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 2015  gennaio 29 Giovedì calendario

La Giordania tratta con il Califfo e scambia due terroristi per l’ostaggio giapponese Kenji Goto. Ma per il pilota catturato dall’Isis, Muath Kassasbeh, la trattativa è ancora in corso

La Giordania sceglie di trattare con il Califfo dello Stato Islamico (Isis) sullo scambio di prigionieri ma vuole la liberazione del proprio pilota Muath Kassasbeh. A rendere nota la decisione del re Abdullah è il ministro degli Esteri, Nasser Judeh, con un comunicato scritto ampiamente ripreso da tv e giornali del regno: «Siamo pronti a liberare la terrorista Sajida al-Rishawi in cambio del nostro pilota eroe Kassasbeh, completamente in vita».
La contromossa del re
Amman accetta dunque la sfida di Isis e rilancia: se il video diffuso martedì dai jihadisti chiedeva la liberazione della terrorista in cambio del rilascio dell’ostaggio giapponese Kenji Goto, che mostrava per l’occasione una foto del pilota giordano catturato a fine dicembre, la contromossa è l’offerta di uno scambio alla pari. Il ministro dell’Informazione, Mohammad Momani, lo spiega così, parlando dai teleschermi: «La nostra priorità è riavere il pilota». Dunque ora è Amman a porre condizioni a Isis perché «aspettiamo prove concrete del fatto che è ancora in vita». A dimostrazione della serietà dell’offerta, il re autorizza la fuoriuscita dal carcere della terrorista e fa divulgare la notizia. È una maniera per mettere Isis sotto pressione: lo scambio alla pari è possibile, in tempi stretti, se i jihadisti rilasceranno il «nostro eroe». 
Il passo di Amman introduce una novità nel rapporto, finora esclusivamente cruento, fra Isis e le capitali arabe moderate: è la prima volta che si tenta una trattativa diretta con Abu Bakr al-Baghdadi, puntando ad esaltare la differenza fra i due «prigionieri». Da un lato c’è una donna terrorista, condannata all’ergastolo per aver partecipato nel 2005 agli assalti agli hotel di Amman in cui morirono 61 persone, e dall’altra c’è un pilota dell’aviazione ovvero un soldato scelto, nel quale si riconoscono i militari e i clan beduini da cui proviene, innescando una ventata di nazionalismo che può giovare alla stabilità della monarchia. 
In piazza per il soldato
Se il Califfo puntava a mettere alle strette la corona hashemita chiedendole l’umiliazione di sottostare al ricatto, la mossa del re ha cambiato l’equilibrio innescando nella capitale manifestazioni popolari a favore del soldato, dove la folla si stringe attorno al padre, Youssef al-Kasasbeh, divenuto in poche ore l’uomo più amato del regno, in un’atmosfera di nazionalismo hashemita di cui si aveva scarsa memoria in un Paese dove la maggioranza degli abitanti è composta da palestinesi oppure da profughi iracheni o siriani. È d’altra parte vero che re Abdullah non aveva molte opzioni a disposizione: il pilota proviene da un grande clan tribale di Karak, uno dei più importanti del regno beduino, e dunque abbandonarlo alla sua sorte rischiava di creare un solco fra la monarchia e le tribù che più la sostengono.
Da Tokyo intanto il premier Shinzo Abe guarda alle mosse giordane sperando che possano portare alla liberazione del connazionale ancora in ostaggio: la disponibilità di Amman allo scambio di fatto consente di sperare in un accordo. «Abbiamo chiesto al governo giordano di cooperare per accelerare il rilascio di Goto e questo continueremo a fare» fanno sapere i portavoce nipponici al fine di comunicare a Isis che sta avvenendo proprio quanto avevano richiesto.