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 2014  novembre 06 Giovedì calendario

Il banchiere e finanziere renziano Davide Serra annuncia: «Chiudo la società delle Cayman e mi iscrivo al Pd. Ho sempre votato per il centrosinistra, voglio dare una mano all’Italia. Non sono il lupo della City. Sono benestante, ma non miliardario»

Crozza lo tira in ballo, “Petrolio” lo cerca, alla Leopolda fa più notizia di tutti, il Pd aspetta la sua iscrizione. Davide Serra, fondatore e Ceo di Algebris Investments, è l’uomo del giorno. Il finanziere preferito di Matteo Renzi? «Non sono un finanziere ma un gestore di risparmi, io non presto soldi, investo in capitale di rischio per conto dei miei investitori». Il banchiere con società nel paradiso fiscale delle Cayman? «Pago le tasse in Inghilterra e comunque per farla finita con questa storia non avremo più alcuna società alle Cayman». Il broker rampante, “lupo della City” stile Leonardo di Caprio? «Ho studiato dai gesuiti, fatto il boy-scout, giocato a pallavolo fino in A2, sono il primo laureato nella storia della mia famiglia, mantengo 8 mila bambini in Africa con la beneficenza e ho sempre votato per il centro-sinistra».
Sì, l’ufficio della Algebris, la società di asset management che ha fondato, è fra Savile Row, la via dei sarti per gentiluomo, e Bond street, l’equivalente di via Montenapoleone; ma l’intervista si svolge sotto il ritratto di Jimmy Carter, presidente degli Stati Uniti democratico e premio Nobel per la pace (sulla parete accanto, i ritratti di altri tre Nobel per la pace: Mandela, il Dalai Lama e Sang Suu Kyi), non l’eroe che ci si aspetterebbe di trovare nel quartiere degli hedge fund.
Quando ha deciso di conquistare la City, Davide Serra?
«Facevo la Bocconi, un professore tenne un corso su George Soros e mi appassionai alla materia. Dopo la laurea ho mandato 100 curriculum a società italiane, nessuna mi ha risposto, e 100 in giro per il mondo: la Morgan Stanley mi ha assunto come analista e nei dieci anni successivi mi sono sempre piazzato fra i primi tre nella classifica dei 1500 migliori analisti europei».
Come vincere o andare in semifinale in Champions dieci anni di seguito. I bravi analisti sono pagati come calciatori: perché poi ha deciso di mettersi in proprio?
«A 30 anni sono diventato il più giovane direttore del dipartimento ricerca nella storia della Morgan Stanley. Ma mi sono detto: se sono bravo a valutare opportunità di investimento, perché non fare un mio business? Sono partito da zero con una segretaria, mediamente un fondo di investimenti comincia con un capitale di 20 milioni di dollari ma grazie alla mia reputazione ne ho raccolti subito 700 milioni, un record. Adesso dirigo una squadra di 22 persone, abbiamo uffici a Boston, Singapore e presto a Milano, gestiamo 2 miliardi e mezzo di dollari di investimenti».
Perché è così bravo a far fruttare soldi?
«Sono uno stakanovista che si applica. Mi sono sempre impegnato molto. Lavoro dalle 6 del mattino a mezzanotte, con una pausa di un’ora di palestra».
Perché con la sua società di beneficenza Hakuna Matata dona un sacco di soldi? I ricchi fanno beneficenza per avere la coscienza a posto e poi la deducono dalle tasse?
«Sono benestante ma non miliardario, mi paragono a un medio imprenditore italiano, e faccio beneficenza perché sono cattolico e credo nel dovere morale di restituire qualcosa alla società. Con Hakuna Matata mantengo una missione di 8 mila bambini in Tanzania, 2 mila per ognuno dei miei quattro figli, perché i miei sono fortunati ed è giusto aiutare chi lo è meno. È vero una parte della beneficenza si deduce dalle tasse, perché lo stato britannico lo permette, col risultato che posso raddoppiare le donazioni grazie ai benefici fiscali».
E la società alle isole Cayman?
«In Inghilterra avere una holding alle Cayman è come per una società italiana avere una holding in un paese della Ue. Il fisco la considera 100% inglese e quindi pago le tasse su tutti i profitti globali, fatti in qualsiasi posto. Ma la chiudo lo stesso così evitiamo strumentalizzazioni».
Si iscrive al Pd londinese?
«Ho fatto richiesta».
Allora rinnegherà le sue parole contro lo sciopero, come pretende il segretario della sezione londinese?

«Non ho mai detto che sono contro il diritto di sciopero. Ho detto che gli scioperi del settore pubblico andrebbero coordinati, per non creare disagi alla gente e non spaventare gli investitori internazionali che possono creare occupazione».
Vuole fare politica?
«Non cerco incarichi, amo il mio mestiere. Ma i miei nonni hanno combattuto per la libertà dell’Italia e voglio che un giorno i miei figli e nipoti possano dire che in un momento difficile per l’Italia ho dato nel mio piccolo una mano».
Anche il suo amico Renzi vuole aiutare l’Italia.
«Intanto non siamo ‘amici’, non facciamo vacanze insieme. Un giorno ho letto un libro di Renzi, gli ho scritto un email, ci siamo visti a Firenze per una pizza e da allora gli mando qualche consiglio sulla materia che conosco. Come faccio, gratis, anche con altri capi di governo e ministri».
Perché le piace Renzi?
«È il primo politico italiano che parla in modo che comprendo. Condividiamo gli stessi valori: cattolico, boy-scout, tanti figli e una visione moderna e progressista per rimettere in moto l’Italia».
Lei si definisce di sinistra?
«Ho sempre votato per il centrosinistra. Sono per la libera concorrenza di mercato, la giustizia civile e l’unità sociale, l’economia deve crescere per tutti».
E crede che l’Italia ce la farà?
«Sono stato pessimista in passato. Per la prima volta ho fiducia nel cambiamento».