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 2014  dicembre 24 Mercoledì calendario

Un derby di Coppa Italia primavera tra Juventus e Torino, un campetto a Venaria, venti bestie feroci dietro una rete che gridano “ammazzati!” a un uomo – Gianluca Pessotto – che qualche anno fa tentò davvero il suicidio. Peggio è impossibile, più in basso non si va

Un derby tra ragazzi, un campetto di periferia, venti bestie feroci dietro una rete che gridano “ammazzati!” a un uomo – Gianluca Pessotto – che qualche anno fa tentò davvero il suicidio. Peggio è impossibile, più in basso non si va.
È successo sabato a Venaria, cintura torinese, e le immagini le avrete viste su Internet. Derby di Coppa Italia primavera tra Juventus e Torino, finisce 1-0 per i bianconeri. I giocatori stanno rientrando negli spogliatoi, e un gruppo di tifosi granata (età varia, c’è anche gente con i capelli grigi) comincia ad insultare Pessotto. «Gobbo di merda, devi morire, bastardo, buttati!». Lui si avvicina alla rete di protezione. «Ehi, gobbo di merda non si dice», prova a rispondere. Questo aizza ancora di più i venti cani rabbiosi, sotto lo sguardo di un bambino che osserva la scena dalla gradinata, inerme.
Da otto anni, Pessotto deve convivere con striscioni e insulti infami, gonfi della peggior violenza verbale possibile: quella che offende la morte e il dolore, della stessa risma di chi dileggia la strage dell’Heysel o la sciagura di Superga. Stavolta, però, i disgustosi autori erano lì di fronte a lui, in carne e ossa, e lo scenario non era uno stadio ma una partita del settore giovanile, dove in teoria dovrebbero crescere gli atleti e gli uomini di domani. Avvilente, un punto di non ritorno. Materiale da codice penale e da trattamento psichiatrico obbligatorio.
«Parole inaccettabili, però il filmato non mostra i nostri tifosi provocati, offesi e derisi da alcuni giocatori della Juventus», dichiara Massimo Bava, responsabile del settore giovanile granata. «Il dramma è che ormai è normale vedere un diciassettenne che segna un gol e poi offende il pubblico avversario», dice invece Antonio Comi, direttore generale del Torino. «Come educatori abbiamo il dovere di impegnarci di più, se no è un fallimento».
Per una volta, forse, non è il caso di chiudere la questione con i soliti, pochi ultrà ingovernabili che non rappresenterebbero il consorzio civile. Pochi, d’accordo, ma se invece quei venti barbari raccontassero benissimo il clima più malato dello sport? Se fossero, come sono, non Ivan il terribile con le cesoie in mano a Marassi, ma personaggi che si possono incontrare ogni settimana in molti campetti del nostro paese? Quelli che insultano gli arbitri alle partite dei bambini (spesso lo fanno anche le mamme), quelli che alla fine danno la caccia all’arbitro per un gol annullato o un rigore non concesso. Quelli che non pagano quasi mai, perché nei campi di provincia non ci sono telecamere e poliziotti: stavolta però è diverso, e i loschi figuri che invitano Pessotto ad uccidersi sono identificabili uno per uno. Non sarebbe una cattiva notizia se nelle prossime ore venissero presi, denunciati, processati. E ovviamente rimessi troppo presto in circolazione, liberi di sfogare tutto il male e il vuoto di cui sono composti.