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 2014  dicembre 18 Giovedì calendario

La guerra fredda tra gli Stati Uniti e Cuba è finita ieri con un gran discorso di Obama e l’annuncio che l’embargo verso l’isola è cessato, che vi sarà lo scambio di ambasciatori e che si darà il via a normali relazioni commerciali e diplomatiche, con vantaggi evidenti per i cubani, ma anche per il resto del mondo

La guerra fredda tra gli Stati Uniti e Cuba è finita ieri con un gran discorso di Obama e l’annuncio che l’embargo verso l’isola è cessato, che vi sarà lo scambio di ambasciatori e che si darà il via a normali relazioni commerciali e diplomatiche, con vantaggi evidenti per i cubani, ma anche per il resto del mondo. La tensione tra americani e Fidel Castro dura da 53 anni, e ha messo almeno due volte in pericolo la pace, al tempo di Kennedy. Anche se le aperture reciproche datano dal 2009 e, dopo la caduta del Muro, la fine dell’Unione sovietica e da ultimo la morte del dittatore Chávez, Cuba era apparsa sempre meno come una fonte di pericolo, bisogna considerare lo storico passo avanti di ieri come un importante segnale di pace, tanto più significativo in un momento in cui il mondo, a Oriente, passa da un bagno di sangue all’altro.

• Quali sono stati gli ultimi passi della pacificazione?   Nel 2009 i cubani avevano messo in galera un uomo d’affari americano che si chiama Alan Gross. Adesso lo hanno liberato, e in cambio Obama ha consegnato loro tre cubani accusati di spionaggio. Questo scambio ha fornito un buon pretesto per l’annuncio clamoroso. Obama ha pronunciato uno dei più bei discorsi della sua carriera e ha chiuso con successo una pratica ricca di implicazioni geopolitiche. Cuba, per il resto del Sud America, è sempre stato una specie di faro. Un recupero americano – non solo politico ed economico, ma anche culturale – può avere conseguenze enormi. Obama ha concluso il suo discorso con una frase che passerà alla storia e può avere un grande impatto sul resto del continente: «Todos somos americanos».

• Prima di sentire il discorso, spieghiamo che cos’è l’embargo. 
  Gli americani avevano tentato quattro invasioni di Cuba, poi si erano accontentati di un presidente fantoccio, il generale Batista, che governava tramite corruzione, prostituzione e gioco d’azzardo. Nel 1959, Fidel Castro rovesciò Batista, Kennedy tentò un’invasione dell’isola (crisi della Baia dei Porci, 1961), Castro per rappresaglia offrì l’isola ai missili sovietici, che Kennedy fermò schierando la flotta americana contro la flotta russa, a cui Kruscev diede alla fine l’ordine di tornare indietro. Dopo questo episodio (1962), la Casa Bianca decise le sanzioni, o embargo: era proibita l’importazione di qualunque prodotto cubano, era vietato alle aziende americane e alle loro divisioni estere di avere relazioni commerciali con l’isola. Era vietata ai privati cittadini anche ogni transazione finanziaria con i cubani. Regime molto duro che ha contribuito alla miseria dell’isola. Regime sbagliato, come ha clamorosamente detto ieri Obama.

• Sbagliato perché? 
  «L’embargo ha fallito» ha sostanzialmente detto il Presidente «abbiamo creato immensi disagi a Cuba e mezzo secolo dopo i comunisti di Castro sono sempre al potere. L’influenza degli Stati Uniti sull’isola e sul resto dell’America Latina è diminuita, a tratti ci siamo isolati nell’emisfero occidentale. Il nostro errore ha regalato a Castro una tribuna dalla quale ha parlato con successo al resto dell’America Latina. Però non si favoriscono i diritti umani cercando di far fallire gli stati, ma dialogando (a questo passaggio saranno fischiate le orecchie a Putin – ndr). Da ora in avanti quando siamo in disaccordo, sulla democrazia e i diritti umani, lo diremo direttamente. Cuba non cambierà da oggi all’indomani. Ma diventa più facile per noi appoggiare il cambiamento». È seguito un riconoscimento a papa Francesco, che ha incoraggiato le trattative tra i due Stati (che si sono svolte soprattutto in Canada) e ha accolto lo scorso ottobre le due delegazioni in Vaticano, che aveva già ricevuto a marzo. Francesco ha poi scritto una lettera sia a Obama che a Raul Castro incoraggiandoli sulla via della pacificazione.

• Che cosa succederà adesso?
Il Presidente ha dato a John Kerry – altro negoziatore essenziale in questa partita – il compito di accelerare le procedure per l’apertura dell’ambasciata all’Avana. Saranno subito facilitati viaggi e turismo, affari e comunicazioniu, carte di credito e internet, e le rimesse dei tre milioni di cubani che vivono negli Stati Uniti.  C’è grande fermento soprattutto tra le società di telecomunicazioni: appena il 5% dei cubani di Cuba (undici milioni di persone) naviga sul web. L’isola ha fame di ricchezze e le ricchezze sono in effetti a portata di mano. Nel paese circolano due monete, una per i poveri l’altra per gli stranieri. Gli stipendi valgono pochi dollari al mese. Cuba e Stati Uniti parteciperanno insieme per la prima volta al Summit of the Americas di Panama. Lì si discuterà di diritti umani.

• Reazioni dal resto del mondo? 
  Cinesi e russi erano venuti di recente in America Latina e a Cuba a concedere prestiti e a comprare aziende. Per Putin, dopo le sanzioni e il crollo del rublo, è un altro colpo. Per Pechino è un altolà non indifferente.