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 2015  gennaio 16 Venerdì calendario

Greta e Vanessa sono libere. Il tweet di Palazzo Chigi è arrivato alle 18.19. E subito dopo sono divampate le polemiche sul presunto riscatto pagato per le due giovanissime volontarie italiane sequestrate in Siria. Finanziare i carnefici o far rilasciare gli ostaggi vivi? L’eterno dilemma del sequestro

Libere. E, da stanotte, in Italia. Che bello. La notizia che le due giovanissime volontarie italiane sequestrate in Siria erano state liberate è stata diffusa nel pomeriggio dai media arabi e dal web. Solo un paio d’ore dopo è arrivata la conferma dal nostro governo. Alle 18.19, con un tweet di Palazzo Chigi: «Greta Ramelli e Vanessa Marzullo sono libere, torneranno presto in Italia». Lo stesso premier Renzi lo ha voluto comunicare direttamente alle famiglie delle due ragazze. E poi, in aula, a Montecitorio, a dare l’annuncio è stata tra gli applausi il ministro per le riforme, Maria Elena Boschi.
Polemiche sul riscatto
E come tutti i sequestri in zone di guerra, anche in questo caso già un minuto dopo il suo epilogo, per fortuna positivo, sono divampate le polemiche. Naturalmente sul riscatto, sulla sua entità. Sul fatto che in questo modo si finanziano i carnefici (Iraq docet). Sul web come sui media arabi si sono subito ipotizzate cifre milionarie. C’è chi ha sparato 12 milioni di dollari. E naturalmente, dopo quello che è accaduto a Parigi, la polemica si è fatta più marcata.
Ma chi ha sequestrato le due giovani ventenni? Solo il 31 dicembre scorso, cinque mesi dopo la loro scomparsa, le due ragazze vestite di nero sono apparse in un video molto breve, per leggere un messaggio di 23 secondi. Greta, in inglese: «Supplichiamo il nostro governo e i loro mediatori di riportarci a casa prima di Natale. Siamo in estremo pericolo, potremmo essere uccise».
Il messaggio di Capodanno
Dunque, solo a Capodanno è arrivata la prima conferma ufficiale del sequestro – le ragazze reggevano un cartello con la data del 17 dicembre, lasciando ipotizzare che il video fosse stato girato un paio di settimane prima – e prima conferma che era in corso la trattativa, con la supplica delle due ragazze ai mediatori. Verrebbe da dire che è stato fatto tutto alla luce del sole.
Il tono drammatico del messaggio non ha colto di sorpresa chi si stava occupando della vicenda. A palazzo Chigi come ai Servizi. Dunque, la sensazione è che alla fine di dicembre la trattativa fosse già conclusa e il video voleva in qualche modo certificarlo. Addirittura in quelle ore del primo video si lasciava a intendere che entro la Befana, o al massimo qualche giorno dopo, le ragazze sarebbero state liberate.
La trattativa riaperta
Poi però, sabato scorso, è arrivato a Roma l’annuncio di un altro video. Un tentativo di riaprire la trattativa dopo i fatti di Parigi. Ma da Roma non sono arrivati segnali di disponibilità a riaprire la partita.
Sin da agosto fonti vicine alla nostra intelligence hanno lasciato filtrare la notizia che il sequestro fosse gestito da sigle vicine al «Free Sirian Army», all’Esercito siriano libero. Ma anche a gruppi criminali. E a questa indicazione sono rimaste fedeli anche quando giornali libanesi hanno annunciato che le due italiane erano state ripetutamente vendute da un gruppo a un altro (escludendo comunque che fossero finite in mano all’Isis).
Il rapimento
Torniamo all’inizio di questa storia. Al 31 luglio scorso. Vanessa e Greta che fanno parte della ong «Horryaty», un’associazione di volontariato, erano entrate in Siria tre giorni prima, passando dalla frontiera turca a pochi chilometri dal campo profughi di Atma. La sera del 31 luglio le due ragazze sono in un villaggio vicino Aleppo, ad Abizmu. Hanno un incontro in agenda. Ma è una trappola. Di loro si perdono le tracce. Con loro c’è un giornalista de «Il Foglio», che riesce a fuggire.
Gli aspetti ancora oscuri
Solo i loro interrogatori previsti già stamani a Roma potranno chiarire alcuni punti oscuri della vicenda. Intanto, le due ragazze quante «prigioni» hanno cambiato in questi mesi? Hanno avuto la percezione di essere state vendute da una banda a un’altra?
Dubbi e domande che sorgono spontanee sulla base di alcuni elementi. Intanto sulla rivendicazione del sequestro. Su alcuni quotidiani in lingua araba e poi anche dal britannico The Guardian è stata da subito accreditata la pista dell’opposizione islamista siriana, in particolare i sequestratori sarebbero stati i militanti di «Al Nusra», l’Al Qaeda siriana.
E ieri lo stesso canale Al Mubasher di Al Jazeera, nel dare l’annuncio della liberazione delle due ragazze, ha attribuito la paternità del sequestro ad Al Nusra. Nello stesso tempo, sul web – sempre ieri pomeriggio – si è aperta una violenta polemica interna al mondo dei tagliagole islamisti. Con un simpatizzante dello Stato islamico che ha accusato «i cani del fronte Al Nusra di aver rilasciato le donne crociate italiane e di uccidere i simpatizzanti dello Stato islamico». Mentre un altro islamista ha ipotizzato che «in cambio delle due italiane sono state liberate donne musulmane detenute in Italia».