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 2014  dicembre 24 Mercoledì calendario

Alla fine la Sony decide di sfidare gli hacker di Kim Jong-un e lancia nelle sale a Natale The Interview, il cinepanettone americano più rumoroso della storia. Obama e la Rete applaudono la decisione

Potrà essere ricordato come il «cinepanettone» americano più rumoroso della storia. Parliamo di «The Interview» la pellicola satirica che racconta l’attentato alla vita di Kim Jong-un. Dopo aver ritirato il film, in seguito all’attacco hacker prezzolato dal regime nordcoreano, Sony Entertainment Pictures ci ha ripensato. E quindi non solo «The Interview» sarà proiettato in alcune sale degli Stati Uniti, ma il suo esordio avverrà proprio il giorno di Natale. Quale migliore promozione per una pellicola che ha creato attenzioni planetarie ancor prima di essere divulgata.
«Non abbiamo mai rinunciato all’uscita del film», ha affermato l’amministratore delegato di Sony Pictures, Michael Lynton. «Siamo orgogliosi di renderlo disponibile al pubblico – ha proseguito – e di aver resistito a chi ha cercato di sopprimere la libertà di parola». Allo stesso tempo il Ceo ha assicurato che proseguiranno «gli sforzi per assicurarci più piattaforme e più sale, in modo che il film raggiunga la più grande audience possibile». Lo sblocco dell’impasse sembra sia avvenuto grazie al passo in avanti compiuto da alcuni distributori, che si sono detti pronti a ospitare nelle sale il film, nonostante le minacce. L’iniziativa è stata accolta con favore dalla Casa Bianca che plaude all’iniziativa. Nei giorni scorsi Obama aveva apertamente criticato la decisione di ritirare la pellicola definendola «un errore».
Le reazioni in Rete
Ad applaudire è anche la Rete, e in particolare Twitter su cui molti parlano di «vittoria contro i terroristi che hanno minacciato l’uscita del film». C’è però anche chi fa polemica, mettendo in evidenza come la storia degli attacchi possa essere stata usata solo a scopi promozionali.
L’annuncio della Sony è arrivato proprio mentre la rete Internet nordcoreana subiva una nuova interruzione, dopo il black-out di lunedì. Secondo alcuni esperti, si tratta di una ritorsione da parte degli Usa agli attacchi degli hacker al servizio di Pyongyang. Washington non conferma né smentisce, mentre i «cyber-warrior» di Anonymous – che avevano promesso azioni punitive – rivendicano l’attacco. Il presidente Obama del resto aveva detto chiaramente che gli Usa avrebbero risposto in maniera «proporzionata» agli attacchi, e questo potrebbe essere proprio il caso. Una portavoce del Dipartimento di Stato si è invece limitata a dire che delle rappresaglie americane, «alcune si vedranno, altre no».
L’ombra di Pechino
Il giallo del black-out nordcoreano potrebbe essere anche più intricato, spiegano alcuni osservatori, visto che tra i potenziali autori ci sarebbe anche la Cina. Il sistema Internet della Corea del Nord transita nei canali di un’azienda cinese chiamata China Unicom, e Pechino è da tempo infastidita dagli eccessi del giovane leader. Il Paese del Dragone non commenta, ma nelle ultime ore aveva sollecitato un contatto diretto fra Usa e Corea del Nord, «al fine di comunicare fra loro su questi problemi». E forse il sabotaggio alla rete Internet potrebbe essere un incentivo trasversale affinché Kim Jong-un prenda in considerazione il suggerimento del suo alleato.