Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  gennaio 29 Giovedì calendario

Per maneggiare meglio debito, euro e Pil i nostri politici dovrebbero leggere il saggio di Raffaello Lupi “Scienza delle finanze”, che rende divulgativo il tema dell’economia pubblica. E getta le basi per riavvicinare la classe dirigente al mondo produttivo

La politica è sempre più distante dalla logica dell’economia. E dunque Pil, euro e debito restano miraggi lontani e di difficile comprensione. E il passaggio dall’era agricolo-artiginale a quella aziendale ne ha decretato il depotenziamento. Non sono definizioni arcaiche, come i termini possono lasciare supporre. Ma cardini essenziali su cui si basa la nostra vita quotidiana, gli interessi dei nostri portafogli e pure l’andamento dei debiti pubblici. Non a caso, l’Occidente si è da poco lasciato le spalle l’era agricolo-artiginale per lasciare il posto a una nuova struttura economico-sociale che ruota attorno alle grandi aziende tecnologiche, le multinazionali dell’hi-tech. Le corporation hanno trasformato i rapporti di lavoro e il senso stesso del lavoro.Causando la messa all’angolo dei tradizionali rapporti sindacali e politici. La premessa serve a introdurre il «Compendio di Scienza delle Finanze», scritto da Raffaello Lupi (Dike Giuridica ed., 173 pagg., 18 euro), nel quale il docente dell’università di Roma Tor Vergata rimette sui binari dell’attualità i rapporti tra pubblico e privato. Spese pubblica e relativi criteri di finanziamento. Le aziende tecnologiche sono ormai gruppi sociali nuovi che hanno ribaltato sulla collettività l’evoluzione della creazione di valore aggiunto. Per questo anche la scienza della Finanze ha bisogno di ridefinire il perimetro in cui si trova a muoversi. L’economia spiega il consenso economico degli scambi bilaterali e il diritto spiega istituzioni basate sul consenso politico. L’osmosi tra questi due punti di osservazione è molto forte nella società moderna. Dove le riflessioni economiche, quando non cadono nella formalizzazione “socio-matematica”, possono aiutare il diritto a liberarsi dall’appiattimento sulla legislazione, che lo rende sempre più incapace di pensare in proprio, contestualizzando i comportamenti delle istituzioni. Poteri pubblici e iniziativa privata si sovrappongono sempre più spesso nell’economia pubblica», che per molti versi è giuridica. Non perché studi “la legislazione”, ma perché sistematizza l’interazione degli individui e delle aziende con istituzioni pubbliche “non di mercato”. Quest’osmosi pervade ormai il sistema produttivo, la spesa pubblica, la moneta, le banche, i mercati finanziari, il debito, l’inflazione, il Pil e concetti che il testo esamina, evitando sovrapposizioni col diverso compendio di diritto tributario dello stesso autore. Pur evitando personalismi, il testo abbandona il faticoso e sterile nozionismo di molti “compendi”, in modo che il lettore possa mettere a fuoco aspetti economico-sociali trascurati sia nella formazione in generale sia in quella del giurista. Già nel manuale del 2012 dedicato all’aspetto giuridico della scienza delle finanze, Lupi ha fatto un passo più in là rispetto alle teorie numeriche o socio matematiche per dare ampio risalto alle logiche umane dell’organizzazione sociale. Il testo getta le basi, a nostro avviso, per il ripensamento del ruolo della politica dentro un’economia in continua evoluzione, ma pur sempre dentro i pilastri dell’era aziendale. C’è ancora molto da fare, ma la prima tappa per la politica sarà risolvere l’inghippo in cui si trova l’Europa.
Divisa tra un unico mercato produttivo e 28 diverse economie pubbliche costrette dentro una moneta sovranazionale È su questo che si combattono le quotidiane diatribe tra rigore e crescita. Il debito pubblico non è solo contabilità, ma anche analisi sociale. Ne consegue che il debito resta nazionale ma la credibilità e la capacità di sostenerlo stanno diventando europee. Pervia della macchina pubblica complessiva e per via dell’euro. Alla politica il compito di fare un salto logico per riavvicinare il sistema produttivo delle aziende tecnologiche a un’entità sovranazionale ancora informe: la Ue.