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 2014  novembre 05 Mercoledì calendario

Le reazioni al suicidio assistito di Brittany Maynard. Per il Vaticano «non c’è dignità in questa morte». Per Mina Welby la «reazione della Santa Sede è ingiustificabile». Ma siamo liberi di scegliere il nostro destino fino alla fine o solo Dio può decidere per noi? Appunti su un dibattito che va oltre il tema dell’eutanasia

Il meglio dai giornali di oggi sul caso del suicidio assistito di Brittany Maynard e sulle reazione che la sua scelta ha scatenato.
 
La 29enne Brittany Maynard è morta sabato sera: lo scorso Capodanno le era stato diagnosticato un cancro al cervello e aveva deciso di procedere al suicidio assistito. È morta come voleva, nella sua camera, tra le braccia delle persone che amava [Filippo Facci Lib].
 
Filippo Facci: «Nel momento in cui si parla di eutanasia o di fine-vita (la mia e quella dei miei cari) il dibattito è già finito, l’opinione di chicchessia conta zero, figurarsi quella di un prelato o di un qualsiasi giornalista. Conta solo l’opinione di chi decide della propria vita: perché nessuno, in un regime di libertà, può disporre di una vita che non sia la propria. Fine della discussione».
 
«Da cristiano sono convinto che Dio mi abbia dato la vita come un dono prezioso e la tengo finché Lui me la chiederà. Da medico, per la mia esperienza in ospedale, le posso dire che il pensiero di uccidersi è normale, tra i malati terminali, ma solo pochissimi lo mettono in atto. La dignità sta altrove» (Ignacio Carrasco de Paula, già rettore dell’università della Santa Croce, l’ateneo dell’Opus Dei, è dal 2010 il presidente della pontificia Accademia per la Vita, il «ministro» della Santa Sede in tema di bioetica) [Gian Guido Vecchi, Cds].
 
Ancora Facci: «Poi ecco, ecco: ti arriva il presidente della Pontificia accademia per la vita (uno spagnolo che sembra il colonnello Bernacca) e ti spiega che la scelta di Brittany Maynard è «un’assurdità» perché «la dignità è un’altra cosa che mettere fine alla propria vita». Decide lui – un uomo con una papalina in testa, cittadino di uno staterello monarchico in cui le donne non sono parificate agli uomini – che cosa è dignitoso per una cittadina dell’Oregon. Lo decide per lei, lo decide per me e per te. E aggiunge: «Suicidarsi è una cosa cattiva perché è dire no alla propria vita e a tutto ciò che significa rispetto alla nostra missione nel mondo».
Mina Welby, co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni: «Non credo che Dio non porga un abbraccio a Piero o alla coraggiosa Brittany. Quello che monsignor Carrasco e come lui molti altri non comprendono è che il suicidio assistito o l’eutanasia non sono affatto in contrapposizione con le cure palliative e l’assistenza» [Caterina Minnucci, Fat].
 
Papa Francesco invita alla riflessione demonizzando il falso modello di società nascosto dietro questa scelta e aggiunge: «Favorisce la cultura dello scarto, quella per cui ciò che diviene un peso per la società viene buttato via» [Minnucci, Fat].
 
«Nessuno può pensare di condannare lei, la sua persona, il dolore infinito che deve aver provato nel salutare i suoi cari ed arrivare alla scelta definitiva. Ma la scelta definitiva sì, quella si può e si deve condannare. Perché vìola dei principi che ci sono sacri. La vita vale sempre la pena di essere vissuta. Sempre. Fino in fondo, fino all’ultimo istante, fino all’ultima lacrima, anche nella sofferenza più cupa» (Mario Giordano, Lib).
 
Ma monsignor Carrasco va oltre: «Nessuno dev’essere lasciato solo con la sua disperazione, i malati hanno bisogno di non sentirsi abbandonati. Un grande studioso come Harvey Chocinov ha studiato migliaia di casi e parlato di “terapia della dignità”: nel senso di restituire dignità alle persone in fin di vita, stare loro vicino, assisterle. La dignità si legge negli occhi di chi sta loro intorno» [Vecchi, Cds].
 
