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 2014  dicembre 24 Mercoledì calendario

Anche la Germania scopre i populisti. La loro sigla è “Pegida” e si definiscono patrioti. In nome dei “veri valori nazionali” riempiono le piazze. Ce l’hanno con i migranti, gli islamici e la “stampa bugiarda”. Cantano inni e urlano slogan rubati agli eroi che nell’89 fecero cadere il Muro: “Noi siamo il popolo”. Poche le teste rasate: per la maggior parte sono padri di famiglia. Ma fanno paura in un Paese che dal 1945 a oggi non aveva conosciuto movimenti di destra così grandi

Erano in tanti, più di quanti siano mai stati, e ogni volta sono più numerosi. Eccoli di nuovo in piazza – “passeggiata”, cioè corteo, il lunedì – per scippare un simbolo delle manifestazioni coraggiose del mitico 1989 pro-Gorby e pro-libertà, e contro la dittatura. Diciassettemilacinquecento nella sola Dresda, altre migliaia altrove. «Wir sind das Volk!», noi siamo il popolo, rubando agli eroi dell’89 anche lo slogan. E non solo: «No a una Germania islamica», «Sharia fuori dall’Europa», «Ali Baba e i quaranta spacciatori vanno espulsi subito». Poi nel crescendo dell’emozione salgono al climax, «politici a casa, potere alle masse», prima di intonare motivi natalizi e poi l’inno nazionale. Germania, parte est, antivigilia di Natale: benvenuti nel cuore del nuovo Movimento anti islamico che crea folle di destra, per la prima volta dal 1945. Pegida, cioè Patrioti europei contro l’islamizzazione dell’Occidente, si chiama. Die Bewegung, lo ribattezzano i pessimisti, come John Le Carré battezzò l’immaginaria rivolta nazionale contro gli alleati in A small town in Germany. E cresce la resistenza dei democratici: da Monaco con dodicimila in piazza a Bonn, da Wuerzburg a Kassel alla stessa Dresda, progressisti, sinistra alternativa e borghesia colta sfilano al suono di musiche multietniche gridando contro i «nuovi vomitevoli fascisti».
Feste amare per la zarina d’Europa Angela Merkel: in piena tempesta di eurocrisi e scontro con Roma e Parigi, la Germania riscopre piazza e proteste, e la cancelliera affronta il rischio di un embrione di Front National in salsa tedesca. Un incubo in più per i partner, e sui media (che lo condannano e combattono) una resurrezione dell’eterno “tedesco cattivo”.
Era stracolma, la suggestiva Theaterplatz di Dresda dove si affacciano la Semperoper, lo Zwinger e le maestose chiese. A poco o nulla è servita l’idea dell’Opera e del Comune, di oscurare la piazza spegnendo illuminazione pubblica e candelabri del Teatro. 17.500 persone pigiate ma calme a chiedere politiche dure anti-migranti, un mare di bandiere al vento freddo del pur mite inverno, ma solo bandiere nazionali postbelliche, o quelle dei Bundesländer, più una svedese e una norvegese, solidarietà dei populisti del nord. Mobilitazione e festa, comizio, slogan, birra dolci o vino caldo del mercatino di Natale dietro l’angolo. Niente vessilli del Reich o imperiali, non una svastica, non un simbolo apertamente razzista o antisemita. Folla di gente normale: più uomini che donne, ma molti giovani, coppie e famiglie con bambini. Teste rasate? Poche, qua e là miste nella folla, ma a bocca chiusa e senza distintivi. Con la mia faccia mediterranea ho passeggiato per ore nella folla e nessuno mi ha insultato con parole razziste.
«I media bugiardi c’ignorano, perché diciamo la verità», esordisce il leader Lutz Bachmann, elettrotecnico, fedina non pulita, «basta con la stampa bugiarda!», esclama lui che nega ogni intervista. «Noi siamo per i veri valori tedeschi, oggi Neukoelln (il quartiere turco di Berlino, ndr) è dappertutto, spendono tutto per i profughi e se ne infischiano dei nostri anziani poveri. Noi lottiamo per il futuro dei nostri figli». Applausi, slogan ritmati. Un giovane rasato mi parla sorridente: «Sei italiano, no? Ho un amico da voi nel Sud, so che anche giù da voi soffrite per l’invasione incontrollata dei migranti». L’altra Dresda tenta di ribellarsi: coi quattromila giovani e borghesi illuminati del contro corteo. E con le scritte che un beamer piazzato dal Comune proietta sulla facciata della Semperoper: «Aprite i cuori, aprite gli occhi, apriamoci a chi fugge», o ancora «La dignità della persona umana è inviolabile, al suo rispetto va subordinato l’esercizio d’ogni potere» (articolo 1 della Costituzione federale, ndr).
Fischi e «buuuh» in risposta, e poi ancora, scandito, «Wir sind das Volk! Wir sind das Volk!». Contandoli in piazza, Pegida vince.
«I politici non sanno più ascoltarci, ma noi sappiamo farci sentire», continua Bachmann. È il suo momento trionfale: quando ha fondato su Facebook la sua Bewegung, forse non sperava di muovere tali folle. Specie a Dresda, suo bastione. Preferiscono non farsi citare per nome, non si fidano. Si sfogano, però. «Basta con la marea umana dei migranti», mi dice un 48enne. E accanto a lui, un uomo sulla sessantina e una giovane donna evocano spettri del passato: «E basta con l’America e la Nato che ci spingono contro la Russia e ci coinvolgono in ogni guerra, e ognuna di queste guerre porta più profughi da noi».
«Razzisti, fate schifo, Dresda non è vostra», echeggiano da lontano gli slogan dei quattromila avversari. Pochi tafferugli, la polizia presidia il centro in forze dal mattino. «Non capiscono nulla, siamo noi la gente normale», mi dicono due padri di famiglia. Uno è venuto apposta dalla vicina Grimma, l’altro dalla Baviera, «per curiosità, a festeggiare qui Natale festa della Famiglia con loro che dicono cose che molti tedeschi pensano e si tengono dentro. Sì, sentiamo nostalgia d’identità tedesca». E altri, più agitati: «Assaltano caffè a Sidney, massacrano bimbi in Pakistan... volete questo anche da noi, o che avvelenino il cibo?».
La Germania istituzionale reagisce, ma con voci singole. Il ministro della Giustizia Heiko Maas parla di «vergogna nazionale», l’ex cancelliere Schroeder invita a una «mobilitazione dei Giusti, come le Lichterketten nei primi ‘90 contro il neonazismo». Merkel in persona ha chiesto «tolleranza zero per qualsiasi propaganda di odio o razzismo». L’allarme è al calor bianco. E a Pegida si affiancano, o tentano di confluirvi, altre correnti antisistema: neonazi col manganello lasciato a casa, hooligans di tifoserie di destra. O parte di Alternative für Deutschland (AfD), il nuovo partito euroscettico in ascesa. «Molte delle loro richieste esprimono esigenze legittime», dice il suo leader, il freddo, preciso professor Bernd Lucke. E il suo vice Alexander Gauland, columnist di grido, esegeta dell’autocrate ungherese Viktor Orbàn e della sua «giusta fierezza nazionale», era entusiasta a Dresda in piazza. «Siamo alleati naturali di questa Bewegung».
Così l’Europa va verso il Natale, senza sapere quale dei suoi due volti che si contendono le piazze avrà domani la Germania. «Denk ich an Deutschland in der Nacht, dann bin ich um den Schlaf gebracht»: pensare alla Germania nella notte mi fa perdere il sonno, scrisse il grande poeta e patriota democratico Heinrich Heine.