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 2014  dicembre 09 Martedì calendario

Quel 14 giugno 2010, quando il pm Roberto Saviotti diede il fuoco alle polveri, iscrivendo nel registro degli indagati nomi e cognomi che ruotavano intorno agli ambienti neofascisti e dell’estrema destra. Su tutti uno: il pirata, il cecato, insomma il milanese di origine e nascita ma romano de Roma Massimo Carminati

Nel nome dato nel 2010 dalla Procura di Roma all’operazione c’era già un destino segnato: “Catena”. Un anello si congiungeva all’altro nella filiera criminale particolarmente attiva nel riciclaggio di denaro e beni a Roma e nel Lazio, frutto di attività delittuose, che Ros e Dda stavano portando alla luce. Quella catena, alla quale mancano ancora molti anelli sui quali stanno lavorando investigatori e inquirenti, è sfociata nell’operazione “Mondo di mezzo”.
Il fuoco alle polveri, insomma, l’ha dato il 14 giugno 2010 il pm Roberto Saviotti che, in quell’operazione, iscrisse nel registro degli indagati nomi e cognomi che ruotavano intorno agli ambienti neofascisti e dell’estrema destra. Su tutti uno, fin dalle prime battute dell’indagine, spiccava: il “pirata”, il “cecato”, insomma il milanese di origine e nascita ma romano de Roma Massimo Carminati, ex della Banda della Magliana.
A ottobre 2011, nella Procura comincia a farsi strada una nuova ipotesi investigativa: che quell’associazione a delinquere abbia i contorni tipici della mafia. È quella la strada che batte il Ros di Roma che si sfianca in un’attività con pochi precedenti. In una nota del 7 febbraio 2013, il reparto anticrimine della capitale, scriverà ancora chiaro e tondo che il metodo utilizzato dall’associazione era «mafioso».
Qualche mese prima, in un altro procedimento penale che incrocerà l’indagine “Mondo di mezzo”, Roberto Grilli, arrestato ad Alghero (Ss) il 26 ottobre 2011 per detenzione e traffico di stupefacenti (gli furono trovati 503 chili di cocaina nell’imbarcazione Kololo II) cominciò a parlare a ruota libera con il pm Giuseppe Cascini al quale, ad esempio, raccontò che «ero interessato a sapere come portare i soldi fuori. Carminati mi disse che Iannilli (commercialista e imprenditore, ndr) era in grado di ripulire i soldi. Iannilli mi disse che poteva mettermi in contatto con un autotrasportatore che avrebbe portato i soldi a San Marino e in Svizzera». Fu il 7 ottobre 2013 che il Reparto anticrimine della Capitale scrisse, a pagina 5 dell’informativa, che «tali dichiarazioni, preliminarmente, consentivano di ipotizzare l’esistenza di una rete criminale di soggetti, parte dei quali legati dalla comune provenienza dalla destra eversiva, facente capo a Carminati Massimo».
Iannilli, annotano i pm a pagina 879 dell’ordinanza “Mondo di mezzo” per descriverne il profilo, è stato arrestato il 23 febbraio 2010 nell’ambito dell’operazione “Broker” per intestazione fittizia di beni aggravata dal favoreggiamento di associazione mafiosa in concorso con altri correi tra i quali Gennaro Mokbel, il 19 novembre 2011 nell’ambito del procedimento penale del 2010 sempre della Procura di Roma, in quanto ritenuto responsabile del reato di procurata evasione fiscale commessa in favore dell’azienda “Selex sistemi integrati spa” e il 10 luglio 2013 in quanto ritenuto responsabile dei reati di bancarotta fraudolenta, riciclaggio e interposizione fittizia a seguito del fallimento della società Arc Trade srl.
Che la presunta associazione mafiosa sia, secondo la ricostruzione della procura e dei Ros, dedita anche ad attività di riciclaggio lo si capisce quando nel “gruppone” appare ufficialmente, Ernesto Diotallevi, ufficialmente nullatenente ma già dai tempi della Banda della Magliana indicato da Danilo Abbruciati come suo tramite con la mafia siciliana (per via della sua amicizia con Giuseppe Calò) e verso il mondo economico finanziario, nell’ambito del quale vantava notevoli entrature. Con il tempo, poi, Diotallevi andò a costituire l’anima finanziaria del gruppo di “Testaccio-Trastevere”, oltre che a occuparsi, si legge testualmente a pagina 222 dell’ordinanza “Mondo di mezzo”, di riciclare e investire i capitali della Banda della Magliana. Quel che inquieta è che quest’uomo, che si definisce con orgoglio «evasore totale», è ancora – si legge in una nota del Ros del 30 gennaio 2012 confermata in quella del 18 giugno 2013 – «il formale referente di Cosa nostra nella Capitale».