Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  dicembre 19 Venerdì calendario

Il Parma è stato venduto! Anzi no, era tutto uno scherzo. La tragicomica vicenda che vede protagonisti un presidente che ha fretta, una misteriosa cordata russo-cipriota, un avvocato romano, un petroliere albanese e un gioielliere di Piacenza. Così il calcio italiano finisce in farsa

Riassumiamo. Il Parma è in vendita. All’inizio di dicembre sembra già tutto concluso con una fantomatica «cordata russo-cipriota». Forse dietro le quinte manovra il petroliere albanese Rezart Taçi, 43 anni. Un avvocato romano, Fabio Giordano, 36 anni, direttamente coinvolto nei negoziati, viene indicato come futuro vicepresidente esecutivo; si presenta allo stadio Tardini e nello spogliatoio. Il titolare di un negozio di gioielli di Piacenza, Pietro Doca alias Petrit Doka, 43 anni, origini albanesi, è il presidente in pectore. La firma dell’intesa viene annunciata, tre giorni fa, sul sito del Parma con tanto di virgolettato di Doca che poi però alle agenzie di stampa nega tutto. E ieri lo ha ribadito: «Nessun atto ufficiale, non è stata firmata alcuna compravendita». Il presidente del Parma Tommaso Ghirardi (39 anni) s’arrabbia e conferma «la conclusione dell’accordo per la cessione delle azioni». Ma i bonifici non sono arrivati. È una farsa di comunicati e dichiarazioni ufficiali che si smentiscono da soli. E oggi a Parma è prevista una conferenza stampa del presidente in carica ma senza Doca.
Giornate complicate per Ghirardi, in sella da 7 anni e con una gran fretta di vendere tanto da accreditare una banda di fantasmi, piccoli commercianti e faccendieri.
Giordano fin dall’inizio è la «faccia» degli ignoti (e presunti) acquirenti. Doca è invece il nome uscito nelle ultime ore: è socio al 50% della Taci Oil Italia, una scatola vuota, sempre in perdita e in liquidazione. Un «brav’uomo», dicono a Piacenza. Ma senza esperienza né competenza per guidare una società sportiva di quel livello.
Ciò rende ancor più centrale e strategico il ruolo del candidato vicepresidente esecutivo Giordano, studio legale a Roma ma iscritto all’albo di Paola (Cosenza) dove c’è un legale ogni 16 abitanti. A settembre insieme a Taçi ha firmato due assegni della Deutsche Bank per costituire a Roma la società Med Oil (80% Taçi). Ulteriore e concreto indizio sulla pista albanese. Giordano, che ha una certa dimestichezza con le operazioni off-shore sull’asse Svizzera-Panama, si porta dietro una scia di aziende di proprietà (commercio carburanti e gestione di stabilimenti balneari) abbonate alle perdite, in liquidazione, con bilanci inconsistenti o con le azioni in pegno alle banche. Ma non solo. La Feder Petroli International, gestita con il padre, è fallita nel 2011. L’avvocato, poi, è «fallito in proprio», in quanto socio accomandatario al 79%, nel dissesto della Giordano Fabio sas dichiarato il 4 aprile 2014.
Se la qualità e lo spessore dei nuovi proprietari si vedono da chi li rappresenta, per ora il quadro non è rassicurante. Quasi come la classifica del Parma o i suoi conti. E qui allunghiamo lo sguardo sul secondo socio (10%) e sponsor da 25 milioni in 10 anni, accordo firmato appena otto mesi fa. Energy Ti Group sta già facendo marcia indietro: casse vuote e l’azionista lussemburghese ha tirato i remi in barca, complice anche un «buco» da 130 milioni in un’altra controllata, accusata dal collegio sindacale (le carte sono in Tribunale) di gravissime irregolarità gestionali. Censurata, tra l’altro, una compravendita di opere d’arte che avrebbe arricchito senza motivo la società sponsor del Parma. Ora Energy deve restituirle.
Ma la crisi era prevedibile già otto mesi fa. Forse Ghirardi e i suoi consiglieri, allora come oggi, avevano fretta.