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 2015  gennaio 29 Giovedì calendario

Oggi si inizia a votare per la scelta del Presidente della Repubblica • Quando Mattarella si dimise da ministro della Pubblica istruzione • Tsipras all’attacco della Troika • Un giorno di guerra tra Israele e Hezbollah • Niente sconto di pena per Fabrizio Corona • Giuliano Ferrara lascia la direzione del Foglio • I cinesi che vivono sottoterra • Gli italiani sprecano negli spostamenti casa-lavoro 51 minuti al giorno


Presidente Oggi si inizia a votare per la scelta del capo dello Stato. Matteo Renzi ieri ha proposto a Silvio Berlusconi il nome di Sergio Mattarella, in grado di compattare il Pd e incassare anche i voti della sinistra non governativa. L’ex premier si sarebbe detto contrario e avrebbe insistito su Giuliano Amato, che nel Pd però incontra molte più resistenze. No a Mattarella anche da parte di Angelino Alfano. Tuttavia, il segretario dei democratici spera di chiudere la partita per il Colle già domani. Mossa dei Cinquestelle per contrastare il patto del Nazareno: indicata una rosa di candidati, tra i quali anche l’ex segretario pd Pier Luigi Bersani e l’ex premier Romano Prodi. [Sull’argomento leggi anche il Fatto del giorno]

Mattarella Messina: «Avete presente Renzi? Bene, Sergio Mattarella è il suo esatto contrario. E’ uno che ama il grigio, evita le telecamere, parla a bassa voce e coltiva le virtù della pacatezza, dell’equilibrio e della prudenza. “In confronto a lui, Arnaldo Forlani è un movimentista” disse una volta Ciriaco De Mita, che lo conosce meglio di tutti perché 28 anni fa lo nominò ministro. Ma proprio De Mita sa che sotto quel vestito grigio e dietro quei modi felpati c’è un uomo con la schiena dritta, un hombre vertical capace di discutere giorni interi per trovare un compromesso con l’avversario, ma anche di diventare irremovibile se deve difendere un principio, una regola o un imperativo morale. Come fece la sera del 26 luglio 1990, quando – con un gesto che ancora oggi Berlusconi ricorda – si dimise da ministro della Pubblica Istruzione perché Andreotti aveva posto la fiducia sulla legge Mammì, quella che sanava definitivamente le tre reti televisive del Cavaliere. Si dimisero in cinque (c’erano anche Martinazzoli, Fracanzani, Misasi e Mannino) ma fu lui a spiegare quel gesto di rottura senza precedenti, e lo fece a bassa voce e senza usare un solo aggettivo polemico: “Riteniamo che porre la fiducia per violare una direttiva comunitaria sia, in linea di principio, inammissibile…”. Poi, quella sera, incrociò Martinazzoli e gli chiese: “Hai consegnato la lettera di dimissioni?”. “Certo, l’ho appena fatto”. “E hai fatto una fotocopia?”. “No, perché?”. “Perché Andreotti è capace di mangiarsela, la tua lettera, pur di farla scomparire…” (Messina, Rep).

Tsipras Decisioni del primo consiglio dei ministri del nuovo governo rosso-nero di Atene: congelate le privatizzazioni dell’energia elettrica e del Pireo, bloccata la cessione della più grande raffineria del Paese, annunciato il ripristino delle tredicesime per le pensioni basse e la reintroduzione del vecchio salario minimo a 751 euro (dai 586 attuali, imposti dalla trojka) e il reintegro dei dipendenti pubblici licenziati «incostituzionalmente». Immediata la reazione dell’Europa. Il vicepresidente della Commissione Ue, Jyri Katainen ha avvertito che «gli impegni presi dal governo verso i cittadini europei restano e vanno rispettati». Per il finlandese «c’è disponibilità a collaborare, ma le elezioni non hanno cambiato la situazione economica». E alla domanda su una possibile tregua verso il Paese dell’eurozona più massacrato dall’austerità, Katainen ha risposto «non credo che l’Eurogruppo sia disposto a fare marcia indietro sulle politiche adottate finora; non possono cambiare in base alle elezioni». Ma dopo la prima riunione dell’esecutivo, Tsipras ha anche fatto sapere che sulla spinosa questione del debito la Grecia punta a un compromesso: «Non andremo a una rottura distruttiva per entrambi le parti sul debito. Il governo di Atene è pronto a negoziare con partner e finanziatori per una soluzione giusta e duratura per il taglio del debito greco». La Borsa di Atene, però, ha reagito con un crollo del 9 per cento.

