Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  gennaio 16 Venerdì calendario

Anticorruzione, 672 giorni inutili. Fu il primo disegno di legge presentato da Pietro Grasso, ma le nuove norme contro i corrotti in due anni non sono uscite nemmeno dalla Commissione del Senato

Era il suo primo giorno da senatore, quel 15 marzo del 2013. Pietro Grasso, una vita nelle aule di giustizia, aveva deciso di inaugurare la sua carriera da politico con una legge contro la corruzione. Eppure sono passati due presidenti del Consiglio, lui è diventato capo dello Stato, seppur supplente, e la sua proposta fatta di 9 semplici articoli, dopo 672 giorni, non è nemmeno riuscita a uscire dall’aula della commissione Giustizia di Palazzo Madama.
Ci è arrivata il 5 giugno di due anni fa. Quella mattina, il Pdl Nino D’Ascola, relatore del testo, illustrava ai colleghi le nuove norme in materia di corruzione,votodiscambio,falsoin bilancio e riciclaggio. E fu subito rinvio. Ci si domandava, al Senato, se fosse il caso che in contemporanea, alla Camera, discutessero un disegno di legge sul voto di scambio, visto che quella materia era già nel ddl a firma Grasso. Nitto Palma, presidente della commissione Giustizia di Palazzo Madama, aveva preso carta e penna e scritto a Montecitorio: sicuri che abbia senso fare le stesse cose in due posti diversi? Risposero che non c’era motivo di sospendere o rallentare il lavoro dei deputati. Ognuno avanti per la sua strada, e il 26 giugno (del 2013) i senatori si rimettono all’opera. Dieci giorni dopo,èil2luglio,dinuovosirinvia. I senatori Enrico Buemi (socialista) e Lucio Barani (Gal) sono perplessi: “Una materia così delicata e importante dovrebbe essere trattata in modo più organico”. È il presidente Nitto Palma, a dire che non ci si può fermare. Qualsiasi ritardo, tuona, sarebbe “difficilmente giustificabile sia in considerazione dell’importanza della materia da esso affrontata, sia anche in relazione al prestigio istituzionale del primo firmatario”. Siamo ancora nel 2013, precisamente il 17 luglio. Giacomo Caliendo (Pdl) non è convinto: il ddl 19 “appare ispirato a una logica panpenalistica”. Passa l’estate. E pure l’autunno. All’inizio del 2014, Nitto Palma la prende sul personale: in Aula alla Camera il 5 Stelle Vittorio Ferraresi si è permesso di dire che bisognerebbe “suonare il campanello al presidente Palma”. Tradotto, dorme. Nitto Palma non ci ha più visto e in una lettera a Grasso elenca tutti gli imprevisti degli ultimi sei mesi: la pausa estiva, le vacanze di Natale, la sessione di Bilancio... non è colpa sua se il calendario procede a singhiozzo. L’anno nuovo non comincia meglio: si rinvia il 15 gennaio, non prima però che il senatore Carlo Giovanardi, Ncd, avverta: bisogna “mantenersi prudenti nell’attività normativa volta a prevenire la corruzione”. Febbraio passa invano, a marzo Nitto Palma è di nuovo pieno di “disappunto per le reiterate critiche manifestate circa la presunta lentezza dei tempi di esame in Commissione”. Dice: basta, chiudiamo entro domani la discussione generale. A fine maggio, arrivano i guai Expo. Giovanardi si lamenta, non facciamoci mettere fretta dai giudici. Buemi mette in guardia dalla “scia emotiva”. Ma il 14 maggio il relatore D’Ascola scrive il testo unificato: qualcosa si muove.
È il 3 giugno 2014 quando il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri si presenta in commissione. Annuncia che “il Governo è orientato a presentare un disegno di legge riguardante i tre ambiti normativi sui quali insiste il testo unificato adottato dalla Commissione”. Fermatevi, li prega, e chiede un mese di tempo. La commissione abbozza, contrari solo i 5 Stelle: “L’intervento normativo del Governo in una fase tanto avanzata del procedimento rallenterebbe o addirittura ostacolarebbe l’approvazione del testo”. Il 10 luglio è costretto ad ammetterlo anche il presidente Nitto Palma: “I lavori in Commissione hanno subito una decelerazione quando, poco più di un mese fa, il governo ha annunciato di voler presentare una propria iniziativa su tale materia”. La pausa doveva durare 30 giorni: “È evidente che essendo trascorso tale termine, si potrebbe procedere alla votazione dei relativi emendamenti”. Ma siccome nel frattempo alla Camera “è stato approvato un emendamento che innova interamente la disciplina del reato di riciclaggio”, materia di cui si occupa anche il ddl Grasso, bisogna “evitare inconvenienti e incongruenze procedurali”. C’è da aspettare, dice Palma, “fermo restando che la sospensione dell’esame non potrà protrarsi ancora per molto tempo”. Eppure, passa un’altra estate. E pure un altro autunno. È a quel punto che Pietro Grasso sbotta: “Mi chiedo quali interessi blocchino la mia legge sull’anticorruzione”.
Ecco la Befana. Il 7 gennaio “prosegue l’esame, sospeso nella seduta del 3 giugno”. C’è anche il ministro della Giustizia Andrea Orlando. Con sé ha 12 emendamenti. Dice che il “fenomeno corruttivo – come si rileva anche dalle vicende giudiziarie che stanno interessando i grandi appalti pubblici dell’Expo di Milano, del Mose di Venezia e, da ultimo, la gestione della cosa pubblica nella Capitale – è di allarmante attualità”.