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 2015  gennaio 16 Venerdì calendario

C’è un problema con la casa di Hitler: il governo austriaco vuole evitare che diventi un’attrazione per nostalgici e fanatici neo-nazisti. Ma i proprietari non vogliono venderla. Forse sarà espropriata

Il mostro del ventesimo secolo morì suicida nel suo Bunker, nella Berlino presa dai reparti scelti del maresciallo Zhukov, ma il suo ricordo continua a pesare sul mondo come un passato che non passa. Soprattutto in una placida, prospera cittadina austriaca, Braunau am Inn, dove “Lui”, l’austriaco più famoso del mondo, ossia Adolf Hitler, nacque il 20 aprile 1889. L’edificio giallo nel tipico stile neoclassico alpino, indirizzo Salzburger Vorstadt civico 15, è da decenni di proprietà di una caparbia signora, tale Gerlinde P. (cognome taciuto per la difesa della sfera privata) che rifiuta ogni collaborazione con le autorità. E allora il governo austriaco adesso ha detto basta: non ci fidiamo della signora, e non vogliamo correre il minimo rischio che quella palazzina diventi luogo di pellegrinaggi di neonazisti da tutto il mondo. Quindi Gerlinde P. si è vista recapitare dall’efficiente posta federale della repubblica alpina un ultimatum: o vende la casa al governo, a un prezzo propostole e tenuto segreto, oppure le sarà espropriata.
«Noi vogliamo e dobbiamo evitare a ogni costo che quella casa venga utilizzata in modo discutibile, non lecito, nostalgico», ha detto Karl-Heinz Grundböck, portavoce del ministero dell’Interno federale. Già dal 1972, in realtà, lo Stato austriaco è intervenuto nel controllo e destino dell’edificio: paga a Frau Gerlinde circa 5000 euro mensili, in cambio dell’impegno stabilito da una legge, a lasciar utilizzare la palazzina solo da associazioni educative, di assistenza sociali o della efficiente ma pletorica burocrazia pubblica.
Per qualche anno, fanno sapere desolati i governanti di Vienna, si era sperato di aver trovato una soluzione per “la casa più imbarazzante del mondo”. Poveri cittadini di Braunau, il pianeta intero conosce la loro città natale solo perché quel giorno lontano del 1889 Klara, moglie del doganiere Alois Hitler, dette i natali al piccolo Adolf. Inutile spiegare a visitatori o a conoscenti d’ogni paese che gli Hitler vissero là pochissimo, e presto traslocarono altrove.
Centri sociali, uso umanitario? Nulla da fare, perché Frau Gerlinde non ha mai accettato di collaborare. Ha violato anche la legge, quella del ‘72 appunto, che la impegnava a restauri per salvare la casa del degrado, per cui un’associazione di assistenza ai disabili ha dovuto traslocare: troppa muffa e umidità. E non è finita: Gerlinde, che parla solo per bocca del suo legale – per il suo silenzio qualcuno sospetta persino che sia morta – ha vietato alle autorità di porre sul frontale della casa una lapide della Memoria, che ricordasse gli orrori inflitti al mondo da quel neonato del 1889. Povero governo austriaco, la lapide è stata messa in strada poco lontano. «Per la pace, la libertà e la democrazia, mai più fascismo, milioni di morti ci ammoniscono», dice l’iscrizione.
Alla fine, il governo di Grosse Koalition (cancelliere socialista, vice democristiano) ne ha avuto abbastanza. La minaccia di esproprio è stata recapitata. Sta per ricorrere il settantesimo anniversario della disfatta del “Reich millenario” e della fine della seconda guerra mondiale, meglio non sottovalutare il rischio di pellegrinaggi o adunate di nostalgici. Meglio anche evitare gaffes come quella dell’allora (2012) borgomastro democristiano (Oevp) Johannes Waidbacher, secondo cui «non servono altri memoriali, la nostra città non ha colpa della guerra». Molti, come il politologo Andreas Maislinger, suggeriscono di fare della casa un «luogo della Responsabilità per la Memoria». La città vi ospiterebbe volentieri una scuola popolare, o un’organizzazione umanitaria. Ma in Austria non esistono leggi sull’uso di problematisches Kulturgut, cioè di luoghi o edifici dal ruolo storico pesante e negativo. Chi sa allora che fine farà la casa natale di quel che Karol Wojtyla chiamò “Il Male assoluto”?