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 2015  gennaio 16 Venerdì calendario

La Svizzera si china alle ragioni della crisi internazionale, tra il franco improvvisamente fuori controllo e il segreto bancario che salta

«Isola dell’instabile sicurezza» è il titolo di un recente libro sulla Svizzera, con un doppio senso dell’assurdo e, insieme, una decisa dose di realismo. Anche se parla del Paese ai tempi della prima guerra mondiale, il testo – di Georg Kreis, pubblicato dall’editore della Neue Zuercher Zeitung – ha un titolo che si ripropone in tutta la sua attualità oggi. L’unica sostanziale differenza: cento anni fa Berna era circondata dalla tempesta della guerra, oggi da quella della finanza. Questo è il senso del termine «isola» applicato alla Svizzera, lontana da ogni mare ma vicina a tanti portafogli.
Eccoli, i soldi, i miliardi e miliardi decollati dall’estero e atterrati tra Ginevra, Zurigo e Lugano in tanti decenni: la solidità politica e finanziaria del Paese ha fatto da calamita a un notevole flusso di capitali stranieri, puliti o in nero, dichiarati o evasi, attratti dalle competenze finanziarie o dal segreto bancario. Ma adesso, si potrebbe dire, il troppo ha iniziato a «stroppiare». Le tante certezze dentro i confini e la troppa instabilità fuori hanno fatto schizzare il franco sempre più in alto e per Berna è diventato sempre più difficile gestire i frutti del proprio successo. Così la sicurezza si è fatta instabile, il tetto al cambio euro-franco è saltato, la valuta nazionale ha guadagnato in pochi minuti più del 30%, e l’export e il turismo si sono trovati di fronte le fragilità di uno dei Paesi più solidi, ricchi ed efficienti del mondo. Cento anni fa gli svizzeri erano riusciti a lasciare il Paese fuori dalla guerra, ora stanno cercando di sfuggire ai contraccolpi della crisi dell’unica moneta con cui confina il loro franco: il nostro euro.
Ma il puro fronte valutario non è l’unico su cui è impegnata Berna. Un anno prima dell’introduzione della soglia al cambio euro-franco, nel 2010 valicava il confine il primo cd contenente dati di risparmiatori stranieri con un conto nelle banche in Svizzera. Mittente: Hervé Falciani, ai tempi informatico della Hsbc di Ginevra. Destinatario: il governo francese. Da allora è iniziato un «traffico» di cd – zeppi di informazioni, nomi e importi – che ha alzato il velo su tanti patrimoni nascosti o scappati in punta di piedi tra i caveau di diversi istituti della Confederazione. Alcuni dischi hanno attraversato il Reno, in direzione Germania, e alcuni Land tedeschi avrebbero acquistato il materiale – raccontano le cronache locali – anche in queste ultime settimane. Già, anche dopo l’annuncio con cui la Svizzera si è impegnata ad abbandonare il segreto bancario, con un’intesa internazionale al via dal 2017.
La crisi ha insomma bussato anche alla porta di Berna, facendo schizzare il franco e spingendo i Paesi vicini – alle prese con l’impennata del debito – a far emergere con più decisione i capitali fuggiti dalle mani del Fisco. Con una coincidenza, quasi incredibile, che ha riguardato proprio l’Italia: nello stesso giorno dell’addio ai freni del super franco è arrivato l’annuncio dell’accordo fiscale tra la Confederazione e il nostro Paese. Visto che chi ha investito in franchi ha guadagnato tanto in poche ore, chi tra loro ha evaso ha ora la possibilità – piaccia o no – di regolarizzare il proprio patrimonio a valori valutariamente molto alti. Cosa che, per il Fisco italiano, vuol dire più introiti. Tutto a condizione che il franco resti alto nel tempo. Altri accordi sono già stati firmati in passato, con Paesi europei e con gli Stati Uniti (senza fermare gli acquisti di franchi). In una notte di fine agosto del 2013, il dipartimento di Giustizia Usa e il ministero delle Finanze di Berna – guidati da Eric Holder e Eveline Widmer-Schlumpf – annunciavano la fine di una lunga controversia fiscale. L’intesa ha concesso alle banche elvetiche, accusate di aiutare i cittadini Usa ad evadere il Fisco, una procedura standard per regolarizzare.
Così, tra franco improvvisamente fuori controllo e segreto bancario che salta, l’eccezione elvetica si è inchinata alle ragioni della crisi internazionale.