Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  febbraio 02 Lunedì calendario

Perché i miliardari americani sono così interessati ai media? Da ultimo Bloomberg, che è pronto a rilevare il New York Times. Prima di lui Slim, Bezos, Warren Buffett e John Henry hanno investito nei giornali in crisi

Michael Bloomberg salverà la Signora in grigio? Sarebbe l’ultimo miliardario a comprare una testata prestigiosa americana, The New York Times (il cui nomignolo è The Gray Lady ), dopo che nel 2013 Jeff Bezos ha speso 250 milioni di dollari per il Washington Post e John Henry ne ha pagati 70 per il Boston Globe.
Da tempo a New York si parla del possibile passaggio del quotidiano cittadino dalla famiglia Sulzberger all’ex sindaco. Ma le voci si sono intensificate recentemente, da quando Bloomberg è tornato ad occuparsi a tempo pieno della sua azienda.
Un altro miliardario, il messicano Carlos Slim, con il 17% di capitale è già il primo azionista della società editrice del Ny Times, ma il suo investimento è «puramente finanziario», dice. La gestione del giornale resta invece fermamente nelle mani del presidente Arthur Sulzberger Jr. e della sua famiglia, che grazie alle azioni privilegiate hanno la maggioranza dei diritti di voto e dei consiglieri d’amministrazione.
Il Ny Times, il WashPost e il Globe sono tutte imprese in rosso, come gran parte dei giornali americani e di tutto il mondo. Che cosa attira allora Bloomberg, Bezos, Henry – ma anche Rupert Murdoch padrone del Wall Street Journal e del New York Post attraverso News Corp e Warren Buffet proprietario di una catena di giornali locali – a impegnarsi in un business dal futuro incerto?
Business complesso
È un mix di fascino e riverenza verso l’istituzione del giornalismo, interesse a usare i media per aumentare la propria influenza, ma anche genuina convinzione che il business delle news possa alla fine far soldi.
Agli estremi delle due posizioni – impegno nei giornali come filantropia piuttosto che ricerca di profitti – possono essere collocati Henry e Bloomberg. Il primo è un ex gestore di hedge fund, proprietario della squadra di baseball di Boston Red Sox: un anno e mezzo fa ha deciso di rilevare The Boston Glob e – che apparteneva alla stessa casa editrice del Ny Times e più volte era stato minacciato di chiusura – «perché rappresenta un’altra grande istituzione di Boston per cui vale la pena lottare».
Anche Bloomberg è diventato ricco con la finanza e grazie ai miliardi che l’omonima azienda continua a macinare può sopportare le perdite della sua divisione media – che comprende l’agenzia Bloomberg News, la rivista Businessweek, una tv e una radio – e ha senz’altro i mezzi per rilevare il New York Times. «C’è un prezzo per la felicità di un multimiliardario con spirito civico, generoso ma annoiato? Mike Bloomberg può facilmente permettersi il Ny Times», ha tweettato una settimana fa Murdoch che, secondo il New York Magazine (settimanale indipendente dal Times ), si vede quasi tutte le settimane a colazione con l’ex sindaco.
Come sfruttare il potenziale ancora presente nel business delle news è di sicuro uno temi caldi discussi a tavola dai due miliardari. Le notizie sono ancora «la materia prima più preziosa al mondo», aveva detto Murdoch annunciando la separazione delle sue attività editoriali (News Corp) da quelle cinematografiche e televisive (21st Century Fox). Anzi, la domanda e il consumo di notizie sono in crescita, con il pubblico che le cerca su tutti i mezzi, oltre che sulla carta: pc e laptop, tablet e smartphone.
Per questo, e per i prezzi ultra scontati a cui sono offerti, i giornali oggi sembrano un buon affare per gli imprenditori con larghi mezzi e visioni di lungo termine. Come l’investitore value Buffett, che in una lettera aperta ai direttori ed editori dei quotidiani locali appena comprati nel 2012 ha spiegato: «Credo che i giornali che coprono con grande intensità le proprie comunità avranno un buon futuro. (La giusta) combinazione di digitale e stampa attrarrà sia il pubblico sia il fatturato di cui abbiamo bisogno».
Da locale a nazionale e globale è il salto che invece il fondatore di Amazon vuole far fare al Washington Post, rilanciandolo allo stesso tempo anche come azienda high-tech. In 17 mesi sotto la sua guida, Bezos ha assunto 100 giornalisti e 20 ingegneri, creato blog e prodotti digitali compresa una app per il tablet Fire di Amazon, aperto a New York un nuovo ufficio per lo sviluppo e il design tecnologico, cominciato a vendere software ad altre società editoriali. E grazie a un nuovo network di giornali locali i cui abbonati hanno accesso ai prodotti digitali del Washington Post, il sito di quest’ultimo è balzato al terzo posto fra i quotidiani americani, con 45,8 milioni di visitatori unici al mese.
Grandi investimenti
A proposito di lettori digitali, il New York Times è il leader con 1,38 milioni di abbonati e un fatturato pubblicitario digitale in robusta crescita: +16,5% nel terzo trimestre 2014. Ma non basta a compensare il calo delle entrate dalla carta e così quel trimestre ha chiuso con la perdita di 9 milioni di dollari e a dicembre l’editore ha annunciato il taglio di altri 100 giornalisti.
Quelli che restano, sperano nell’intervento di Bloomberg. Già ora a Bloomberg News lavorano parecchi ex del Ny Times. E l’ex sindaco sta investendo ingenti risorse nella divisione Media, consapevole che il business dei suoi terminali finanziari può trarre vantaggio da un profilo più alto della parte giornalistica. Per questo ha assunto il direttore dell’ Economist John Micklethwait come capo delle news e sta lanciando nuove piattaforme multimediali incentrate sul digitale. La prima a partire è stata quella dedicata alla politica, diretta da una celebre coppia di esperti della Casa Bianca, John Heilemann e Mark Halperin, strappati dal New York Magazine e da Time con stipendi da 1 milione di dollari.
La notizia della morte del giornalismo insomma sembra «francamente esagerata», per parafrasare la smentita di Mark Twain circa il proprio decesso. Lunga vita ai miliardari che scommettono sul suo futuro.