Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  novembre 05 Mercoledì calendario

Il divorzio diventa fai-da-te. Ora per dirsi addio le coppie non devono più andare in tribunale, basta l’avvocato. Ecco tutte le novità in attesa della legge che accorcia i tempi

Ci si potrà lasciare e dirsi addio nello studio dell’avvocato o davanti alla scrivania del sindaco, e dividere vite, patrimoni e figli senza mai (o quasi) entrare in un’aula di tribunale. Purché non ci siano attriti o contenziosi, purché naturalmente tra gli ex ci sia consenso, purché insomma tutto fili liscio.
Cambia la legge sul divorzio, che resta lungo, ma diventa un po’ più leggero, fai-da-te o facile è stato definito, anche se la vera rivoluzione, quella che finalmente abolirà i tre anni di attesa tra separazione e scioglimento del matrimonio, è rimasta impantanata per ora nelle secche del Senato. Le novità però, contenute nella riforma del processo civile su cui ieri è stata votata la fiducia, e che dunque domani diventerà legge, ci sono e sono sostanziali.
Una coppia che decide di separarsi potrà effettuare l’intero percorso che la porterà al divorzio, unicamente con l’assistenza degli avvocati. Decisa la separazione, e passati comunque i tre anni previsti dalla legge attuale, i legali potranno “scrivere” il divorzio, che dovrà poi essere ratificato dal Procuratore della Repubblica. Una procedura dunque tutta fuori dai tribunali e consentita sia alle coppie senza figli che a quelle con i figli, anche minori e portatori di handicap. Condizione essenziale naturalmente l’accordo tra le parti.
Per le coppie senza figli poi, e laddove non ci siano patrimoni da dividere, la separazione potrà avvenire davanti ad un ufficiale di stato civile, e dunque sarà ancora più semplice e meno costosa. Un passaggio che dovrà però essere ratificato dal sindaco a distanza di trenta giorni, per dare ai coniugi, ormai ex, la possibilità, si legge nel testo di «una maggiore riflessione sulle decisioni in questione».
Difficile, viene da pensare, che in un mese si possa cambiare idea, rispetto a qualcosa maturato almeno in tre anni... Dunque il cambiamento c’è, e di certo snellirà i tempi della giustizia civile, sommersa dalle cause mai discusse e di cui divorzi e separazioni costituiscono una buona parte. E forse anche per i coniugi ci sarà una piccola riduzione dei tempi, visto che non ci saranno le attese per il semplice “accesso” alla Giustizia, a cominciare dalle convocazioni delle udienze.
Ma la vera riforma non è arrivata. E sono già oltre mille le adesioni allo sciopero della fame lanciato dalla Lega per il divorzio breve, per chiedere che a 40 anni dallo storico referendum del 1974, la legge venga finalmente riscritta. E in particolare utilizzando il bisturi su quei famosi mille giorni, che devono per forza intercorrere tra separazione e divorzio. Tre anni spesso di forti sofferenze e conflittualità familiari. Niente da fare. Dopo un fallito blitz da parte di alcuni membri della commissione Giustizia del Senato, che avevano provato ad inserire l’intero testo del “divorzio breve” all’interno del decreto di riforma del processo civile, la legge continuerà il suo (lento) iter parlamentare. Legge che nell’ultima stesura prevede tra i due gradi giudizio non più tre anni di attesa, ma un anno soltanto, e sei mesi se non ci sono figli minori. Ma il serio rischio, così come accade ormai da almeno vent’anni, è che il tutto venga affossato dal gioco dei veti incrociati.
Nel nuovo divorzio dunque gli avvocati avranno un ruolo ancora più forte di prima. Ma a sorpresa è proprio una famosa avvocata matrimonialista, Annamaria Bernardini De Pace, a manifestare non pochi dubbi. «Sono preoccupata. Senza l’occhio vigile di un giudice gli avvocati, se non sono davvero esperti nel diritto di famiglia, possono fare errori gravissimi. Sul fronte dei patrimoni, delle successioni, ma soprattutto sul fronte dei bambini. Noi avvocati per legge non possiamo incontrare i figli dei nostri clienti, ma un giudice sì. Chi li ascolterà allora? Come possiamo essere certi che ad esempio non ci siano pressioni del coniuge più forte e più ricco sul coniuge più debole, quasi sempre le donne?».
Insomma, eliminare la vigilanza “terza” del giudice nell’iter della separazione e del divorzio, potrebbe avere effetti negativi soprattutto nella tutela dei minori. «È una grande responsabilità che viene data agli avvocati, anche perché il passaggio in tribunale è previsto soltanto nella fase finale. È vero che si tratta di procedimenti non giudiziali. Però nella mia carriera ho visto più volte giudici capire, al di là di quanto affermavano i legali, che in realtà in quella coppia non c’era alcun accordo vero, e magari tutto a discapito dei figli. Insomma – conclude Annamaria Bernardini De Pace – di certo anche per le coppie si accorceranno un po’ i tempi, ma a questo punto bisognerà prevedere delle figure di avvocati altamente specializzati nel diritto di famiglia».