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 2015  gennaio 29 Giovedì calendario

In Italia il fenomeno delle baby gang è in continua crescita. Da Nord a Sud è un’escalation di violenza. Nelle ultime settimane sono stati decine gli episodi con protagonisti ragazzi giovanissimi, adolescenti pronti a seguire la logica del branco, contro tutto e tutti. Ecco un piccolo elenco dell’orrore quotidiano

Non c’è soltanto il drammatico caso di Catania. In Italia il fenomeno delle baby gang è in continua crescita. Ormai sembra inarrestabile. Da Nord a Sud è un’escalation di violenza. Nelle ultime settimane sono stati decine gli episodi con protagonisti ragazzi giovanissimi, adolescenti pronti a seguire la logica del branco, contro tutto e tutti. «Non c’è più la certezza della pena», dice a Libero lo psichiatra Gianfranco Bonfante, dell’Asl 10 «Veneto Orientale». «Dunque i ragazzini agiscono con la consapevolezza che molto probabilmente non gli succederà niente. Viviamo in una società incapace di far rispettare perfino le regole più semplici, non ci sono modelli positivi e quindi» prosegue lo psichiatra «il modo più facile per affermarsi, soprattutto per chi ancora non ha una personalità ben formata, è la violenza. Dai pugni di un tempo siamo passati ai coltelli. Di questo passo, per dire, è inevitabile il rischio di arrivare al fucile o alla bomba a mano. È il Paese che sta andando in questa direzione», conclude. «Dobbiamo fare qualcosa». Il dottor Bonfante è a capo di una sorta di task force anti bullismo nata a San Donà di Piave (nel Veneziano), il paese dove a inizio gennaio un papà di 31 anni era stato accoltellato al torace da un 14 enne tunisino. Col giovane straniero c’era un amico moldavo di un anno più grande. Le indagini sono tuttora in corso, ma il genitore voleva difendere il figlio, da tempo finito nel mirino dei due delinquenti. La moglie l’aveva raccolto da terra sanguinante e portato di fretta all’ospedale. Giorni prima, a Padova, un anziano aveva invece rischiato di essere evirato con un machete. Ma passiamo a un’altra storia, recentissima.
Martedì e torniamo in provincia di Catania i carabinieri avevano identificato i tre ragazzini, di 12, 14 e 15 anni (quest’ultimi fratello e sorella), responsabili dell’aggressione subìta da un invalido di 53. I malviventi erano entrati nell’abitazione del malcapitato brandendo un martello. Prima di farsi consegnare orologio e soldi avevano preso a schiaffi il malcapitato.
Sennonché la violenza si fa sempre più largo pure a scuola: tra novembre e dicembre un’altra baby gang aveva seminato il panico negli istituti di Reggio Emilia: furti, botte, minacce. Per tentare di fermare i criminali i genitori degli studenti e i presidi delle varie scuole oltre a chiedere l’intervento delle forze dell’ordine avevano anche formato un comitato per la sicurezza pubblica. Era servito a poco. I teppisti continuavano a colpire. Fino all’intervento decisivo dei carabinieri. I bulli agivano con fare spietato: a fine novembre per sgraffignare un iPhone avevano riempito di pugni un coetaneo. Episodio simile per un altro smartphone. Questa volta, oltre ai calci e ai cazzotti, erano volate anche minacce di morte.
A Napoli, qualche giorno prima, due 17 enni e un 13 enne quest’ultimo armato di coltello avevano preso in ostaggio un vagone della metropolitana. Avevano provato a rubare qualsiasi cosa dai giubbotti e dalle borse dei passeggeri. Il delinquente più piccolo aveva addirittura tentato di dare fuoco alla barba di un signore. Sempre nel capoluogo campano un paio di settimane fa una baby gang si è divertita a sfondare con dei sassi il vetro di un bus: secondo il sindacato dell’azienda di trasporti si è trattato del decimo caso dall’inizio dell’anno. A Castellammare, per non essere da meno, una combriccola di sbandati ha preso a sassate un barbone: volevano ucciderlo.
Un autista di pullman, a Treviso, ha rischiato di un niente il linciaggio per aver fatto semplicemente notare a un minorenne straniero che il suo abbonamento non era valido per quel tipo di tratta. E che dire della disavventura di quelle due sorelle di Torino, 15 e 13 anni, brutalmente assalite in pieno pomeriggio da quattro piccole bulle: nel loro mirino, come per i «colleghi» maschi di Reggio Emilia, c’erano telefonini e altri oggetti di valore. Restando nel capoluogo piemontese, nel periodo di Natale un gruppo di 18 giovanissimi aveva utilizzato WhatsApp per pianificare una vera e propria spedizione punitiva contro alcuni «rivali». Quando si dice la tecnologia al servizio degli imbecilli.