Vladimiro Zagrebelsky sulla Sta: «Perché vietare e con quale legittimità dovrebbero essere sempre le domande prioritarie. Se, come è in una società libera e rispettosa dell’autonomia delle persone, tutto ciò che non è vietato è lecito, occorrono buoni motivi per proibire. Esporli tocca a chi vuole imporre un divieto, non è chi rivendica una sua libertà che deve giustificarne il fondamento. Il fondamento dell’autonomia sta nella dignità della persona, la quale non ha da esser “gestita” da altri. Né la maggioranza (spesso pretesa, anagrafica) ha uno speciale diritto d’intervento. Ove un diritto o una libertà fondamentale sono in discussione, entra in gioco non il principio di maggioranza, ma quello contro-maggioritario. Non nel senso evidentemente che comandi la minoranza, ma in quello ovvio che la maggioranza deve inchinarsi davanti alla libertà di chi, se anche fosse solo, la rivendica. L’individuo deve essere protetto dalle pretese della dittatura della maggioranza. Si tratta di elementari principi di libertà e rispetto di ciascuna persona».
 
L’ Osservatore Romano di oggi dedica al tema un articolo in prima pagina dal titolo: «Il diritto inesistente» [Vecchi, Cds].
 
Giordano: «Nessuno ha il diritto di decidere sulla vita. Né la propria né quella altrui. La vita non abbiamo deciso noi di darcela, non possiamo decidere noi di buttarla in discarica. E il modo degno di morire non è togliersi la vita, ma accettare la morte» [Giordano, Lib].
 
«Quo vadis? Alle volte i cristiani non devono sfuggire al destino della crocifissione» (Gesù a Pietro) (Ignacio Custodera, pastore metodista, Sta].
 
Il caso Edward Brongersman, che giunto all’età di 86 anni, chiese al suo medico di aiutarlo a morire poiché era «stanco di vivere» e così avvenne. Gli venne somministrato un cocktail letale di farmaci sebbene non soffrisse di alcuna malattia grave e inguaribile. La Chiesa, davanti a quell’episodio, non ebbe alcun timore ad alzare la voce per difendere la centralità della vita. «La legalizzazione dell’eutanasia comporterebbe un serio pericolo di abusi verso molte persone anziane e verso altri soggetti gravemente ammalati e quindi in una oggettiva condizione di grande vulnerabilità» dichiararono i vescovi. Una posizione condivisa da tutti gli episcopati del mondo, senza eccezione. Il “no” della Chiesa all’eutanasia è sempre stato netto, più volte ribadito dai pontefici, messo nero su bianco in discorsi e documenti dottrinali [Giansoldati Mess].
 
I vescovi belgi, davanti al progetto di sopprimere bambini malati, si sono chiesti se si può «banalizzare l’eutanasia sino al punto da sopprimere anche ogni legame sociale? Sino al punto di sbarazzarsi di anziani e bambini?» In Belgio, gli ultimi dati disponibili, relativi al 2012 registrano 1.432 dichiarazioni di eutanasia, con un aumento del 25 per cento rispetto all’anno precedente, il 2 per cento dell’insieme dei decessi registrati nel Paese. La legge sull’eutanasia è del 2002 e viene applicata solo su persone affette da malattie incurabili a condizione che siano maggiori di diciott’anni [Giansoldati, Mess]
 
«Il suicidio in questa parte del mondo non è più un delitto. Qui da qualche secolo ormai, chi tenta di uccidersi non è punito, né, se vi riesce, il suo cadavere è oggetto degli oltraggi usuali in tempi andati. È dunque accettato che l’individuo possa suicidarsi. Ed anzi, la compassione rispetto a un suicida e alla sua famiglia è maggiore di quella che accompagna una morte naturale» [Zagrebelsky, Sta]
 
«Al posto di Brittany io avrei fatto la stessa cosa. E sono convinto che il Vaticano, con il tempo, si sposterà sulle nostre posizioni» (Ignacio Custodera a Paolo Mastrolilli) [Sta].
 
