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 2014  dicembre 24 Mercoledì calendario

Dei 1.009 grandi elettori, quelli che decideranno chi sarà il prossimo presidente della Repubblica, 460 sono del Pd, 130 di Forza Italia, 70 del gruppone Ncd-Udc e gli altri sono dei gruppi minori. Con questi numeri, un candidato di Renzi può permettersi fino a 195 franchi tiratori senza veder compromessa l’elezione. Come se, in una finale dei mondiali ai rigori, una squadra potesse vincere il titolo sbagliando dal dischetto quasi due volte su cinque

Nell’agenda che Denis Verdini ha mostrato agli amici prima della pausa natalizia sono appuntate tre lettere e un numero. «Max 100». Ed è la stessa stima che risulta, in corrispondenza alla voce «possibili franchi tiratori», ai responsabili del pallottoliere del Pd. Lo dice anche il renziano Ernesto Carbone, che è tra questi ultimi. «Lasceremo per strada meno di cento voti. Nessuno ci ha fatto caso ma negli ultimi mesi, con le votazioni per la Consulta, abbiamo eletto 16 potenziali capi dello Stato. In ben 16 votazioni, infatti, il Parlamento a voto segreto ha superato quota 505 su un singolo nome». 
Sono 1.009 i grandi elettori che sceglieranno il successore di Napolitano. E a 505 è fissata l’asticella per eleggerlo dalla quarta votazione. Dei 1.009, circa 700 sono quelli che ufficialmente stanno sotto l’ombrello del Patto del Nazareno. Ci sono i 460 del Pd, i 130 di Forza Italia, i 70 del gruppone Ncd-Udc fino a quelli dei gruppi minori. Di conseguenza, un candidato formalmente espresso dalla maggioranza di governo più FI può permettersi fino a 195 franchi tiratori senza veder compromessa l’elezione. Come se, in una finale dei mondiali ai rigori, una squadra potesse vincere il titolo sbagliando dal dischetto quasi due volte su cinque. 
Che ci sia poco spazio per i franchi tiratori lo ammette anche Paolo Naccarato, il senatore autonomista che l’arte di come far pesare i voti in Parlamento anche oltre il loro valore aritmetico l’ha imparata da Francesco Cossiga: «Non è partita per franchi tiratori questa. Quand’anche fossero 150 non basterebbero a sabotare un candidato scelto da Renzi e Berlusconi. La partita si gioca sul nome. Più è di indiscussa levatura, più si riducono gli spazi per i giochetti». Uno schema su cui concorda anche Augusto Minzolini, che aggiunge un dettaglio: «Se Renzi trova il modo di garantire al Parlamento che non ci saranno elezioni anticipate, tutto sarà più semplice». 
Eppure, tra chi sta sotto l’ombrello del Patto del Nazareno, c’è chi affila le armi. 
«Se Berlusconi non ci dà le garanzie politiche che chiediamo», dice il fittiano Maurizio Bianconi, «i nostri voti per il Colle li useremo per farli fruttare al meglio. Alleandoci con chiunque, dai singoli ex montiani ai leghisti…». Partendo da che base? «Siamo in 40, 36 a viso scoperto, 4 in incognito. E possiamo crescere ancora…», risponde. Arrivare a 195, il quorum al contrario, il numero di franchi tiratori che servono a far saltare il banco, pare difficile. Almeno sulla carta. 
Due settimane fa, andando a trovare Berlusconi, l’ex ministro (centrista) Mario Mauro gli disse che «secondo me Alfano ha fatto il gruppone con l’Udc perché proverà a giocare in proprio». 
Oggi quelle sensazioni sono finite nel dimenticatoio. Merito della tenuta del Pd, ovviamente. Ma anche del lavoro di sponda tra Berlusconi e lo stesso Alfano. Che, secondo molte voci di dentro, nelle ultime settimane si sarebbero sentiti e forse anche incontrati. Il tutto per tenere i franchi tiratori il più possibile lontano da quel numero 195 che oggi sembra sempre più inarrivabile. Sembra.