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 2015  gennaio 15 Giovedì calendario

E le vignette di Charlie Hebdo conquistano anche le banlieue musulmane. Viaggio tra le edicole di Parigi

Allons enfants, tutti a comprare «Charlie Hebdo». A patto di trovarlo, però. Perché le 700 mila copie diffuse ieri sono sparite alla velocità della luce, con scene che si pensava di non rivedere più per un giornale di carta: code davanti alle edicole prima ancora che aprissero, litigi e spintoni quando l’hanno finalmente fatto, aste su eBay delle poche copie disponibili. Frenesia, ressa, entusiasmo. Charliemania.
Dopo la caccia al giornalista da parte dei terroristi, la caccia al giornale da parte dei francesi. Un modo, spiegano molti, per non darla vinta agli assassini e manifestare solidarietà alle loro vittime. E anche di avere una testimonianza di un caso raro, e francamente si spera unico: quello di un settimanale in edicola una settimana dopo che la sua redazione è stata massacrata.
Ore 7 e 30, edicola di place du Palais Royal, primo arrondissement. Eric, il giornalaio, ha esposto il cartello «Il n’y a plus de Charlie» più di un’ora prima. Ma quante copie ne aveva? «Settantacinque, sparite in un quarto d’ora». E adesso? «Ne ho chieste altre 600, ma arriveranno domani». Ma i parigini il loro «Charlie» lo vogliono oggi. In place de la Bourse, secondo arrondissement, c’è la fila fuori dal «kiosque». Quindi ci saranno delle copie. «Mais non! – sbuffa Amin -. Sto raccogliendo le prenotazioni per domani».
A casa dei killer
Vabbé, questo è il centro più centro. Proviamo in una banlieue ad alta densità di musulmani. Una non a caso: Genevilliers, dove abitavano i fratelli Kouachi, i killer di quelli di «Charlie». All’edicola della metro, stazione di Gabriel Péri, l’edicolante è sull’orlo di una crisi di nervi. In effetti, in tre minuti entrano cinque persone per chiedere il loro «Charlie». Proviamo in città: pare ci sia una rivendita dentro il supermercato Carrefour che apre alle nove. Ci si arriva dopo strade di palazzoni squadrati, grigi e inquietanti come quelli degli architetti di Ceausescu e di negozi con nomi tipo «Halal Fried Chicken». Le donne sono quasi tutte velate.
Giunti al Carrefour dopo quattro passi nella desolazione, ci si ritrova improvvisamente nei «Promessi sposi», l’assalto al forno delle Grucce. Nella ressa per accaparrarsi i «Charlie», la gente rischia di sfasciare la vetrina e rovescia gli espositori. Interviene la sicurezza, vola qualche parola grossa, poi si scopre che è tutto inutile perché anche qui il giornale è sparito nel giro di cinque minuti. In compenso, delle donne in fila nessuna è velata e una, molto professoressa democratica, con il suo badge «Je suis Charlie» al bavero («Il nome? No, non lo metta, inizio ad avere paura») ne approfitta per sfogarsi: «Con i musulmani non so come finirà. Domenica alla “manif” a Parigi non è venuto nessuno di quelli che conosco, capisce?, nes-su-no. La République e i suoi valori non interessano». Magari politicamente non correttissimo, ma efficace: scene da un’integrazione che non funziona più, concesso e non dato che l’abbia mai fatto.
Una boccata d’ossigeno
Torniamo in città. Fuori dalla metro di Barbès-Rochechouart, quartiere arabissimo, il «kiosque» ha tutti i quotidiani algerini ed egiziani, ma del Maometto piangente sulla copertina di «Charlie» nessuna traccia, e non per censura. Nuove copie? «Domani, si spera». Inshallah. In effetti, dovrebbero arrivare. La tiratura era stata prima annunciata di un milione di copie, che poi sono diventati tre e infine cinque. Da oggi per chi legge, ne verranno distribuite 500 mila al giorno.
Tutto ossigeno per «Charlie», che prima del massacro era in crisi di vendite e di fondi. Anche qui è scattata la solidarietà. Le offerte hanno raggiunto quota 945 mila euro, gli abbonamenti hanno superato i 100 mila (uno l’ha sottoscritto dalla California anche Arnold Schwarzenegger), il ministero della Cultura ha promesso un milione di euro, la General Electric ordinato 10 mila esemplari. Per il primo milione di copie, distributori ed edicolanti hanno rinunciato alla loro percentuale, che andrà alle famiglie delle vittime.
Intanto, e sono ormai le dieci passate, la gente che entra nell’edicola di rue des Petits-Champs, zona Opéra, si limita a chiedere: «L’avez-vous?». «Charlie» è sottinteso. Ovviamente, il gerente Frédéric non l’ha, perché adesso è più facile trovare un porcino al Colosseo che una copia di «Charlie» in tutta la Francia. Tanto che la gente esaurisce anche «Le Canard Enchaîné» e «Libération», che hanno fatto una prima-omaggio per i colleghi. Bentornato, «Charlie».