Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  dicembre 19 Venerdì calendario

L’accordo tra Obama e Castro significa anche la fine del contrabbando di sigari cubani? In ogni caso il problema insuperabile rimane la cultura proibizionista americana che vieta di fumare ovunque

La rivista Cigar Aficionado esulta, con cautela. Il disgelo delle relazioni diplomatiche tra Usa e Cuba non permette ancora di precipitarsi dai pochi tabaccai superstiti e far rifornimento di Cohiba, Trinida, Romeo y Julieta o Upmann. I reporter di Cigar Aficionado chiamano il ministero del Tesoro per avere chiarimenti, per ora freddini: Obama permette di portare fino a 100 dollari in sigari a chi viaggia da Cuba agli Stati Uniti, ma poiché nessuna scatola da 25 sigari – confezione standard – ha quel prezzo, non resta che comprare sigari sfusi al mercato nero, spesso imbottiti di segatura o scarti di tabacco.
«Il frutto proibito»
Il sigaro cubano, ammette il direttore Marvin Shanken, «è il frutto proibito, speriamo che arrivi presto il giorno in cui ogni cittadino possa goderne legalmente». È così forte il fascino del fumo da sigaro, pur nella cultura proibizionista Usa che vieta oggi di fumare ovunque, che la classifica di Cigar Aficionado viene svelata giorno per giorno, con i fan ansiosi di sigari che non potranno avere senza contrabbando. Nel 2013 la vittoria va al cubano Montecristo N.2. Gli esperti fumano senza vedere l’etichetta dei sigari, «test alla cieca», giudicano gusto, aroma, reazione alle dita. Il punteggio va da 0 a 100 e il 96 del Montecristo 2013 è record.
In fondo alla classifica
Ieri la sorpresa. A 24 ore dalla storica apertura tra Barack Obama e Raul Castro, Cigar Aficionado completa la classifica e nessun sigaro cubano è tra i primi tre. Reazioni furiose sul web, ma il risultato anticipa il futuro all’Avana, una volta che l’embargo cadrà, malgrado le resistenze del Congresso repubblicano. Sigaro Campione 2014 è, per la prima volta, l’Oliva Serie V Melanio Figurado, sigaro del Nicaragua (foglia involucro dall’Ecuador). Melanio Oliva è marchio storico, nato a Pinar del Rio, Cuba, nel 1886. Nel 1964 Fidel Castro scaccia Gilberto Oliva senior, che trasferisce l’azienda in Honduras. Tempi duri, il contante manca e si fa ricorso a tabacco del Nicaragua. Oggi gli Oliva, secondo brand del Paese, espongono fieri la storia di cubani emigranti al sito www.olivacigar.com.
Il sigaro medaglia d’argento infuria l’industria cubana. È l’E.P. Carrillo La Historia E-III e spiega la rivoluzione cubana, la sua utopia, caduta e diaspora come un Manuale. Ernesto Perez-Carillo debutta in un minuscolo sigarificio nel cuore della Miami cubana, Little Havana, Calle Ocho. Per la propaganda di Castro sono «gusanos», vermi, ma «La Gloria Cubanas» si fa amare, due dollari a sigaro, clienti felici. Il fondatore rivende il marchio, ne fonda uno nuovo con i figli, nasce La Historia. Tabacco da Messico, Honduras, Repubblica Dominicana e Nicaragua, tradizione cubana familiare, miscela globale. Cuba comunista scopre che il monopolio più sacro della Rivoluzione, con basco e barba del Che, il sigaro, è conquistato dal Nemico Mercato. L’etichetta dei sigari La Historia, con le immagini struggenti della Nonna a Pinar del Rio, Cuba, e la Nipote a Miami, fa da Manifesto al Futuro Cubano.
Al terzo posto un sigaro del Nicaragua dal nome romantico, Illusione Fume D’Amour Clementes, prodotto da Dion Giolito in Nevada. Al quarto posto, solitario, l’Hoyo de Monterrey Epicure Especial, sigaro cubano di nuova generazione, meno sontuoso degli antenati, più elegante, destrutturato si direbbe di un vino. Fino al decimo posto la classifica che condizionerà gli acquisti di Natale ha solo Nicaragua, Ecuador, Messico, Repubblica Dominicana.
Il sigaraio di VI Avenue
Cari amici cubani benvenuti nel presente. Leggendo Cigar Aficionado ricordavo che ogni venerdì, dal tabaccaio di New York La Concha, VI Avenue, arriva il sigaraio cubano. È un omino piccolo, apre in vetrina un minuscolo desco di legno, stende le foglie di tabacco, larghe, umide, aromatiche, e confeziona sigari. In poche parole, narra la sua storia, nato a Cuba, emigrato come tanti dalla rivoluzione 1959, da sigaraio usa tabacco coltivato nella Repubblica Dominicana «nato da semi cubani».
La leggenda ricorda le ragazze cubane che rollavano le foglie sulla coscia nuda, un brivido di erotismo glissando sulla fatica operaia. A farmi ammirare il sigaraio cubano della Sesta Avenue non è il gusto per i «puros», i sigari. È la sua lotta per l’identità. Via dall’Avana, è il sigaro «da semi cubani» il legame alla Patria. Patria o Muerte, Venceremos, Hasta la Victoria Siempre, slogan frusti dopo repressione, carcere speciale, povertà, prostituzione, si riscattano in America per lui nel fumo azzurrino del sigaro.
La sua dignità, preservare la fede in un sigaro, è un miracolo. Guardandolo penso che nella libertà perfino i sigari cubani miglioreranno. In attesa della democrazia all’Avana non resta dunque che aspirare a sigari da «semi cubani», fumati nell’ultimo parco di New York che ancora lo permette. Quale? Non posso dirlo in pubblico, scrivetemi www.riotta.it o twitter @riotta per l’indirizzo. El Pueblo Fumador Unido Jamás Será Vencido.