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 2015  febbraio 02 Lunedì calendario

È boom di aggressioni ai secondini nelle carceri italiane. Sono gli effetti della «vigilanza dinamica», ovvero la scelta di lasciare i detenuti liberi di girare per i blocchi otto ore al giorno. Gli agenti: «Tutti assieme sono ingestibili»

La chiamano «vigilanza dinamica», ma l’apertura delle celle nelle carceri italiane sta portando solo grossi problemi.
Almeno secondo quanto spiega il segretario generale del Sappe (Sindacato autonomo di polizia penitenziaria) Donato Capece: «Da circa un anno – racconta – ovvero dopo la sentenza Torreggiani, è stata data a tutti i carcerati, eccetto i 41 bis ovviamente, la possibilità di circolare liberamente per la sezione carceraria per otto ore al giorno. Non si è tenuto però conto dei profili dei detenuti, così ci troviamo di fronte a situazioni estreme in cui coloro che sono più forti si trovano a commettere soprusi nei confronti dei più deboli e si è arrivati, col tempo, a una condizione del tutto ingestibile».
Capece chiarisce che «è come se ogni sezione fosse stata consegnata in mano ai reclusi. Gli agenti, infatti, restano fuori dal cancello della sezione e li controllano a vista o dovrebbero farlo, secondo quanto stabilito, attraverso le telecamere interne che, però, nella maggior parte dei casi non funzionano. Questo – continua – impedisce alle guardie carcerarie di avere la situazione sotto controllo. Peraltro il personale è scarso e si è arrivati a un punto in cui davvero non ce la possiamo fare più. Per ogni piano c’è un agente che ha il compito di controllare tra i 60 e i 100 carcerati».
Prima, invece, a ogni detenuto venivano concesse due ore la mattina per andare nei cortili da passeggio, due ore il pomeriggio e un’ora di socialità alla sera. «Con questa nuova sperimentazione – tiene a dire il segretario del Sappe – prima di tutto si assiste a un aumento dei problemi. I carcerati più forti rubano sigarette, vestiario e altri oggetti ai più deboli, che spesso vengono anche aggrediti. Inoltre, in carcere adesso entra di tutto. A Torino, Genova e in altri istituti penitenziari abbiamo addirittura sequestrato dei cellulari».
E non è tutto: «Da quando è stata introdotta questa novità le aggressioni nei confronti degli agenti di polizia penitenziaria sono drasticamente aumentate? A Padova, ad esempio, una guardia di recente è stata ferita nello scontro in carcere tra romeni e nordafricani. Lo stesso agente è stato mantenuto in quella sezione col rischio di essere nuovamente aggredito».
Insomma, secondo le segnalazioni del personale carcerario, quando si chiudono i cancelli ogni area degli istituti detentivi diventa terra di nessuno. «E poi – racconta Capece – anche i casi di suicidio tra i carcerati sono aumentati di due terzi perché senza un controllo interno è più facile nascondersi e non essere notati. A fronte di un raddoppio degli eventi critici e della diminuzione della sicurezza, che a questo punto non riusciamo più a garantire, occorre intervenire in modo incisivo».
Il presidente dell’associazione Antigone, che si occupa dei diritti dei carcerati, Patrizio Gonnella, nei giorni scorsi aveva chiarito alla stampa: «Sono assolutamente contrario a che si torni indietro alla marcatura ad uomo del detenuto: è deresponsabilizzante. Ci stiamo solo adeguando alle regole europee perché il nostro modello è retrogrado».
Ma Capece controbatte: «Le sezioni carcerarie sono diventate come una kasbah. Gli extracomunitari, che non hanno niente da perdere, sono quelli che creano i problemi maggiori. Che fare? Semplicemente uno screening dei detenuti per individuare i profili che siano meritevoli di una socialità di questo tipo. Chi sgarra, invece, sta in cella. Perché l’impunità dà legittimità a proseguire nel comportamento sbagliato. Abbiamo anche parlato con il viceministro e dato un aut aut. O si provvede col prendere misure immediate – conclude – o saremo costretti a intraprendere la strada delle lotte eclatanti finché non otterremo ciò che chiediamo».