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 2014  dicembre 08 Lunedì calendario

Truffe e malaffari di Ernesto Diotallevi, vecchio boss alleato di Carminati, e dei suoi figli. Adescavano collezionisti, professionisti e rampolli di famiglie ricche nei circoli e locali alla moda proponendosi per l’acquisto di quadri, gioielli e preziosi. Quindi firmavano cambiali che, all’atto del rogito, venivano sostituite da una valigetta di banconote false

Stregato dalle avanguardie, il boss andava in cerca di tele e opere prime. Una passionaccia alimentata con metodi mafiosi, secondo l’inchiesta. La leggendaria raccolta di Sante Monachesi, Giacomo Balla, Mario Schifano (compresa la famosa icona della Coca Cola) posseduta da Ernesto Diotallevi, l’amico di Massimo Carminati, era stata sequestrata a dicembre 2013. Ma solo ora è stato possibile ricostruirne la vera genesi. 
I figli e Ricucci
La collezione si arricchiva attraverso una serie di truffe alle quali prendevano parte i figli del boss, Leonardo e Mario, la «facciata pulita nell’ambito della strategia d’impresa (di Diotallevi ndr )», scrivono i Ros. I due adescavano collezionisti, professionisti e figli di famiglie ricche nei circoli e locali alla moda proponendosi per l’acquisto di quadri, gioielli e preziosi. Quindi firmavano cambiali che, all’atto del rogito, venivano sostituite da una valigetta di banconote false. Chi ha venduto se ne accorge troppo tardi e casomai pensi di denunciare c’è il giovane Diotallevi (Leonardo, indagato) a fargli cambiare idea: «Sai chi è mio padre? Cercalo su internet». 
Il fratello Mario cena con Stefano Ricucci, l’immobiliarista già coinvolto nello scandalo Bnl Unipol: secondo l’inchiesta Ricucci acquista «a prezzo di vantaggio, gli oggetti e gli immobili, bottino del clan». 
La deputata del Pdl
Ma dalle intercettazioni a carico di Diotallevi e dei figli, a tempo pieno dediti anche all’usura e al gioco d’azzardo, affiorano relazioni dalla politica alle forze dell’ordine, passando per massoneria e servizi segreti. Sempre Mario si fa vedere in giro con Annagrazia Calabria, deputata del Pdl da due legislature, figlia dell’ex direttore finanziario di Finmeccanica, Luigi Calabria. 
Forti del nome che portano, i figli del boss contano sull’appoggio dell’ex pdl candidato sindaco di Fiumicino, Mauro Gonnelli: «È talmente impiastrato di malavita che te sei una divinità per questo», dice Mario al padre. 
E Diotallevi rilancia: «Se diventa sindaco sai come piottamo. Me metto col fiato sul collo. C’è da arricchisse». 
Aspirante massone
Nell’agendina dei due fratelli ci sono anche esponenti delle forze dell’ordine. Con Gonnelli, la famiglia Diotallevi era sicura di aver «agganciato» anche il maresciallo della Finanza, Giuseppe Volpe. Su Roma, invece, lavoravano alla assegnazione di uno dei «Punti verde qualità» del Comune tramite il funzionario del Campidoglio Massimo Dolce, già indagato per la vicenda. 
«Mario Diotallevi – scrive ancora il Ros – è apparso il più attivo nella ricerca dei contatti nel mondo della massoneria e degli appartenenti del mondo dei servizi segreti che potessero avvantaggiarlo nella sua attività di faccendiere». Avvicina Alfredo Di Prinzio, esoterista italoargentino, al quale chiede di «intercedere per una sua affiliazione» al Grande Oriente d’Italia. Progetto fallito per un carico nella fedina penale (resistenza a un pubblico ufficiale) di Diotallevi jr. Rapporti veri o millantati emergono con «Paolo, colonnello della Finanza» e «futuro capo della sicurezza in Vaticano», e con Fabio Carignola «uomo della polizia e dei Servizi». Fino a tale «Giuseppe della Cia», che propone «biglietti da un milione di dollari». Il padre avverte: «Me pare ‘na bufala». 
Agli atti anche la dichiarazione del pentito Salvatore Cancemi (1994) sui legami con Cosa nostra: «Diotallevi era compare di Calò... suo pupillo... fu “combinato” da Calò». Anche se il boss ora si sente vecchio: «Me so rotto er c... me sento pure preso per il culo... me sento un vecchio», confessa al figlio. 
«Carminati nei Servizi»
Due ex poliziotti, Gaetano Pascale e Piero Fierro, confermano i contatti tra la banda e i Servizi a cui fanno cenno i pm: «C’erano due figure al soldo e permanentemente ingaggiati dai servizi segreti – dicono a SkyTg24 —, Carmine Fasciani e Massimo Carminati, e questa era una situazione che sapevano in tanti. Uomini dei servizi segreti che gestivano, o meglio consentivano a questi figuri di lavorare in maniera indisturbata pur di dare in cambio determinate informazioni. Questo era il sistema».