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 2015  gennaio 15 Giovedì calendario

Secondo Edward Luttwak se l’intelligence francese volesse evitare altri “fattacci”, dovrebbe prendere lezioni da quella italiana. «Voi siete stati vaccinati dall’esperienza con le Brigate Rosse»

Se l’intelligence francese volesse evitare altri “fattacci”, dovrebbe prendere lezioni da quella italiana. È raro che Edward Luttwak tessa le lodi di qualcuno, soprattutto quando si parla di lotta al terrorismo, ma l’esperto di geopolitica e strategia militare noto in tutto il mondo pensa che l’Italia abbia un vantaggio sugli altri Paesi: «Voi siete stati vaccinati dall’esperienza con le Brigate Rosse», dichiara al Messaggero in un’intervista telefonica dalla Bolivia.
Ci spieghi, come può il nostro passato vaccinarci contro il terrorismo islamico?
«Pensate: l’Italia è stata vicina agli Usa nella guerra in Iraq, eppure a essere vittime del terrorismo sono state la Spagna, la Francia, la Gran Bretagna. Perché in Italia l’intelligence non soffre di nessuno dei mali che affliggono lo Stato. Tanto lo Stato è inefficace, costoso e frantumato, tanto l’intelligence è seria, funzionante e solidale. Quei corpi che non collaborano nella lotta al crimine comune – polizia, carabinieri, guardia di finanzia, perfino i vigili urbani – poi sono compatti nella lotta al terrorismo».
Ci può fare un esempio che possa rassicurare i nostri cittadini?
«Per esempio: gli stessi vigili che a Venezia lasciano che i vu cumprà mettano fuori le loro Prada finte, gli stessi vigili che a Napoli chiudono un occhio davanti alle macchine parcheggiate alla rinfusa, poi però conoscono il loro territorio, la loro gente. Se di colpo un vu cumprà compare con una barba lunga, se la moglie si mostra avvolta nello hijab nero, ecco che per loro questo è un segnale. Ed è un segnale! Non è una moda, è un segnale di radicalizzazione».
E questo basta?
«L’intelligence italiana ha una metodologia diversa. I francesi e molti altri Paesi guardano e proteggono gli edifici a rischio. Gli italiani – proprio per il loro passato con il terrorismo nazionale – hanno imparato la pratica della controsorveglianza. Cioè: bisogna controllare chi guarda gli edifici, chi li studia troppo insistentemente. Possibile che a Parigi le guardie che proteggevano Charlie Hebdo non avessero notato che dei tizi barbuti passavano e ripassavano e controllavano la strada? Io sono certo che se fosse successo in Italia, le guardie lo avrebbero notato, e spesso – si badi – in Italia sono guardie in borghese, proprio per il principio di sorvegliare in modo anonimo chi stia facendo controlli o studi sospetti di possibili bersagli».
Quali sono gli errori più comuni nella lotta al terrorismo?
«Il voler essere indulgenti. Voler credere che un’improvvisa lunga barba, un improvviso hijab siano un’espressione di moda, non un segnale di radicalizzazione. Un altro errore è voler trattare certe moschee dove sappiamo che il predicatore invoca la violenza alla stregua delle chiese o dei centri buddisti. Laddove ci siano più di cento fedeli riuniti, ci deve essere anche un informatore. Se il predicatore invoca la violenza, l’agente fa rapporto, il predicatore violento viene convocato e deportato. Negli Stati Uniti, ogni volta che ci sono tre musulmani estremisti riuniti, almeno uno è un informatore. L’Fbi effettua un eccellente lavoro di sorveglianza».
È giusto mantenere la libertà di movimento, l’accordo di Schengen?
«È giusto tenere gli occhi aperti. Quando la giovane francese coperta dallo hijab è arrivata in Turchia, la guardia di frontiera doveva essere sospettosa. Una giovane francese con l’hijab non è una moda, lo ripeto! Invece la Turchia ha questo atteggiamento di indulgenza causato da Erdogan stesso, che fa discorsi che sprizzano disprezzo per l’Occidente e esprimono rispetto per chi rifiuta di adattarsi ai valori occidentali. Erdogan ha creato un’atmosfera per cui poi una guardia all’aeroporto di questo Paese – che è un corridoio del terrorismo – non batte ciglio davanti a quella donna e al suo passaporto...».
Lei crede ci sia davvero un’alleanza fra al Qaeda e Isis?
«Questi sono giovani che abbracciano la violenza nel nome dell’Islam, e poi adottano l’etichetta del momento. Volete aiutare a sconfiggerli? Mi rivolgo al Pontefice, a Cameron, a Obama: smettete di sottolineare che l’Islam è una religione di pace e aiutate piuttosto i tanti genitori che vogliono mandare i propri figli alle scuole laiche, invece che musulmane. Aiutateli e crescere figli liberi e non indottrinati».