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 2014  dicembre 17 Mercoledì calendario

L’addio di Verdini a Forza Italia. E poi il tonfo dei tesseramenti, i sondaggi al palo, quattro milioni di deficit, licenziamento collettivo di 55 dipendenti, la fronda interna. Un periodaccio, per Silvio Berlusconi, alla vigilia di partite decisive su riforme e Quirinale

La crisi di Forza Italia passa anche attraverso il tonfo dei tesseramenti. Sondaggi al palo, quattro milioni di deficit, licenziamento collettivo di 55 dipendenti, la fronda interna e ora anche l’imminente addio di Denis Verdini. È un periodaccio, per Silvio Berlusconi, alla vigilia di partite decisive su riforme e Quirinale.
L’ultima grana: la registrazione dei nuovi tesserati 2014, che si sarebbe dovuta concludere il 15 dicembre. Si è risolta in un flop. A quella data non risultano iscritti al partito neanche 60 mila simpatizzanti (i più catastrofisti parlano di 50 mila). Nelle già esigue casse è finito uno scarso milione di euro.
È la ragione per cui lo stesso leader, con una lettera aperta, ha fatto slittare la scadenza al 31 gennaio 2015. Impresentabile, quel dato, tanto più a fronte dei numeri dei dem. Nella lettera aperta Berlusconi minimizza, parla di «breve rinvio dovuto a diverse considerazioni politiche e organizzative», ai «numerosi impegni di queste settimane che hanno assorbito il tempo di molti deputati e senatori». Il pallottoliere tuttavia è impietoso. A fine settembre, a Roma risultavano tesserati in 2 mila appena, 181 a Frisinone, 61 a Latina, 21 a Rieti e nelle ultime settimane la situazione sembra sia migliorata di poco. A Palermo in questi giorni si toccava a stento quota mille, 2.500 a Torino, in tutta la Puglia non più di 5 mila, va meglio nelle roccaforti del Veneto (8 mila) e Lombardia (10mila), il resto sono briciole. La quota ordinaria è 30 euro, scontata a 25 euro per i seniores e 15 euro per i giovani. «I dati ufficiali li riceveremo a febbraio, non vedo dove sia l’allarme, vedrete che si supererà quota 100mila» sostiene il responsabile tesseramento Gregorio Fontana. «E poi, abbiamo quasi triplicato i costi, per rendere l’iscrizione una cosa seria, non mi sembra che nel Pd del 40 per cento vada meglio». L’ultimo tesseramento forzista risale al 2007 e l’allora coordinatore Sandro Bondi annunciava il record di 400mila iscritti. «Ma convincere la gente a iscriversi a un partito oggi è dura – spiega Mariastella Gelmini, coordinatrice lombarda – tra Expo, Mose e scandali è maturato un rifiuto insormontabile verso la politica». Ma assieme al rinvio dei tesseramenti, a tenere banco tra i forzisti è la voce dell’imminente addio di Denis Verdini, lascerebbe a fine anno la carica di responsabile organizzativo. «Se questa volta lo fa per davvero, è solo per evitare imbarazzi al partito, per questioni personali e giudiziarie» racconta chi lo conosce bene e lo frequenta. Lui, Denis il tessitore delle riforme, alle prese con chi come Brunetta bombarda ogni giorno il Patto del Nazareno e con i dubbi dello stesso Berlusconi. E poi il ruolo sempre più ingombrante della tesoriera-ombra del capo, Mariarosaria Rossi. Tant’è, stavolta il leader sarebbe intenzionato ad accettare le dimissioni più volte minacciate. L’ex Cavaliere ieri sera ha riunito per gli auguri i 60 senatori a cena (assai frugale, primo e dolce, nemmeno un secondo), stasera toccherà ai 70 deputati. Uno strappo alla spending review dettato dall’esigenza di tenere unito a tutti i costi il partito dopo gli scossoni di Fitto. Ha raccontato loro dei servizi sociali, dei «colpi di stato» subiti, per concludere: «Se vogliamo contare, non dobbiamo farci vedere smembrati e divisi». E infine la promessa: «È vicino il tempo in cui saremo chiamati nuovamente alle nostre responsabilità verso il Paese».