Guerra Giorno di guerra al confine nord di Israele con Libano e Siria: due soldati israeliani sono stati uccisi, e altri sette feriti, da un missile sparato dalle milizie sciite di Hezbollah. Nell’immediata risposta israeliana, è rimasto ucciso un soldato spagnolo dell’Unifil, che protesta per «l’errore di mira».

Corona La corte di Cassazione ha stabilito che Fabrizio Corona non ha diritto allo "sconto di pena" che gli aveva concesso, lo scorso 10 febbraio, il gip del tribunale di Milano. Quest’ultimo aveva applicato la "continuazione" dei reati per i quali Corona è stato condannato, abbassando il cumulo della pena totale da 13 anni e due mesi a 9 anni. La Cassazione ha rinviato per nuovo esame, davanti al gip del tribunale di Milano, il calcolo della pena totale che Corona deve scontare, condannandolo anche al pagamento delle spese processuali.

Ferrara Da oggi Il Foglio è firmato da Claudio Cerasa. Giuliano Ferrara, ex direttore, rassicura i lettori: «L’elefantino resta nel branco sia pur ai confini della foresta. A 63 anni bisogna imparare a morire. L’età conta e io non sono uno che ama la fitness [...] Il Foglio è forse la cosa più bella che ho fatto nella mia vita ma è giusto dargli una prospettiva. A Natale ho avuto l’intuizione. Ho capito che questo era il momento di lasciare. Cerasa non ne sapeva niente, è quasi svenuto. E’ bravo, giovane, sexy. Non aveva senso perdere altro tempo [...] Sarò sempre un fervente tifoso del giornale. Mi sono trasferito in un ufficietto provvisorio. Ieri (oggi, ndr) ho portato a passeggio le mie canine, e poi, dopo la riunione di redazione, sono andato a leggermi il Wall Street Journal e il Financial Times. [...] Non mi preparo a nulla. Sono un sessantenne [...] ho soldi da parte, le mie canine, e ho un innato senso dell’uscita. Sono andato via dal Pci in piena carriera, ho rinunciato a La7 dopo la campagna sull’aborto, alla Rai, con i suoi funzionari impiccioni, e a Radio Londra... Sono sempre andato via al momento giusto» (Longo, Rep).

Cina 1 Ci sono circa seimila rifugi antiaerei a Pechino, scavati sotto i palazzi a partire dal 1949, l’anno della fondazione della Repubblica popolare, quando la Cina era isolata e temeva un attacco dagli «imperialisti». Oggi i rifugi sono abitati da centinaia di migliaia di giovani e lavoratori migranti che mandano avanti l’industria dei servizi ma non hanno abbastanza soldi per pagare l’affitto di un appartamento decente. La loro casa è una stanza senza finestre, dieci metri quadrati, nei sotterranei dei grandi palazzi. Qualche sociologo li ha chiamati «le Formiche», ma per la gente sono «la Tribù dei Topi». Quelli che per risparmiare sugli affitti impossibili hanno deciso di vivere sottoterra, al buio, senza riscaldamento, sono un milione secondo uno studio indipendente; «solo 281 mila» se si crede all’ultimo censimento delle autorità che risale al 2014. Nella maggioranza sono ragazzi diplomati venuti dalla provincia per fare fortuna. Hanno lavori normali, dalla parrucchiera al contabile, all’impiegato hi-tech, anche giovanissimi insegnanti. Per tutti il salario d’ingresso è molto basso e non possono permettersi di pagare un affitto normale: un monolocale costa circa 3.500 yuan al mese (500 euro), un giovane diplomato guadagna solo 4.000 yuan. (Santevecchi, Cds).

Cina 2 La Cina è la seconda economia del mondo, ha quasi tre milioni di milionari (in euro) e quasi 300 miliardari nell’elenco di Fortune. Pechino ha 21,5 milioni di abitanti, di questi, circa 8 milioni sono lavoratori migranti venuti dalle province, 368 mila solo l’anno scorso (ibidem).

Pendolari Secondo una ricerca Samsung, 150 milioni di europei, in media, spendono nella loro esistenza di pendolari tra casa e lavoro 45 minuti al giorno, cioè una settimana l’anno. Per gli italiani però le cose stanno peggio: sono ben 51 gli inani minuti trascorsi, quotidianamente, per raggiungere l’ufficio. Peggio di noi solo il Belgio dove i pendolari perdono 52 minuti al dì. I più rapidi in fatto di spostamenti sono gli inglesi: appena 36 minuti. Seguono i tedeschi, con 39 minuti, e i romeni con 41 minuti. (Scalise, Rep).

(a cura di Roberta Mercuri)