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 2014  dicembre 24 Mercoledì calendario

L’Ucraina vuole aderire alla Nato, la Russia s’infuria e lancia l’Unione euroasiatica. Ora sarà certamente difficile il lavoro di Francia e Germania che dovrebbero agire da mediatori nel corso delle trattative previste a Minsk, in Bielorussia

La decisione del Parlamento ucraino è arrivata proprio alla vigilia di quello che doveva essere il round decisivo dei colloqui di pace tra Kiev e i separatisti: il Paese abbandona il suo status di non-allineato e imbocca la strada dell’adesione alla Nato. Una strada assai lunga e incerta che però ha già suscitato vivaci reazioni in Russia. E che renderà certamente difficile il lavoro di Francia e Germania che dovrebbero agire da mediatori nel corso delle trattative previste a Minsk, in Bielorussia.
La Rada, nella quale la parte russofona del Paese non è praticamente più rappresentata da quando il Sudest ha dichiarato la secessione, ha votato quasi all’unanimità con soli nove contrari. Kiev intende così avvicinarsi sempre più all’Occidente e all’Europa, come ha detto il presidente Petro Poroshenko. Da Bruxelles la Nato ha fatto sapere che «le porte sono aperte» anche se in realtà molti Paesi membri giudicano l’ipotesi di adesione dell’Ucraina piuttosto pericolosa, visto lo stato delle relazioni con la Russia. In ogni caso Kiev non è attualmente nelle condizioni economiche, civili e militari per poter essere accettata nell’Alleanza. In più, il fatto che ci sia un conflitto armato all’interno del Paese (con oltre 4.700 morti fino ad ora), rende praticamente impossibile l’ingresso nell’organizzazione atlantica.
È chiaro che a questo punto sarà comunque molto più difficile, per non dire impossibile, raggiungere una intesa con i separatisti che vedono come il fumo negli occhi l’ipotesi Nato. Inoltre è bene ricordare che in epoca non sospetta, prima dello scoppio del conflitto, buona parte della popolazione ucraina si era espressa contro l’adesione all’alleanza militare.
Il Parlamento ieri ha anche votato una mozione per impegnare il governo a chiedere l’espulsione della Russia dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Altra iniziativa che non contribuirà certo ad allentare la tensione. Questo mentre la tregua decisa all’inizio del mese sembrava tenere, nonostante sporadici scontri e sparatorie.
Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha definito il voto della Rada «controproducente e certamente non nell’interesse dell’Ucraina». Lavrov ha detto che le decisioni prese oggi «rafforzano il partito della guerra a Kiev». Il primo ministro Dmitrij Medvedev è andato oltre, sostenendo che l’avvicinamento alla Nato «trasforma l’Ucraina in un potenziale avversario militare della Russia». Secondo il premier, il suo Paese «dovrà reagire».
Le trattative di pace che iniziano oggi dovrebbero risolvere due punti cruciali. I separatisti vogliono che Kiev riprenda il trasferimento di fondi statali alle aree sotto il loro controllo, mentre il presidente Poroshenko chiede che vengano annullate le elezioni tenute nelle scorse settimane sotto il controllo dei filorussi. Ma ora sarà assai difficile arrivare a un compromesso.
Proprio mentre la Rada votava, a Mosca Putin celebrava la creazione ufficiale dell’Unione economica euroasiatica alla quale avrebbe dovuto partecipare anche l’Ucraina. Ne fanno parte invece, oltre alla Russia, solo Kazakistan, Armenia, Kirghizistan e Bielorussia.

Fabrizio Dragosei

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L’Ucraina nell’Unione Europea, per la Russia, è un brutto sogno. Ma l’Ucraina nella Nato è semplicemente un incubo. Il primo ministro di Mosca Dimitrj Medvedev ha subito avvertito che ci saranno «conseguenze» al voto con cui Kiev ha abbandonato il suo status di neutralità. Perché un’Ucraina inserita nelle strutture militari occidentali sarebbe vista dal Cremlino come una minaccia strategica diretta. Si può dire che tutta la politica estera russa negli ultimi dieci anni è stata una reazione a quello che è stato percepito come un tentativo di accerchiamento da parte dell’alleanza euro-americana: un tentativo portato avanti attraverso le cosiddette «rivoluzioni colorate» che hanno attraversato i Paesi ex sovietici, dalla Georgia al Kirghizistan. Di più, la politica di «partnership orientale» dell’Unione Europea, mirata a offrire un ancoraggio economico e politico ai Paesi usciti dall’Urss, è stata letta come una deliberata erosione della tradizionale sfera d’influenza russa: una strategia cui Mosca ha risposto lanciando la propria Unione euroasiatica. Ora, è vero che quella presa ieri dal Parlamento di Kiev è una decisione sovrana: come ha detto nel recente passato Barack Obama, è tramontata l’epoca delle sfere d’influenza e del diritto di veto sui propri vicini. Se l’Ucraina chiede liberamente di entrare nella Nato e nell’Unione Europea, ha tutto il diritto di farlo. Ciò non toglie che il tempismo dell’iniziativa rischia di essere controproducente. In questo momento la Russia è in un angolo: il crollo del prezzo del petrolio e le sanzioni occidentali hanno spinto l’economia in recessione, il rublo è in caduta libera, la fuga di capitali ha raggiunto proporzioni spaventose, molte aziende e banche sono sull’orlo della bancarotta per l’eccessivo indebitamento. In queste condizioni il rischio è quello di un colpo di coda di Vladimir Putin, che potrebbe essere tentato di rilanciare pericolosamente la sfida per uscire dalla trappola. E la prima vittima della reazione sarebbe sicuramente l’Ucraina.
Luigi Ippolito