padre puttivo Ivan Lendl. Così erano dunque trascorse 3 ore e 39 di ammirata noia e, nella mia antica incompetenza, mi domando cosa mai potrà impedire a Djokovic un Grande Slam, dopo quelli di Budge e Laver, oggi presente alla vicenda. Una giornata storta nei primi turni? Un istante di ritrovata gioventù di Federer? La guarigione e il ritorno in salute di Nadal? Un’improvvisa follia di un nuovo fenomeno? Mi pongo simili ipotesi irrazionali, mentre non riesco a individuare nessuna possibilità di superare Novak Djokovic, per un contemporaneo, in un tennis simile a quello dell’Australian Open.