«Certo: eliminare la persona perché c’è la sofferenza è più comodo. Ma è una scorciatoia disumana. Anzi, è la scorciatoia che porta l’umanità verso l’aberrazione» (Mario Giordano).
 
Ancora Zagrebelsky: «Tuttavia in paesi come l’Italia si ha compassione per chi si getta dalla finestra, ma si contrasta chi vorrebbe morire degnamente, nel suo letto, addormentandosi senza risveglio. Cosa di più crudele? Si dice che occorre proteggere le persone da azioni impulsive non meditate e questo sarebbe un motivo che giustifica il divieto nell’interesse pubblico generale» [Zagrebelsky, Sta]
 
Due anni fa, Monsignor Ravasi celebrò una messa in memoria della poetessa Antonia Pozzi, suicida nel 1938. «Celebro questa messa – disse – perché l’atteggiamento che la Chiesa ha attualmente nei confronti dei suicidi presta molta attenzione alle dimensioni interiori della tragedia. Se l’evento drammatico nasce da una superficialità o è causato dal disprezzo dei valori della vita, allora evidentemente non può essere oggetto di una celebrazione esplicita. Ma la Pozzi rappresenta il caso di una persona dotata di forte spiritualità e di intensa ricerca interiore, travolta da una sensibilità estrema» [Marco Ansaldo, Rep].
 
«Quello che trovo intollerabile è che le parole della Chiesa continuino ad essere contraddittorie quando si affrontano i temi della morte e dell’inizio vita. Quando si ha il desiderio di diventare genitori si tira in ballo la sacralità della vita che a loro dire non può essere generata in laboratorio o frutto di pratiche mediche. Però quando si affronta il tema della morte ecco che si sostiene l’obbligo di fare uso della tecnica medica fino all’accanimento» (così Maria Antonietta Farina Coscioni, moglie Luca Coscioni, malato di sclerosi laterale amiotrofica, che nel 2006 scelse di non usare i macchinari salvavita) [Laura Mattioli, Mess].
 
«L’introduzione dell’eutanasia non si limita ad avere conseguenze sull’individuo che la reclama, ma modifica nella società il rapporto fondamentale con la vita e la morte e mina il legame vitale di solidarietà di ogni cittadino con le persone sofferenti» (così il cardinale André Léonard) [Giansoldati, Mess]
 
«È difficilmente accettabile l’argomento secondo il quale occorre vietare a tutti, perché qualcuno potrebbe non essere pienamente consapevole e quindi libero. Annullando la individualità della sua condizione, l’argomento fa della persona singola lo strumento di una esigenza collettiva. È quanto ha ammesso la Corte europea dei diritti umani, affermando che la liceità o la punibilità dell’aiuto al suicidio, che pur interferisce nella vita privata della persona, rientra nell’ambito della valutazione discrezionale dell’interesse pubblico da parte dello Stato» (Vladimiro Zagrebelsky).
 
«Io credo che Dio sia amore, e non penso che possa volere il male degli esseri umani. E la logica per la quale bisogna amare il peccatore e odiare il peccato non funziona più. Non ha funzionato con l’aborto, non funzionerà con la morte con dignità» (Ignacio Custodera, pastore metodista a Paolo Mastrolilli) [Sta].
 
«Questo non è un inno al suicidio. Se vivere a qualunque costo non è un dovere che possa essere imposto a chi non lo faccia derivare dalle proprie convinzioni morali, vi sono però situazioni in cui restare in vita è comunque di aiuto o conforto per altri, famigliari o estranei o la stessa collettività. Non si vive soli e spesso non si muore per sé soli. Ma chi avrebbe il coraggio o la presunzione di sostituire il proprio al giudizio di chi in quelle situazioni è immerso?» (Zagrebelsky).