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 2015  gennaio 16 Venerdì calendario

A Rosolini, 21 mila anime in provincia di Siracusa, il Tar ordina la ripetizione delle elezioni comunali del 2013 dopo l’accertamento di brogli. Ma il candidato sindaco non può vincere: lo ha stabilito un tribunale. Follie siciliane

Il candidato sindaco non può vincere: lo ha stabilito un tribunale. Accade a Rosolini, 21 mila anime in provincia di Siracusa. Il paese delle elezioni farsa torna alle urne per un surreale replay. A ottobre, in questo angolo di Sicilia teatro dall’ultimo fortunato film di Ficarra e Picone, si votò per una ripetizione parziale delle regionali siciliane del 2012, e chi andò ai seggi si trovò schede con simboli spariti (da Fli al Pdl) e una pletora di concorrenti passati nel frattempo sotto altre bandiere. Il 15 e 16 marzo prossimi, invece, si ripeteranno le comunali del 2013. In questo caso come nel precedente è stato un giudice amministrativo a decidere il bis. E anche stavolta la ragione è costituita da brogli, o comunque irregolarità, nello spoglio: nel caso specifico in due sezioni. La giunta regionale, guidata da Rosario Crocetta, non ha potuto che prendere atto dell’ultima sentenza, emessa dal Tar, e indire i comizi. Fissando alcuni paletti posti dal tribunale che raramente (forse meglio dire mai) si erano visti in una competizione elettorale.
Uno su tutti: uno dei sette candidati sindaci, Giuseppe Incatasciato, esponente della lista civica “Piazza Pulita”, gareggia ma non può essere eletto. Una “crudeltà” figlia di un complesso ragionamento giuridico contenuto nella sentenza. Incatasciato, nelle elezioni del 2013, era giunto al ballottaggio con colui che poi è diventato sindaco, Corrado Valvo. Successivamente, però, un terzo candidato che era rimasto fuori dal ballottaggio per un solo voto, Giovanni Giuca, ha fatto ricorso. E il Tar gli ha dato ragione: in un paio di sezioni è stata riscontrata una differenza fra numero dei votanti e suffragi registrati. E soprattutto c’è il sospetto che si sia azionato il meccanismo fraudolento delle “schede ballerine”, fatte uscire dal seggio, compilate all’esterno e consegnate all’elettore. C’è insomma l’ombra, non nuova a queste latitudini, di condizionamenti e pressioni illecite.
A Rosolini, il paese dove il risultato delle elezioni sembra scritto sulla sabbia delle spiagge dorate del Sud est siculo, 2 mila persone sono chiamate ancora una volta alle urne. Ma il giudice, da un lato, ha stabilito in modo inatteso che si voterà solo per il sindaco e non per il consiglio comunale. E dall’altro afferma che, se il risultato sarà di nuovo un ballottaggio fra Valvo e Incatasciato, quest’ultimo dovrà essere escluso dalla corsa: si imporrebbe automaticamente Valvo che al ballottaggio aveva prevalso due anni fa. Questo perché, secondo il Tar, vale «il principio di conservazione della manifestazione del voto già espresso».
Ora, poiché Valvo è in netto vantaggio in tutte le altre sezioni dove l’esito è stato confermato e non può essere superato da due concorrenti, lui al nuovo ballottaggio andrà di certo. E dunque Incatasciato non può vincere. Condannato all’impotenza elettorale. Ma c’è un altro paradosso: lo stesso sindaco uscente, per evitare il secondo turno, deve far votare proprio l’acerrimo rivale “sterilizzato” dal Tar. E intanto lo implora di non ritirarsi. «Una situazione assurda», commenta Incatasciato. «Un giudice ha deciso che non posso essere eletto ma mi rende arbitro del voto». Con l’ultima singolarità: nella platea dei votanti, che per sentenza deve essere uguale a quella di due anni fa, ci sono pure 39 morti. Succede anche questo, nel paese delle elezioni più pazze.