Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  dicembre 17 Mercoledì calendario

Carocci licenzia 17 dipendenti su 32 e Il Mulino scorpora le attività produttive e redazionali. A Bologna oggi si sciopera

Si annuncia una mattina agitata oggi a Bologna, in Strada Maggiore 37, sede della casa editrice il Mulino. Da Roma arrivano i dipendenti di Carocci editore, azienda controllata dal Mulino, per protestare contro l’annuncio di 17 esuberi, con cassa integrazione a zero ore, su un totale di 32 addetti. Il timore è che si vada verso uno smantellamento: «Il Mulino licenzia Carocci editore» c’era scritto nello striscione che i diretti interessati hanno portato venerdì al corteo romano dello sciopero generale. E un appello per salvare Carocci è stato firmato da nomi illustri: Alberto Asor Rosa, Tullio De Mauro, Adriano Prosperi. Ma il problema non si ferma qui, perché gli stessi dipendenti del Mulino oggi sospendono il lavoro dalle 11 alle 14, come avverte un comunicato sindacale, e non soltanto per solidarietà con i colleghi di Carocci.
Lo sciopero, un fatto senza precedenti per la casa bolognese, si deve anche alla decisione dell’azienda di scorporare le attività produttive e redazionali, creando la nuova società Edimill controllata da Edifin, la holding che detiene la maggioranza del Mulino e di Carocci. I lavoratori si dicono preoccupati per un’operazione che sposta all’esterno della casa madre funzioni essenziali (e 14 dipendenti sui 55 attuali) senza che siano chiariti i termini del piano industriale in cui va a inserirsi. Temono, si legge nel comunicato, «lo snaturamento» del Mulino, «la perdita di quella identità che ha rappresentato la forza di questo marchio».
Il riferimento è alla peculiarità della casa bolognese, forgiata dallo storico amministratore delegato Giovanni Evangelisti (scomparso nel 2008), che fa capo a un’associazione di cultura senza scopi di lucro, composta da accademici e attualmente presieduta dall’ex giudice costituzionale Enzo Cheli. Ritrovarsi a operare in una struttura che diventerebbe fornitrice del Mulino e dovrebbe lavorare anche per committenti esterni appare ai redattori un salto nel buio, tanto più nel momento in cui l’affiliata Carocci (acquisita nel 2009) viene in pratica azzerata proprio sul versante redazionale.
Si temono un aggravio di lavoro e un mutamento del rapporto con gli autori, oggi caratterizzato da disponibilità e fiducia reciproche fuori del comune. Ma per l’azienda si tratta di apprensioni infondate, come dichiara al «Corriere» l’amministratore delegato del Mulino e di Carocci, Giuliano Bassani: «Nessuna perdita dell’anima. Stiamo anzi rafforzando il Mulino, con un aumento di capitale e una riorganizzazione che non inciderà sui livelli occupazionali né sulle modalità di lavoro. Lo scorporo del settore produttivo e redazionale serve per dare maggiore agilità alla struttura, come è avvenuto in passato per l’area commerciale. Del resto il Mulino, pur con le difficoltà comuni a tutta l’editoria, in questi mesi sta ottenendo risultati economici positivi. Diverso il caso di Carocci, dove i conti non vanno ed è stato deciso un riposizionamento strategico che comporta esuberi. In entrambi i casi comunque siamo pronti a confrontarci e trattare».
Non c’è dubbio però che l’esplosione di una conflittualità inedita, per un Mulino che ha appena celebrato sessant’anni (l’editrice venne fondata nel 1954), determina «un danno d’immagine», come ammette Michele Salvati, direttore della rivista «il Mulino» e socio da lungo tempo dell’associazione che controlla Edifin: «Ho saputo della questione quando i redattori hanno diffuso un appello contrario allo scorporo: l’Associazione non è stata avvertita preliminarmente della scelta aziendale, ma devo dire che ciò avveniva anche in passato. Capisco i timori dei dipendenti: forse l’operazione si poteva gestire diversamente, però la crisi impone cambiamenti anche al Mulino».